Acciaio, prezzi alle stelle: industria italiana a rischio?

Il mercato dell'acciaio in Italia e in Europa registra andamenti altalenanti e previsioni decisamente non positive. Con possibili ricadute su settori trainanti della nostra economica

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

L’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, innescato dalla guerra in Ucraina, ha acuito i suoi effetti con la successiva escalation militare in Medio Oriente e le accresciute tensioni internazionali. La conseguente crisi produttiva ed economica ha investito vari settori.

Uno di questi è l’industria dell’acciaio, manifattura di punta del nostro Paese che già era invischiata in un periodo nero. I prezzi sono schizzati alle stelle, mettendo in serio pericolo vari comparti dell’economia e della produzione italiane.

Di quanto è aumentato il costo dell’acciaio

Dopo un marcato calo in estate, che ha indotto previsioni ottimistiche, il prezzo dell’acciaio è tornato a salire del 3,76% sull’anno e del 5,69% rispetto al mese precedente. Gli effetti si sono subito osservati in settori trainanti della nostra economia, dall’automotive alle costruzioni e alla siderurgia. Un trend già registrato nel 2022 e che alla fine del 2023 peggiorerà ulteriormente.

Secondo i dati più aggiornati di Federacciai, l’Europa produce circa 150 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, su un totale mondiale di quasi due miliardi. I maggiori produttori si trovano in Asia, Cina in testa con oltre un miliardo di tonnellate annue di acciaio prodotto. L’Italia, che nel 2022 ha fatturato circa 66 miliardi di euro (+15,8% rispetto al 2021), si conferma il secondo produttore di acciaio d’Europa, alle spalle della Germania e davanti alla Francia, e l’undicesimo a livello globale.

Come va e come funziona il mercato dell’acciaio

I settori industriali ed edilizi hanno fame d’acciaio. Secondo Eurofer, l’associazione dei produttori siderurgici europei, la domanda reale nell’Ue aumenterà dello 0,2% nel 2024. Il cosiddetto consumo apparente (cioè il totale dell’acciaio consumato nel Paese, ricavato dal ciclo delle scorte al quale si somma l’import e si sottraggono le quantità esportate) si attesta sul +7,6%. Anche l’Italia dovrebbe conoscere un aumento di questo indicatore: +4,8%, con un incremento dei volumi di poco più di un milione di tonnellate rispetto al 2023. Nel complesso, Eurofer prevede un consumo apparente di 142 milioni di tonnellate, ben 8 milioni in meno rispetto al 2021 e addirittura 11 in meno rispetto al 2018.

Secondo gli esperti, la previsione è tuttavia legata al ripristino delle scorte dopo il destoccaggio dell’ultimo biennio. È altamente probabile che, se la congiuntura economica continui a mantenersi negativa, si assista a una riduzione della produzione in tutti i settori utilizzatori.

L’impatto sull’industria italiana

Analizzando il report Bilancio D’Acciaio 2023, si desume come i cinque principali settori utilizzatori d’acciaio siano praticamente destinati a soffrire. Parliamo di prodotti in metallo, fabbricazione di macchinari, automotive e altri mezzi di trasporto, costruzioni e oil & gas. La fabbricazione di prodotti in metallo ha registrato performance migliori rispetto alla media, “mente l’auto mostra numeri al di sotto della linea di trend”, ha spiegato il professor Cristian Carini, curatore della ricerca. Una causa primaria è per l’appunto l’incremento di costi, “che non si è riusciti a ribaltare sui clienti”.

Non tutto il settore auto segue però il medesimo andamento (ecco le auto più vendute in Italia: marche e modelli). Se da un parte i costruttori sono riusciti infatti a far fronte all’aumento dei costi delle materie prime, dall’altra il comparto della componentistica presenta maggiori difficoltà. Come anche il settore delle costruzioni, che ha visto raddoppiare l’indebitamento, complice anche l’incertezza normativa.