Il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non è riuscito a bloccare l’aumento delle tariffe dei pedaggi autostradali. Dal 1° gennaio 2026 scatterà così un rincaro dell’1,5%. Il ministro Matteo Salvini attribuisce la responsabilità alla Corte Costituzionale, parlando di una sentenza che avrebbe “vanificato lo sforzo del ministero”.
L’aumento è legato all’inflazione programmata per il 2026 ed è stato ritenuto legittimo dalla Consulta. Oltre alle critiche del ministro, anche le opposizioni attaccano, ma puntano il dito proprio contro il titolare dei Trasporti. Dal primo gennaio, dunque, i pedaggi autostradali aumenteranno, con effetti che si rifletteranno sui costi di viaggio dei cittadini e sull’autotrasporto. Il rincaro si aggiunge inoltre all’aumento delle accise sul diesel, già entrato in vigore.
Aumento dell’1,5% per i pedaggi: la decisione della Corte
Secondo quanto riportato in una nota del Mit, la sentenza della Corte Costituzionale ha reso impossibile congelare le tariffe in attesa della definizione dei nuovi Piani economico-finanziari delle concessionarie. L’Autorità di regolazione dei trasporti ha quindi determinato che l’adeguamento tariffario all’inflazione per il 2026 sarà pari al +1,5%.
Dal 1° gennaio 2026 l’aumento interesserà tutte le società concessionarie autostradali per le quali è in corso la procedura di aggiornamento dei Pef. Il ministero ha precisato che, alla luce delle decisioni della Consulta e dell’ART, non è più possibile intervenire per evitare l’adeguamento.
La sentenza della Corte, risalente allo scorso ottobre, ha dichiarato costituzionalmente illegittime le norme che avevano rinviato l’adeguamento dei pedaggi tra il 2020 e il 2023, ritenendo tali blocchi in contrasto con gli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione.
In particolare, la Consulta ha accolto il ricorso del Consiglio di Stato, che aveva evidenziato una lesione della libertà d’impresa e dell’utilità sociale.
Dove aumentano i pedaggi
Dal 1° gennaio 2026 l’aumento dell’1,5% interesserà una parte molto ampia della rete autostradale italiana. Si tratta della percentuale standard di adeguamento prevista per il 2026 e riguarda numerose concessioni.
Rientrano in questa fascia di aumento le tratte gestite da:
- Autostrade per l’Italia
- Brescia-Padova
- Autovia Padana
- Salt – Tronco Autocisa
- Consorzio Autostrade Siciliane
- Milano Serravalle
- Tangenziale di Napoli
- Rav
- Sat
- Satap A4
- Sav
- Sitaf
- Fiori – Tronco A6
- Cav
- Asti-Cuneo
Alla stessa percentuale di incremento si aggiungono anche le infrastrutture gestite da CAL S.p.A., ovvero:
- Pedemontana Lombarda;
- TE;
- Brebemi.
Tra gli aumenti leggermente inferiori alla soglia dell’1,5% si segnala l’autostrada del Brennero, per la quale l’adeguamento è pari all’1,46%.
Non registrano invece alcun aumento dei pedaggi:
- Autostrada Alto Adriatico;
- Strada dei Parchi.
La posizione dell’opposizione
Dura la reazione del Movimento 5 Stelle. Il deputato Agostino Santillo parla di “un altro ceffone ai cittadini”, sottolineando come l’aumento dei pedaggi si sommi a quello delle accise sul diesel, con conseguenze dirette sull’autotrasporto.
Secondo Santillo, il ministro Salvini starebbe tentando di scaricare le responsabilità sulla Corte Costituzionale, mentre le decisioni del governo continuerebbero a pesare su cittadini e imprese. Nella critica rientrano anche altri dossier legati alle infrastrutture e ai trasporti, dai ritardi ferroviari ai grandi progetti annunciati.
Dal 1° gennaio 2026, dunque, chi viaggia in autostrada dovrà fare i conti con un aumento dei costi, in un contesto già segnato da rincari sul fronte dei carburanti e del trasporto su gomma.