Inchiesta dell’Antitrust sui “costi occulti” della piattaforma GoFundMe

L'Antitrust sta indagando sulle commissioni richieste dalla piattaforma utilizzata, tra gli altri, anche da Chiara Ferragni e Fedez, totalmente estranei alla vicenda

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato: 25 Marzo 2020 15:07

Un piccolo miracolo quello che Chiara Ferragni e Fedez sono riusciti a realizzare grazie alla potenza dei loro social. Proprio da loro, attraverso un’iniziale donazione di 100mila euro, è partita una campagna di raccolta fondi che ha portato in pochissimi giorni alla realizzazione di un reparto aggiuntivo di terapia intensiva all’ospedale San Raffaele di Milano, dove potranno essere curati i contagiati da Covid-19.

Mentre il Governo Conte ha attivato un piano di emergenza per potenziare il Sistema sanitario nazionale e aiutare i cittadini, le donazioni hanno consentito l’attivazione di una nuova terapia intensiva presso l’ospedale e l’acquisto delle attrezzature necessarie per triplicare i posti letto di terapia intensiva e subintensiva, tra cui ventilatori, dispositivi di ventilazione non invasiva, monitoraggio emodinamico e monitor.

Perché è intervenuta l’Antitrust

Ma, oggi, a reparto ultimato, l’Antitrust vuole vederci chiaro. Le donazioni, arrivate mercoledì 25 marzo a 4 milioni 436mila euro (l’obiettivo era di 4 milioni), fatte da 202mila persone sulla piattaforma GoFundMe, hanno attirato l’attenzione dell’Autorità per la concorrenza.

Il sito gofundme gestisce una piattaforma attraverso la quale è possibile effettuare raccolte di fondi a scopo benefico, il cosiddetto crowdfunding. L’Autorità è intervenuta per “l’esigenza di interrompere la diffusione di una pratica estremamente grave, tale da rendere urgente e indifferibile l’intervento dell’Autorità”.

Ma quale sarebbe questa pratica? Il sito promuove la possibilità di effettuare le donazioni, tra cui molte sono attualmente in favore degli ospedali e reparti ospedalieri delle zone più colpite dall’emergenza Coronavirus, in maniera gratuita e senza costi per il donante. Ma questa gratuità, denuncia l’Antitrust, non è proprio così assicurata. Naturalmente Fedez e Chiara Ferragni sono totalmente estranei alla vicenda, e anzi ne sono rimaste vittime.

In realtà – sottolinea l’Agcm – sussistono costi occulti connessi alle transazioni con carte di credito e debito. Inoltre, la piattaforma consente ai consumatori di elargire, per finanziare il proprio funzionamento, delle commissioni facoltative su ogni transazione.

La prova di QuiFinanza

Anche QuiFinanza ha provato a fare una donazione. Al momento di effettuare la donazione, notiamo in effetti che la commissione è preimpostata sul 10% della somma che vorremmo donare. Solo se il consumatore se ne accorge, la può cambiare, ma tra le diverse opzioni, oltre al 10%, ci sono solo 5 e 15%.

Solo selezionando su “Altro” si può annullare la percentuale e scrivere manualmente zero. Quindi, si può eliminare la commissione, ma bisogna sapere che si può farlo, e come.

gofundme ferragnez coronavirus donazioni

Codacons chiede chiarimenti al San Raffaele

Sulla raccolta fondi avviata dai Ferragnez è intervenuto anche il Codacons, che chiede all’ospedale di precisare se i lavori siano stati eseguiti effettivamente con i soldi raccolti attraverso l’iniziativa di solidarietà lanciata dalla coppia, o se la struttura abbia anticipato di tasca propria le spese per il nuovo reparto, in attesa di ricevere i fondi promessi.

È necessario – spiega il Codacons – fare chiarezza nell’interesse di chi, in buona fede, dona soldi per aiutare la sanità italiana, ed è giusto che sia reso noto quanto dei soldi raccolti da Fedez e Chiara Ferragni sia stato già elargito al San Raffaele ed effettivamente speso, e quanto invece rimanga in mano ai privati.

I soldi pagati dagli utenti, prosegue il Codacons, per la commissione al 10% devono essere immediatamente restituiti ai cittadini: ipoteticamente 400mila euro incassati dal fondo e 116mila euro di spese carte di credito. Intanto il Codacons ha fatto partire un esposto all’Antitrust e alla Procura della Repubblica di Milano in cui si chiede di bloccare tutte le raccolte fondi ingannevoli o che applicano commissioni nascoste o equivoche agli ignari donatori.