Fed taglia i tassi: ecco perché è una decisione sbagliata

L'analisi di Scope Ratings: la riduzione da 25 punti base non era necessaria e riflette pressioni politiche e di mercato

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Pubblicato:

Il taglio dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve non ha colto di sorpresa gli osservatori, ma secondo Scope Ratings rappresenta una scelta sbagliata. È il giudizio espresso da Dennis Shen, Chair dello Scope Macroeconomic Council, che sottolinea come la riduzione di 25 punti base sia stata “parzialmente forzata da pressioni politiche e di mercato”.

La decisione viene definita altamente divisiva all’interno del Federal Open Market Committee (FOMC), con il numero più elevato di voti contrari dal 2019. Per il secondo meeting consecutivo, infatti, non sono mancati dissensi sia da parte di chi avrebbe preferito mantenere i tassi invariati, sia da chi avrebbe sostenuto un intervento più deciso con un taglio di maggiore entità.

Divisioni crescenti nel FOMC

Secondo Shen, le divisioni interne al FOMC sono destinate ad ampliarsi ulteriormente dopo il prossimo mese di maggio, quando Jerome Powell, figura considerata un elemento di equilibrio e coesione, lascerà il ruolo di presidente. L’arrivo di un nuovo Chair, potenzialmente più polarizzante, rischia di accentuare le tensioni già emerse nel processo decisionale.

In questo contesto, Scope Ratings segnala come la crescente politicizzazione della Fed e il progressivo indebolimento dell’indipendenza delle banche centrali rappresentino un rischio concreto per la stabilità economica e finanziaria. La capacità dell’istituzione di agire in modo autonomo e credibile viene considerata un pilastro essenziale per il buon funzionamento dei mercati e per l’ancoraggio delle aspettative.

Inflazione elevata e dati incompleti

Nel commento di Scope viene evidenziato come permangano problemi legati alla qualità e completezza dei dati economici, anche a causa delle interruzioni nella raccolta delle informazioni successive allo shutdown del governo. L’inflazione, inoltre, resta su livelli elevati. Nonostante ciò, secondo Shen, all’interno della Fed recentemente sembrano aver prevalso le posizioni più accomodanti rispetto a quelle più restrittive.

Dallo scorso settembre 2024, la banca centrale ha già attuato un allentamento complessivo pari a 175 punti base, portando i tassi ufficiali all’interno di un intervallo che la Fed stessa considera vicino al livello neutrale. In questo scenario, Scope giudica prudente il segnale di una possibile pausa nei tagli dei tassi, pur ritenendo che tale comunicazione risulti meno convincente alla luce dei cambiamenti attesi nella composizione e nella leadership dell’istituto.

Crescita solida, taglio non necessario

La Fed ha nel frattempo rivisto al rialzo le stime mediane di crescita per il 2026, portandole al 2,3% dall’1,8%, un livello in linea con la previsione di Scope pari al 2,4%. I funzionari si attendono anche un’inflazione leggermente più bassa.

Tuttavia, secondo Dennis Shen, considerando la resilienza dell’economia statunitense, i dati contrastanti sul mercato del lavoro e un’inflazione ancora superiore agli obiettivi, non vi era una reale necessità di procedere con il taglio dei tassi deciso nella riunione di mercoledì. In questo contesto, anche strumenti di comunicazione come il dot plot, che suggerisce un solo ulteriore taglio nel prossimo anno, potrebbero rivelarsi meno affidabili, soprattutto se il prossimo presidente della Fed dovesse spingere per un’ulteriore fase di allentamento monetario.