Produzione industriale accentua calo: preannuncia frenata consumi e recessione

L'Istat ha stimato un calo dell'1,5% a novembre che porta la variazione tendenziale a -3,1% e quella dei primi 11 mesi a -2,5 sullo stesso periodo del 2022

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Redazione

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Frena per il secondo mese consecutivo la produzione industriale, confermando segnali di recessione dell’economia italiana. A novembre, la produzione è scivolata dell’1,5% su mese, accelerando al ribasso dopo il calo frazionale archiviato ad ottobre.

Nella media del trimestre settembre-novembre si registra così una flessione del livello della produzione dello 0,8% rispetto ai tre mesi precedenti, mentre la media dei primi undici mesi del 2023 fa segnare un -2,5%.   

L’intonazione negativa di novembre è diffusa a tutti i principali comparti: beni strumentali (-0,2%), beni intermedi e beni di consumo (-1,8% in entrambi i raggruppamenti) e, in misura più marcata, nell’energia (-4%).

Il calo tendenziale trainato da carta, tessile e plastica

In termini tendenziali, al netto degli effetti di calendario, si osserva un calo della produzione del 3,1%, che deriva dal contributo positivo di energia (+1%) e beni strumentali (+0,6%) e dal forte calo registrato su beni di consumo e beni intermedi (-5,7% in entrambi i raggruppamenti).

Tra i settori di attività economica la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati presenta un’ampia crescita tendenziale (+13,1%), seguono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+2,1%) e la fabbricazione di macchinari e attrezzature (+0,8%). Le flessioni maggiori si registrano nell’industria del legno, della carta e della stampa (-12,7%), nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-9,3%) e nella fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (-8,5%).

Codacons: caro prezzi pesa su consumi

Per il Codacons “il vero allarme riguarda i beni di consumo che scendono su base mensile dell’1,8% e addirittura del 5,7% su anno, raggiungendo picchi del -6,3% per i beni durevoli”. “A pesare sui numeri dell’industria – spiega l’associazione – è il livello elevato dei prezzi in Italia, con i prodotti più acquistati dalle famiglie che nel 2023 hanno registrato una marcata crescita ed effetti negativi diretti sulla spesa e sui consumi, come hanno evidenziato i recenti dati Istat sulle vendite al dettaglio.

Confcommercio: fase complessa che testimonia fragilità

Confcommercio sottolinea che il calo della produzione “è un segnale della complessità della fase che stiamo attraversando” ed “evoca, ancora una volta, come l’obiettivo di una crescita superiore all’1% nel 2024 non sarà facile da raggiungere“. “La flessione della produzione – prosegue – è un fenomeno sostanzialmente diffuso con preoccupanti dati negativi per la produzione dei beni di consumo, a conferma del permanere di elementi di fragilità della domanda delle famiglie, confermata dai recenti dati sul turismo di novembre che, se da un lato testimoniano la formidabile attrattività del nostro Paese, col turismo straniero sopra i livelli del 2019, dall’altro cristallizzano segni di regresso della domanda interna”.

Analisti Intesa: getta ombre su crescita

Per Paolo  Mameli, Economista di Intesa Sanpaolo per l’Italia, il dato “ha sorpreso ampiamente al ribasso a novembre” anche perché il consensus indicava un -0,2%. “L’industria è tornata a frenare il PIL a fine 2023 – sottolinea l’analista – il che segnala rischi al ribasso sulla nostra stima di una stagnazione dell’attività economica nel 4° trimestre dello scorso anno. Più in generale, i rischi sulla nostra previsione di un PIL italiano in crescita di 0,7% nel 2024 appaiono oggi orientati al ribasso”.