Cannabis light vietata da un emendamento del governo: quanto vale la filiera in Italia

Il governo vuole vietare la vendita di cannabis light, ma questo mette a rischio una filiera ormai sviluppata

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

Il governo ha presentato un emendamento al disegno di legge sulla sicurezza per rendere illegale la cosiddetta cannabis light. Nella legge sarebbe inserita una modifica per vietare completamente coltivazione e vendita delle inflorescenze di canapa, precisando la legge del 2016 che, tramite un vuoto normativo, la rendeva possibile. Già in passato il governo aveva tentato di bloccare il commercio di cannabis light in Italia tramite un decreto interministeriale, che però fu annullato dal Tar del Lazio.

In questi 8 anni in Italia si è sviluppato un mercato significativo per questi prodotti a base di canapa. Centinaia di negozi e di aziende produttrici hanno dato vita a una filiera che ora sarebbe messa a rischio dalle scelte del governo.

La legge che rende la cannabis light legale in Italia

Nel 2016 il parlamento approva la legge 242 del 2 dicembre, una legge che regola la coltivazione di canapa (Cannabis Sativa L.) in Italia per fini industriali e per combattere il consumo di suolo. La canapa è una pianta le cui fibre possono avere molteplici utilizzi e la cui coltivazione era diffusa in Italia prima della stretta contro le sostanze stupefacenti. La legge in nessun modo modifica però il Testo unico sugli stupefacenti.

L’articolo 2 ne limita la coltivazione per uso alimentare, cosmetico, edilizio, di ricerca, di bonifica dei siti inquinati e a fini botanici. Non c’è però alcun passaggio che vieta la coltivazione a scopo ricreativo. Allora la precedente legge contro gli stupefacenti, la cosiddetta Fini-Giovanardi, era appena stata dichiarata incostituzionale e le norme valide erano tornate ad essere quelle della legge Vassalli. Questa fissa il limite di legalità per il contenuto di principio attivo dei prodotti a base di cannabis allo 0,6%.

Si crea quindi un vuoto normativo. La cannabis si può coltivare, ammesso che il suo contenuto di principio attivo (tetraidrocannabinolo o Thc) non superi lo 0,6%. Nulla è specificato sulla commercializzazione, ma nel giro di pochi anni nascono non solo moltissime aziende agricole che coltivano cannabis, ma anche numerosi negozi che vendono prodotti per il consumo, come oli o inflorescenze, rigorosamente con meno dello 0,6% di Thc,.

È la Corte di Cassazione a fare chiarezza su quest’ultimo punto. Arriva infatti al terzo grado di giudizio il caso di un agricoltore a cui la guardia di finanza ha sequestrato e distrutto numerose piante di cannabis legale. I giudici non solo disciplinarono gli interventi delle forze dell’ordine, che da quel momento in poi dovranno prima prelevare un campione e verificare il contenuto di Thc e, solo poi, eventualmente procedere al sequestro, ma esprime anche un nuovo principio. La vendita di cannabis light è legale dato che lo è la sua coltivazione. Si tratta di una conseguenza automatica e non è necessaria alcuna legge a riguardo, se non la specifica che i prodotti in vendita devono contenere meno dello 0,5% di Thc.

Sicuri della decisione dei giudici, diversi imprenditori cominciano a investire nel settore che conosce un primo rapido aumento di popolarità a cavallo del periodo pandemico. Nel maggio del 2022 però un decreto interministeriale prova a proibire il commercio delle inflorescenze di canapa, ma nel febbraio del 2023 il Tar del Lazio lo annulla, confermando la legalità dei prodotti a base di cannabis “light”.

Il decreto del governo per vietare la cannabis light

Il governo guidato da Giorgia Meloni sta quindi pensando a una soluzione legislativa per proibire definitivamente anche i prodotti light in Italia. Con un emendamento al pacchetto sicurezza, presentato in commissione Affari Costituzionali e Giustizia alla Camera dei deputati, la maggioranza vuole proibire:

“l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa (Cannabis sativa L.) coltivata ai sensi del comma 1, anche in forma semilavorata, essiccata o triturata, nonché di prodotti contenenti tali infiorescenze, compresi gli estratti, le resine e gli oli da esse derivati”.

Si tratterebbe in sostanza di una proibizione totale del commercio di qualsiasi prodotto che provenga dalle inflorescenze di cannabis. Questa modifica non andrebbe a inficiare gli altri fini per cui la pianta viene coltivata, ma soltanto la produzione di cannabis light.

Quanto è grande la filiera della cannabis light in Italia

Gravemente preoccupati da questa decisione del governo sono principalmente gli imprenditori che in questi otto anni hanno investito per creare una intera filiera della canapa in Italia basata sulla vendita di prodotti light. Esistono diverse stime riguardo le sue dimensioni, ma si tratta di un settore ancora molto frammentato e quindi privo di dati ufficiali, oltre che relativamente giovane. In tutto esisterebbero tra le 1.500 e le 2.000 aziende che si occupano di canapa e oltre 800 negozi che vendono prodotti a base di Cannabis Light.

Bisogna però distinguere tre aree di questo settore. La prima è quella della cannabis light, tra le più attive e che verrebbe completamente resa illegale dall’emendamento al pacchetto sicurezza che il governo ha proposto. La seconda è quella industriale, che utilizza la canapa per scopi tessili, di bonifica o di bioedilizia. In questo caso le aziende dovrebbero semplicemente prestare particolare attenzione alle inflorescenze. Infine esiste una terza area che verrebbe completamente annullata dalla nuova normativa.

Si tratta di tutto il settore dell’estrazione di Cbd, o Cannabidiolo. Questo composto è un isomero del Thc, è cioè composto dagli stessi elementi chimici nella stessa quantità per ogni molecola (C21 H30 O2), ma disposti in maniera differente. A differenza del Thc però, il Cbd non ha nessun effetto di tipo psicotropo e non è di conseguenza a una sostanza stupefacente. Il suo utilizzo è riservato all’ambito cosmetico, in erboristeria e negli integratori alimentari.

“È ben peggio di uno stop alla cannabis light. L’elenco di attività del disegno di legge di fatto tende a bloccare tutta la filiera agroindustriale della canapa da estrazione, in particolare la produzione di derivato da Cbd o da altri cannabinoidi non stupefacenti per impieghi in cosmesi, erboristeria o negli integratori alimentari, che con la cannabis light non ha niente a che vedere” ha dichiarato Beppe Croce, il presidente di Federcanapa, associazione che riunisce le aziende che lavorano nel settore della canapa in Italia, in un comunicato riguardo all’emendamento.