Ponte sullo Stretto, servono 67 litri di acqua al secondo per i cantieri

In Sicilia e Calabria il dibattito sull’acqua per il Ponte sullo Stretto intreccia emergenza idrica, e la preoccupazione dei cittadini per le conseguenze

Foto di Francesca Secci

Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato:

L’avvio dei cantieri del Ponte sullo Stretto riporta in primo piano un nodo che Sicilia e Calabria conoscono molto bene: l’acqua. Due regioni che, come l’Eutropia delle Città invisibili di Italo Calvino, vivono in un equilibrio instabile, adattandosi continuamente a condizioni esterne che cambiano. Proprio come, in Eutropia, gli abitanti si spostano da una città all’altra per rinnovare la propria vita e sfuggire alla monotonia e alla scarsità di risorse.

Uno scenario da collana distopica, dove il piano di approvvigionamento idrico per sostenere i lavori divide istituzioni, comitati e comunità locali.

La discussione in merito si intreccia con le difficoltà di territori che da anni convivono con razionamenti e siccità. E mentre la Stretto di Messina spa assicura un surplus di risorse idriche, le voci contrarie temono un impatto pesante sulle forniture cittadine.

Le preoccupazioni per l’approvvigionamento idrico

La questione dell’acqua per i cantieri del Ponte sullo Stretto è diventata uno dei nervi scoperti di Messina. A riportarla in primo piano è il comitato Vogliamo l’acqua dal rubinetto, convinto che l’opera richiederebbe “oltre 5 milioni di litri al giorno” e che un simile prelievo andrebbe a pesare su una rete idrica già fragile e segnata da perdite consistenti.

Dall’altra parte, la società Stretto di Messina ribadisce che la costruzione non inciderà sulla fornitura ai cittadini. Ma per gli attivisti queste sono “fake istituzionali”: dietro le rassicurazioni, sostengono, restano nodi strutturali mai affrontati, come l’endemica carenza d’acqua in Sicilia.

Il cambio di rotta del Comune e il fronte dei “No Ponte”

La polemica ha radici nel 2024, quando il sindaco Federico Basile fu tra i primi a sollevare il problema della disponibilità idrica in città. Oggi la linea dell’amministrazione appare meno ostile, ma quella degli oppositori resta immutata.

Secondo il comitato,

i tre pozzi individuati per fornire acqua ai cantieri fanno parte del piano d’ambito della provincia di Messina e la gran parte (53%) dell’acqua di Messina si perde strada facendo.

Una condizione che, per gli attivisti, rende impossibile garantire il fabbisogno simultaneo di cittadini e lavori.

I numeri forniti dalla società Stretto di Messina spa

La società incaricata dell’opera ha dichiarato però che

Il fabbisogno idrico della città di Messina è pari a 1050 litri al secondo” e che “il fabbisogno dei cantieri è pari a 67 litri al secondo (ovvero il 6% del consumo della città).

Secondo la stessa fonte,

I nuovi campi pozzi approvvigioneranno la città di 160 litri al secondo, quindi molto più del fabbisogno dei cantieri. L’eccedenza, ovvero 93 litri al secondo, già in sede di esecuzione dei lavori, rimarrà a disposizione della città”

Secondo la società, partire con l’opera significherebbe accorciare drasticamente i tempi: lavori che il piano originario prevedeva in dieci anni verrebbero completati in pochi mesi, insieme a interventi mirati per rendere la rete più efficiente, realizzati con il Comune per arginare le perdite.

La posizione degli attivisti

Il comitato ribatte che i numeri diffusi non considerano le dispersioni della rete: secondo i loro calcoli, ai rubinetti dei cittadini arriverebbero in realtà circa 500 litri al secondo, che nei mesi estivi calerebbero di un ulteriore 30% a causa della siccità.

Quindi, i 67 litri al secondo per i cantieri non sarebbero una quota marginale del 6%, ma peserebbero per il 15-20% dell’acqua disponibile. E anche ammesso che dai pozzi si estragga quanto dichiarato, le perdite lungo il percorso ridurrebbero la quantità fruibile a circa 75 litri al secondo, con il rischio di nuovi tagli nelle forniture in caso di carenza.

Stato d’emergenza e ricerca di nuove fonti

Non dimentichiamoci che sia in Sicilia che in Calabria lo stato di emergenza idrica resta in vigore, dopo due anni segnati da siccità eccezionale. Come ha ricordato la sindaca di Villa San Giovanni (uno dei paesi dove alcuni saranno costretti a evacuare dalle proprie abitazioni), Giusy Caminiti, “il presidente Roberto Occhiuto non ha mai revocato l’emergenza”.

Per Caminiti, le rassicurazioni fornite dalla Stretto di Messina non bastano. Dice infatti:

A Villa San Giovanni siamo in una fase di contingentamento: eroghiamo acqua dalle 8 alle 23, mentre nei comuni vicini come Scilla o Reggio la fornitura avviene due volte al giorno in zone diverse.

Il Comune ha richiesto opere preliminari per 135 milioni di euro, comprendenti manutenzione della rete, ricerca di nuovi pozzi e un impianto di desalinizzazione.

Le richieste di Messina

Anche il sindaco di Messina Basile mette l’acqua in cima alla lista delle priorità tra le opere compensative da 434 milioni previste per la città: un tema che, con metà dell’acqua immessa in rete dispersa prima ancora di arrivare ai rubinetti, non è affatto secondario.

Per questo chiede di chiudere il progetto Pnrr da 26 milioni di euro per ridurre le perdite del 15% e di finanziare un ulteriore intervento da 20 milioni per recuperare un altro 15%.

La società prevede nuovi pozzi a nord e a sud, vicino a Forza d’Agrò, ma per il Comune la vera urgenza è mettere mano alla rete esistente, perché ogni litro d’acqua in Sicilia vale quanto l’oro.