E-commerce e fast fashion: chi vince e chi perde nella rivoluzione dello shopping digitale

Il fast fashion domina l’e-commerce globale, mentre negozi fisici chiudono. Tra boom digitali e disuguaglianze, il retail si reinventa

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 1 Dicembre 2024 17:10

L’e-commerce in Italia continua a crescere senza sosta: nel 2024 il mercato ha toccato quota 58,8 miliardi di euro, con in testa il settore della moda, in particolare il segmento fast fashion, che trascina il carrello digitale. Ma dietro i numeri da record si nasconde un panorama più complesso, dove colossi globali come Amazon, Shein e Temu non trovano rivali, lasciando piattaforme emergenti come Vinted in una corsa che fatica a decollare.

Il fenomeno, però, non si ferma all’Italia. In Europa, il commercio elettronico ha superato gli 887 miliardi di euro, ma il divario tra i Paesi leader e quelli meno digitalizzati resta evidente. Se il Regno Unito guida il settore con una rete di marketplace consolidati, altri mercati arrancano, mostrando margini di crescita ma anche profonde disuguaglianze nel modo in cui consumatori e aziende affrontano la rivoluzione digitale.

Parallelamente, il retail fisico non cede del tutto. Negozi come quelli controllati da Inditex si sono nettamente rivoluzionati (Zara in primis) e stanno ridisegnando il concetto di punto vendita, integrando tecnologia e spazi ludici per trattenere i clienti e rafforzare la presenza online. Questo approccio non basta però a invertire la tendenza: in Italia, i negozi di moda tradizionali hanno visto oltre 9.000 chiusure negli ultimi quattro anni, travolti dalla competizione del fast fashion online e dall’assenza di una strategia che combini innovazione digitale e radicamento territoriale.

Tra giganti che dominano la scena, mercati emergenti che inseguono e una miriade di negozi che lottano per sopravvivere, la rivoluzione dell’e-commerce non è solo una storia di crescita. È una partita aperta dove vincono la velocità, l’adattamento e la capacità di leggere i bisogni di consumatori sempre più divisi tra schermi, vetrine e stipendi bassi.

L’e-commerce in Italia: una crescita che non si arresta

Agli italiani piace comprare e piace comprare stando comodi in casa. Il commercio online in Italia si conferma una locomotiva inarrestabile: nel 2024 il settore ha toccato i 58,8 miliardi di euro, segnando un incremento del 6% rispetto all’anno precedente. Lo shopping digitale è ormai un’abitudine consolidata: quasi la metà degli italiani tra i 16 e i 64 anni clicca “compra ora” almeno una volta a settimana.

A guidare la corsa è il mondo della moda e dei vestiti, che brilla con 15,02 miliardi di euro, crescendo di un impressionante 25,7%. L’elettronica non resta a guardare, aggiudicandosi 10,71 miliardi (+11,4%), mentre il settore alimentare rallenta leggermente, con una flessione dello 0,7%, chiudendo a 2,92 miliardi.

Con quasi 188 milioni di visite mensili – e un balzo del 18,24% rispetto al 2023 – Amazon non teme confronti. Secondo Vito Perrone, Ceo di Yocabè, “l’Italia si distingue per la mancanza di competitor locali capaci di sottrarre quote di mercato”. Questo, spiega, permette al colosso di Jeff Bezos di dominare la scena, diversamente da quanto accade in altri Paesi europei dove il panorama è più frammentato. Insomma, non c’è un Amazon italiano e più conveniente capace di dare filo da torcere al colosso di Jeff Bezos.

Europa: equilibri che cambiano e mercati che resistono

Il commercio elettronico in Europa tocca cifre da capogiro, raggiungendo un totale di 887 miliardi di euro, ma il panorama è tutt’altro che uniforme. Le differenze tra il nord e il sud del continente delineano una mappa in cui ogni area gioca con regole proprie.

Nei Paesi settentrionali, la competizione feroce tra le grandi piattaforme ha scosso gli equilibri tradizionali, con colossi come Amazon che perdono terreno. Il Regno Unito, in particolare, vive un momento complesso: la Brexit ha alzato barriere logistiche, ridotto la disponibilità di prodotti e spinto molti operatori a lasciare il mercato.

Con flessioni che superano il 50%, anche Amazon ed eBay sentono il peso di queste dinamiche, mentre crescono realtà emergenti che scommettono su modelli alternativi.

In mezzo a questa turbolenza, piattaforme come Vinted puntano sulla sostenibilità, conquistando consensi con il second-hand. Qui però c’è da fare un inciso, perché i numeri raccontano un’altra storia: il fast fashion continua a dettare legge, lasciando l’usato confinato in una nicchia che ancora fatica a raggiungere il grande pubblico.

Più a sud, il panorama cambia ancora. La scena si arricchisce di piattaforme locali che guadagnano sempre più spazio: El Corte Inglés in Spagna, AboutYou in Germania e Leroy Merlin in Francia sono diventati punti di riferimento per gli acquisti online.

Temu e Shein: i velocisti del commercio online

Nel panorama del commercio digitale, due giganti stanno correndo come sprinter su una pista ben oliata: Temu e Shein. Se quest’ultimo è ormai un veterano del fast fashion, capace di incantare con collezioni infinite e prezzi stracciati, Temu sta giocando una partita tutta sua, scalando le classifiche globali e piazzandosi tra i primi cinque marketplace in diversi Paesi.

Shein: il gigante del fast fashion tra record e ombre

Nel 2023, Shein ha fatto registrare numeri sbalorditivi: 7,68 miliardi di euro di fatturato in Europa, un balzo del 68% rispetto all’anno precedente. I consumatori continuano ad affollare la piattaforma, attratti da prezzi irresistibili e un catalogo infinito che sembra anticipare ogni tendenza.

I conti di Shein non deludono: il profitto netto è schizzato a 99,5 milioni di euro, più del doppio rispetto ai 45,8 milioni del 2022. Il margine lordo è passato da 172 milioni a 314 milioni in soli dodici mesi. Con numeri del genere, non sorprende che l’azienda sia stata valutata 66 miliardi di dollari durante un round di finanziamento, alimentando le speculazioni su un’Ipo a Londra.

Nonostante la corsa al successo, il 2024 si prospetta più incerto. Le critiche sull’impatto ambientale e sociale del fast fashion si fanno sempre più rumorose, attirando l’attenzione delle autorità. Sebbene Shein non sia ancora oggetto di indagini formali, la Commissione Europea sta già mettendo sotto la lente piattaforme come Temu, segnalando che il clima regolamentare potrebbe farsi meno indulgente.

Il mercato del fashion online in Europa: leadership britannica

Andando ad analizzare più da vicino il mercato del fashion online in Europa, nello specifico l’analisi di Statista, si scopre che è tutt’altro che in crisi. Da un lato, i Paesi come il Regno Unito continuano a macinare numeri impressionanti nonostante la Brexit; dall’altro, mercati più piccoli arrancano, lasciando intravedere margini di sviluppo interessanti. Nel 2023, il settore britannico ha totalizzato 36 miliardi di dollari, staccando nettamente il resto del continente.

Con una rete di marketplace consolidati e un forte radicamento digitale, il Regno Unito si conferma il primo mercato europeo per l’e-commerce moda. La solidità delle infrastrutture e l’ampia scelta di brand mantengono il Paese saldamente al comando, distanziando tutti gli altri competitor.

La Germania si posiziona seconda con 19,88 miliardi di dollari, seguita dall’Italia, che raggiunge 17,99 miliardi conquistandosi la medaglia di bronzo nel podio. Se il divario con il Regno Unito resta ampio, entrambi i Paesi dimostrano la rilevanza del loro peso economico nel panorama europeo.

Con 15,3 miliardi di dollari, la Francia si colloca tra i mercati solidi, pur senza particolari accelerazioni. I Paesi Bassi (8,86 miliardi) e la Spagna (6,84 miliardi) consolidano una posizione di media grandezza, sostenuti da una crescita costante che garantisce loro una rilevanza stabile.

Paesi come Grecia (0,9 miliardi), Portogallo (1,36 miliardi) e Danimarca (1,54 miliardi) chiudono la classifica dei paesi che amano comprare i vestiti online, ma rappresentano comunque mercati con potenziale per chi sa investire con strategie mirate.

L’altra faccia della medaglia: la rinascita dei negozi fisici

Si tratta di una cosa risaputa, quella che il fast fashion online uccide i negozi: secondo un’analisi di Unioncamere e InfoCamere, tra il 2019 e il 2023, il numero di negozi di abbigliamento è diminuito di oltre 9.000 unità, attestandosi a poco più di 78.000 esercizi al 30 settembre 2023. E se, per contrastarlo, si unisse l’esperienza del negozio fisico e dello store online? Un’analisi di Reuters mostra che aprire un negozio in una determinata area geografica può far crescere le vendite online locali dal 10% al 20%, secondo Adam Cochrane di Deutsche Bank.

Il motivo è semplice: il connubio tra fisico e digitale si rivela più efficace di quanto si credesse. “Se chiudi un negozio, non recuperi mai tutte le vendite né online né in altri punti vendita,” spiega Cochrane. Stefan Reiner di Oberalp aggiunge: “Più negozi sono presenti in una zona, maggiore è l’interesse per il marchio online”.

Per esempio, Decathlon ha aggiunto 80 nuovi store globali nel 2023, introducendo spazi dedicati al noleggio e aree gioco. A Roma, due tavoli da ping pong davanti al negozio trasformano una visita in un’esperienza ludica. Inditex, invece, punta su fitting room condivise e touch screen per rendere gli acquisti più fluidi e coinvolgenti.

L’interesse per le attività all’aperto, cresciuto durante la pandemia, ha dato slancio a retailer come Adidas, North Face e Cisalfa. Quest’ultima, con 160 negozi in Italia, prevede di aprirne altri 10, oltre ad aver acquisito SportScheck in Germania, aggiungendo 25 nuovi store al suo portafoglio.

L’integrazione tra negozi fisici ed e-commerce è ormai un must per competere. Decathlon, Zalando e persino Shein, con i suoi pop-up store, sfruttano il mix di esperienza reale e comodità digitale. Servizi come il “click and collect” o showroom interattivi attraggono clienti che cercano un equilibrio tra contatto umano e rapidità tecnologica.

Gli analisti di Rbc osservano che “i consumatori stanno riscoprendo il lato ludico dello shopping“, preferendo store fisici per immediatezza e interattività. Per i retailer, questa combinazione sarà il pilastro su cui costruire il futuro, in un mercato sempre più competitivo e frammentato.