Ricchezza in Italia, il 10% delle famiglie detiene il 60% delle risorse: lo studio di Bankitalia

La distribuzione della ricchezza in Italia vede poche famiglie detenere la maggior parte delle risorse. I ricchi, inoltre, hanno accresciuto i loro patrimoni restando sostanzialmente indifferenti alle grandi crisi mondiali

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Nella sua relazione annuale, presentata lo scorso 31 maggio, la Banca d’Italia ha fotografato la disparità nella distribuzione della ricchezza in Italia nell’anno 2023: nel Bel Paese il 10% più facoltoso detiene il 60% della ricchezza totale. E quel 50% della popolazione molto lontano dal potersi considerare ricco detiene appena il 7% del patrimonio nazionale.

Aumenta la ricchezza, ma va a chi è già ricco

Negli ultimi 13 anni la ricchezza netta complessiva è aumentata di circa il 14%. Ma a beneficiare di questa crescita sono stati soprattutto coloro i quali erano già più che benestanti. Le classi più agiate, dal 2010 al 2013 sono diventate sempre più ricche, rimanendo sostanzialmente impermeabili ai drammatici stravolgimenti globali (con relative ricadute economiche) come la crisi del debito sovrano del biennio 2011-2012, la pandemia da Covid-19, la guerra fra Ucraina e Russia e quella fra Israele e Hamas. La quota di ricchezza detenuta da quel 10% della popolazione è andata crescendo, rispetto al 2010, di circa 7 punti percentuali, principalmente a discapito della classe media. I poveri, invece, si sono impoveriti ulteriormente, seppure di poco.

Come osserva Bankitalia, le classi agiate hanno migliorato il proprio status grazie “soprattutto all’andamento favorevole degli strumenti finanziari più rischiosi (azioni, partecipazioni, quote di fondi comuni, assicurazioni ramo vita)”.

La Banca d’Italia certifica poi l’impoverimento della classe media (-4,8%), che non ha riserve finanziarie a cui attingere e che ha risentito della flessione del valore del patrimonio immobiliare, solo in piccola parte compensata dalla dinamica degli strumenti finanziari più rischiosi.

Viene poi evidenziato come alla fine del 2023 il patrimonio abitativo rappresentava i tre quarti della ricchezza lorda delle famiglie meno abbienti, mentre gli strumenti finanziari liquidi (come depositi e obbligazioni) ne costituivano il 17%; e il debito era pari a un quarto della ricchezza lorda. Il quadro tracciato è quello di famiglie che detengono una casa di proprietà, spesso comprata con un mutuo, e che hanno poca liquidità da tenere sul conto in banca o da investire in obbligazioni.

I ricchi diversificano il patrimonio

Gli economisti di via Nazionale hanno passato in rassegna la situazione patrimoniale del 10% privilegiato e hanno notato come i ricchi siano in grado di diversificare maggiormente i propri patrimoni: circa un terzo della ricchezza lorda è costituito da immobili residenziali e poco più del 40% da strumenti finanziari rischiosi; il debito per loro ammonta al 5%.

In generale, viene evidenziato come gli investimenti finanziari si sono ridotti a 45 miliardi (da 60 dell’anno precedente), il valore minimo dal 2017, risentendo del calo del risparmio.

L’andamento dei mutui

Nel 2023 la crescita dei mutui per l’acquisto di abitazioni si è andata gradualmente attenuando e si è arrestata a dicembre. Le nuove erogazioni sono scese da 55 miliardi del 2022 a 41 miliardi. Secondo gli analisti, la domanda ha risentito non solo del brusco rialzo dei tassi di interesse su valori elevati in seguito alle scelte della Bce, ma anche del calo della fiducia delle famiglie e delle deboli prospettive del mercato immobiliare.

Lo studio mostra come la riduzione dei nuovi mutui abbia riguardato tutte le classi di età, ad eccezione di quella composta dalle persone con almeno 55 anni. I giovani sono i più penalizzati.