Extraprofitti banche, arrivano i primi correttivi: le novità

Settore bancario al lavoro per convincere il governo a modificare la tassa: si fa strada l'ipotesi della deducibilità

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Redazione

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Arriva l’apprezzamento del settore bancario dopo i correttivi del governo alla norma più contestata del decreto Omnibus dell’11 agosto, quella che introduce la tassa sugli extraprofitti (qui per un approfondimento). Le banche proseguono comunque a pressare l’esecutivo per modificare la misura avendo trovato una sponda da parte di Forza Italia. Intanto il tetto dello 0,1% del totale dell’attivo ha già ridotto l’impatto del prelievo. Apprezzata dai banchieri anche la decisione di non quantificare le entrate: la vaghezza della relazione tecnica, che “prudenzialmente” non stima gli incassi, potrebbe infatti sottintendere la possibilità di nuove modifiche.

Per un paragone con il resto d’Europa leggi qui. Questo l’impatto a cascata sui mutui.

La posizione di Tajani

“Capisco la premier Giorgia Meloni ma non cambiamo idea – ha dichiarato il leader di Forza Italia, Antonio Tajani –. Abbiamo già definito una serie di emendamenti perché sul serio i cittadini possano continuare a beneficiare del sostegno del sistema creditizio. Tre sono le strade: innanzitutto chiediamo di escludere dalla tassazione quelle banche che non sono sotto il controllo della BCE. Sono i piccoli istituti. Sono le banche di prossimità. Quelle che raccolgono soprattutto al Centrosud i risparmi degli italiani e che sono più vicine alle esigenze di famiglie e imprese. E sono proprio le banche che potrebbero maggiormente patire le conseguenze del provvedimento. Finirebbero per essere più a rischio delle stesse banche straniere presenti sul territorio italiano”. “Ci impegneremo inoltre – ha aggiunto Tajani – perché la tassazione sia fiscalmente deducibile. Infine: deve essere una misura una tantum. A settembre chiederemo poi un tavolo specifico con i rappresentanti delle banche, perché il confronto è necessario”.

Opzione deducibilità

Per “mitigare i danni” della misura entro il 10 ottobre – data in cui scadranno i termini per la conversione del decreto da parte del Parlamento – l’ipotesi più accreditata è quella deducibilità dall’imponibile degli importi che saranno prelevati, una soluzione che con ogni probabilità troverà il consenso del settore bancario.

In ogni caso la tassa “potrebbe finire per essere ancora più annacquata di quanto non sia diventata martedì”, ha commentato il Financial Times. Il quotidiano economico ha giudicato molto negativamente la misura voluta dalla presidente Meloni definendola “disastrosa” e forse “il più grande errore” del suo governo.

Gli effetti della tassa

Mediobanca Securities ha stimato che il prelievo potrebbe pesare per circa 1,9 miliardi di euro sulle banche e sulle società del risparmio gestito seguite dai loro esperti. Si ridurrebbe tuttavia a 1,3 miliardi in caso di deducibilità, con un impatto a una sola cifra (cioè sotto il 10%) sugli utili per azione oppure un’erosione del requisito patrimoniale Cet1 nell’ordine di 10-20 punti base. Altre conseguenze indirette rischiano però di presentarsi nel lungo periodo soprattutto per la reazione degli investitori esteri che potrebbero essere condizionati dall’incertezza creata attorno al comparto del credito nazionale da simili iniziative una tantum dell’esecutivo.