Inferno Libia, ora il rischio è un’epidemia di colera

È allarme in Libia per il rischio di epidemia di colera che potrebbe diffondersi a causa della contaminazione delle acque stagnanti provocata dai cadaveri

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Allagamenti e distruzione non sono le uniche conseguenze del disastro alluvionale che ha spazzato via la città di Derna e inondato altri centri della Libia orientale. Le ultime stime della Mezzaluna rossa e delle Nazioni unite parlano di almeno 11.300 vittime e 10mila dispersi, ma la gravità della catastrofe e la mancanza di mezzi e risorse in un Paese già devastato dalla guerra civile fa pendere l’ago della bilancia verso un incremento dei morti più che sull’aumento del numero di superstiti. Il bilancio rischia di aggravarsi velocemente anche a causa del pericolo di epidemia, specialmente di colera, che potrebbe scoppiare per i tanti cadaveri ancora per strada o sepolti nelle fosse comuni.

Il bilancio incerto

“Abbiamo ancora speranza di trovare persone vive”, ha dichiarato in conferenza stampa a Ginerva un funzionario della della Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, Tamer Ramadan, rifiutandosi però di fornire un bilancio ufficiale, “che non sarebbe né definitivo né preciso”.

“Penso che il problema per noi in Libia sia ovviamente il coordinamento con… il governo e poi con l’altra autorità nella parte orientale del Paese”, ha affermato Martin Griffiths, sottosegretario generale per gli Affari umanitari dell’Onu e coordinatore degli aiuti di emergenza, ammettendo di non conoscere l’entità della catastrofe.

Il rischio colera

Mentre i numeri del disastro sono fermi da giorni nell’incertezza delle stime, a Tobruk, a 140 chilometri da Derna, il Mediterraneo sta restituendo decine e decine di cadaveri delle vittime delle inondazioni, che si stanno arenando sulle spiagge dopo essere stati trascinati in mare dalla violenza delle acque.

A causa della semplice mancanza di un numero sufficienti di sacchi per recuperare e seppellire i corpi, l’acqua stagnante nelle città colpite dall’alluvione, contaminata dai resti in decomposizione e dalla distruzione della rete fognaria, rappresenta un mezzo di trasmissione di batteri portatori di colera e diarrea.

Per scongiurare che alla calamità naturale si aggiunga anche la catastrofe sanitaria, Othman Abdul Jalil, ministro della Salute del governo della Libia orientale, guidato dal maresciallo Khalifa Haftar, ha annunciato vaccinazioni di massa per le categorie più esposte come operatori sanitari, i soccorritori che si occupano di recuperare i cadaveri e i bambini.

L’allarme Unicef sui bambini

Secondo quanto calcolato dall’Unicef, sarebbero circa 300mila i bambini colpiti dall’alluvione in Libia e dalla conseguenze della tempesta Daniel, che a causa dei danni subiti da abitazioni, ospedali, scuole e altre infrastrutture, hanno bisogno di assistenza umanitaria (qui avevamo parlato dei morti e dei danni provocati dal ciclone Daniel in Grecia e del passaggio del fenomeno meteorologico anche in Italia con forti temporali e grandinata).

Ed proprio questa fascia di popolazione più vulnerabile a rischiare maggiormente per la propria salute, dato che la mancanza di fornitura di acqua pulita aumentano notevolmente le possibilità di epidemie di diarrea e colera, oltre che di disidratazione e malnutrizione.

Non mancano i pericoli di violenza e sfruttamento ai quali sono sottoposti i piccoli che hanno perso i propri genitori o che sono stati separati dalle loro famiglie (qui abbiamo spiegato come contribuire dall’Italia per mandare un aiuto alle vittime della catastrofe in Libia).