Bonus Giorgetti, aumenta lo stipendio: a chi spetta e come funziona

Con il bonus Giorgetti i contributi previdenziali del lavoratore si trasformano in un aumento netto in busta paga, esentasse e immediato

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 1 Novembre 2025 11:22

Il Governo Meloni ha confermato per il 2026 il cosiddetto “bonus Giorgetti“, già noto come “bonus Maroni”, l’incentivo pensato per trattenere in azienda i lavoratori che hanno maturato i requisiti per la pensione anticipata ma che comunque scelgono di non lasciare il lavoro.

Il testo inserito nella Legge di Bilancio 2026 proroga la misura fino al 31 dicembre 2026 mantenendo intatte le regole e ampliando leggermente la platea dei beneficiari. L’obiettivo è quello di alleggerire la pressione sul sistema pensionistico e allo stesso tempo valorizzare l’esperienza dei lavoratori senior.

Cos’è e a chi spetta il bonus Giorgetti

Il bonus si rivolge ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria (Ago) o a forme sostitutive o esclusive, che nel corso del 2026 raggiungano i requisiti per la pensione anticipata ordinaria:

  • 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
  • 41 anni e 10 mesi per le donne.

Chi si trova in questa situazione può decidere di continuare a lavorare, rinunciando temporaneamente alla pensione, e chiedere all’Inps di attivare l’incentivo.

Una volta approvata la domanda, la quota di contributi a carico del lavoratore (pari al 9,19% dello stipendio lordo nel privato e all’8,89% nel pubblico) non viene più versata all’Inps, ma finisce direttamente in busta paga come aumento netto, esentasse.

Restano esclusi dal beneficio coloro che percepiscono già una pensione (salvo quella di invalidità) o che hanno già presentato domanda di pensionamento.

Quanto vale il bonus Giorgetti

Con il bonus Giorgetti attivo, il datore di lavoro continua a versare la propria parte di contributi (pari al 23,81%) all’Inps, mentre la quota del dipendente viene restituita in busta paga.

L’aumento medio varia in base allo stipendio: da circa 185 euro netti al mese per chi guadagna 2.000 euro lordi fino a 450 euro mensili per redditi attorno ai 60.000 euro l’anno.

Si tratta di somme nette, non soggette a Irpef né a contributi e immediatamente spendibili. Più alta è la retribuzione e più si rimane al lavoro, e più è alto il vantaggio introdotto dal bonus Giorgetti. Il vantaggio può superare gli 11.000 euro netti se il lavoratore con uno stipendio medio-alto decide di restare in servizio 2 anni in più.

La misura conviene soprattutto a chi intende posticipare l’uscita solo di pochi anni e desidera sfruttare la finestra finale di carriera per aumentare la liquidità disponibile.

Secondo le stime del Governo, nel 2026 il bonus Giorgetti comporterà minori entrate contributive per circa 12,8 milioni di euro, compensate da un risparmio di spesa pensionistica di circa 12,2 milioni. L’effetto è quindi marginale nel breve periodo, ma positivo a lungo andare, quando il differimento delle nuove pensioni genererà un alleggerimento della spesa previdenziale. Il saldo, secondo le stime, diverrà positivo a partire dal 2030.

Il Governo Meloni e le pensioni

La proroga fino al 2026 del bonus Giorgetti arriva in un momento di stallo nella riforma complessiva delle pensioni: Il Governo ha scelto di non intervenire su Quota 103, Opzione Donna o Ape Sociale rinviando il tutto, eventualmente, al 2027, quando scatterà il primo adeguamento dei requisiti contributivi (più un mese per gli uomini e due per le donne).