Cambio euro dollaro a quota 1,1: è il top da agosto, chi ci guadagna

La quotazione dell'euro su dollaro è forte anche se l'economia del Vecchio Continente arranca. Il paradosso è solo apparente. Chi ci guadagna e chi ci perde

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Martedì 28 novembre 2023 è una giornata da ricordare: il cambio euro/dollaro ha segnato una quotazione di 1,10, portandosi ai massimi da agosto. Si tratta di una situazione apparentemente paradossale dal momento che l’economia europea arranca e quasi sfiora la recessione mentre dall’altra parte dell’Atlantico la locomotiva americana spinge.

Perché l’euro è più forte del dollaro oggi

Da inizio ottobre l’euro ha registrato un apprezzamento sul dollaro del +5%. Una possibile spiegazione al fenomeno può essere correlata alle previsioni sull’andamento dell’economia globale, e non si tratta di un’ipotesi rosea per l’eurozona.

Possibilmente gli investitori stanno facendo business dove prevedono che i tassi andranno a diminuire, così da aggiudicarsi guadagni in conto capitale. L’economia americana regge per cui la Federal Reserve potrebbe mantenere i tassi alti. L’Europa frena per cui la Banca Centrale Europea potrebbe valutare il taglio dei tassi d’interesse per rianimare la crescita economica.

Euro forte sul dollaro, chi ci guadagna

Il dollaro meno forte dell’euro avvantaggia chi commercializzi ed esporti prodotti dagli Usa verso l’Europa, dal momento che il calo dei prezzi può invogliare gli acquirenti. Questa situazione penalizza le aziende concorrenti che producono negli altri mercati. Soffrono invece le aziende europee che hanno importanti sbocchi commerciali negli Usa.

Soffrono meno le società che operano nel campo del lusso, dal momento che possiedono un maggiore campo d’azione nell’imporre i loro prezzi. E soffrono di più le società che offrono beni i cui prezzi risentono pesantemente della concorrenza.

Ma non solo: potrebbero beneficiare anche società che producono nei Paesi emergenti poiché la valuta con la quale operano è in parte collegata all’andamento del dollaro.

In caso di società che operano a cavallo di Vecchio e Nuovo Mondo, il discrimine è rappresentato dalla valuta in cui vengono sostenuti i maggiori costi, cioè il luogo in cui è localizzato il maggior numero degli impianti di produzione.

Se la situazione si manterrà stabile per un periodo apprezzabile potrebbe avere ricadute favorevoli sul prezzo dei combustibili. Il motivo è da ricercarsi nel fatto che il petrolio si vende e si acquista in dollari. Un cambio favorevole per un periodo di tempo prolungato può attutire il costo del greggio e incidere, a cascata, su una serie di beni e servizi.

Occasione d’oro per i turisti

Per il turismo valgono le stesse regole espresse finora. I turisti europei che volessero viaggiare negli Stati Uniti si ritroverebbero a spendere un po’ meno. Al contrario, i turisti statunitensi in Europa dovrebbero fare i conti con un cambio non favorevole e si ritroverebbero a spendere di più.

Il parere del presidente della Banca centrale tedesca

Joachim Nagel, presidente della Deutsche Bundesbank, non ritiene che il taglio dei tassi d’interesse da parte della Bce avverrà a breve: “Sarebbe prematuro abbassare i tassi a breve o anche solo ipotizzarlo. L’effetto principale dell’inasprimento della politica sull’inflazione deve ancora manifestarsi. Anche se l’inflazione è scesa significativamente nei mesi scorsi, non possiamo dare per scontato che questa discesa continui. Gli effetti disinflazionistici del calo dei prezzi dell’energia si sono dispersi e siamo ancora molto distanti dal nostro target”.