Clima al collasso, arriva l’allarme che terrorizza il mondo

Dopo un 2023 terribile dal punto di vista del maltempo e delle ondati di calore, Onu e Omm dipingono lo scenario climatico dei prossimi mesi e fanno un bilancio. Con pessime notizie

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Alla fine la conferma degli scienziati è arrivata: l’estate 2023 è stata la più calda mai registrata della storia a livello globale. Secondo il programma dell’Unione europea per l’osservazione meteo e della Terra, Copernicus, i mesi di giugno, luglio e agosto appena passati hanno registrato una temperatura media di 16,77 gradi centigradi: ben 0,66 °C sopra i valori di riferimento.

L’ennesimo indizio di un clima al collasso, come ha sottolineato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. “Il nostro pianeta ha appena sopportato una stagione bollente, il collasso climatico è iniziato”. Ecco cosa dicono gli studi e cosa rischiamo.

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L’estate più calda mai registrata

Stando ai dati, il mese di agosto 2023 è stato il secondo più caldo della storia del mondo, superato soltanto dal luglio precedente. Si parla di un aumento mostruoso delle temperature medie globali: +1,5 gradi rispetto alla media preindustriale (e cioè del periodo compreso tra il 1850 e il 1900). Gli oceani hanno subìto un riscaldamento delle acque senza precedenti, arrivando a registrare quasi 21 gradi. Un valore mai visto.

Come abbiamo tragicamente sperimentato anche in Italia (qui abbiamo parlato dell'”altra faccia” del cambiamento climatico: il maltempo record e i relativi risarcimenti), durante questa estate sono state osservate ondate di calore in diverse zone dell’emisfero settentrionale, soprattutto in Europa meridionale, Stati Uniti meridionali e Giappone. Il termometro è impazzito anche in Australia, in Sud America e in gran parte dell’Antartide.

Per gli scienziati la causa principale di questi fenomeni estremi è il riscaldamento globale. E, dunque, conseguenza delle attività umane e delle emissioni, in particolare con combustione di carbone, petrolio e gas naturale. Al disastro ecologico provocato dall’uomo si aggiunge inoltre anche l’azione di El Niño, il fenomeno climatico periodico che provoca un forte riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico e che fa sentire sempre più il suo peso a livello mondiale.

Che inverno ci aspetta?

Secondo l’Omm (Organizzazione meteorologica mondiale), l’azione di El Niño si protrarrà per tutto l’inverno, almeno fino a febbraio, portando a eventi atmosferici estremi anche nel 2024. Gli studiosi parlando di abbondanti nevicate a partire da dicembre e di un’altra estate di caldo insostenibile.

“Gli anni di El Niño tendono ad avere un inizio di inverno mite, umido e occidentale (novembre-dicembre) e una fine di inverno più fredda e secca (gennaio-marzo) nella maggior parte dell’Europa settentrionale”, ha spiegato il professor Adam Scaife, responsabile delle previsioni a lungo termine del Met Office, il servizio metereologico del Regno Unito. Dalle nostre parti, in Europa meridionale e dunque anche in Italia, si registreranno condizioni complessivamente più umide.

Qui spieghiamo come fare l’assicurazione contro i danni provocati dal maltempo (risparmiando).

Futuro apocalittico: siccità e miliardi di persone senz’acqua

I contorni di un futuro apocalittico dal punto di vista climatico sono dipinti anche dall’ultimo rapporto dell’Oxfam sulle risorse idriche nel mondo. La conclusione è raggelante: entro il 2050 tre miliardi di persone si ritroveranno senza accesso all’acqua. Ancora una volta si punta il dito contro “l’impatto devastante” del cambiamento climatico, che minaccia aree sempre più vaste e vulnerabili soprattutto in Africa, Medio Oriente e Asia.

Secondo lo studio, che analizza 20 Paesi situati in quattro macroaree del pianeta, attualmente la crisi idrica colpisce due miliardi persone. Il riscaldamento globale e l’alternarsi rapidissimo di siccità e inondazioni sempre più violente porterà all’aumento esponenziale di fame, migrazioni forzate ed epidemie.

Secondo gli esperti, nel prossimo futuro nei 10 Paesi più colpiti dalla crisi climatica la malnutrizione cronica crescerà del 30%. Parliamo di Somalia, Haiti, Gibuti, Kenya, Niger, Afghanistan, Guatemala, Madagascar, Burkina Faso e Zimbabwe. Entro il 2050 si potrebbero registrare fino a 216 milioni di migranti climatici interni a livello globale, di cui 86 milioni nella già martoriata Africa sub-sahariana.