Leadership Ue e Green Deal: un problema di investimenti e mercato dei capitali

Una analisi di Scope Ratings mette in luce lo scenario che si è aperto dopo le elezioni e l'importanza che si arrivi presto all'Unione del Mercato dei Capitali in Europa

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Redazione

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La maggioranza von der Leyen ha resistito all’onda d’urto delle elezioni europee si sta riorganizzando all’interno dell’Europarlamento, a dispetto dell’ascesa delle destre e della frammentazione politica che ne è conseguita. Un fattore determinante in vista degli enormi investimenti richiesti per portare avanti gli obiettivi del Green Deal (transizione energetica e digitale) e per garantire alla Ue competitività sui mercati internazionali. Investimenti che saranno garantiti da ingenti emissioni di debito pubblico ed anche da finanziamenti privati, ma questo richiede di vincere la sfida dell’Unione del Mercato dei Capitali.

Una analisi di Scope Rating, l’agenzia di rating europea, mette in evidenzia le principali cause che alimentano il gap degli investimenti e le possibili soluzioni all’indomani delle elezioni europee. Il  report, a cura di Eiko Sievert e Tom Giudice, Sovereign and Public Sector, mette in luce tre variabili determinanti.

Il gap negli investimenti

E’ previsto che le emissioni di debito in UE aumentino di dieci volte a 1.000 miliardi di euro entro la fine del 2026, a fronte di meno di 100 miliardi del 2019, confermando il sostegno finanziario dell’UE in risposta alle recenti crisi (pandemica, inflazionistica e geopolitica).

Nonostante l’esplosione delle emissioni pubbliche, si stima ancora un gap di investimenti di 500 miliardi di euro per finanziare gli ambiziosi obiettivi della doppia transizione e del recupero di competitività dell’UE.

Per questo, Scope rating ritiene che, per colmare il divario, occorrerà un mix di investimenti pubblici e privati, compresi partenariati pubblico-privati su larga scala, la futura emissione di debito comune e la mobilitazione diretta di capitali privati. Questo non potrà prescindere dalla Capital Market Union (CMU)cioè l’unione del mercato die capitali, unica chance per mobilitare siffatti investimenti.

Il peggioramento delle finanze pubbliche

Lo spauracchio di una nuova crisi del debito, in tale situazione, sarebbe dietro l’angolo, come confermato la scorsa settimana dal rapido aumento degli Spread in tutta Europa e soprattutto nei Paesi più “fragili”, come la Francia e quelli a più alto debito pubblico. Las tripla crisi pandemica, economica e geopolitica ha infatti richiesto sforzi sovrumani ai Paesi della UE e peggiorato la situazione dei conti pubblici anche in economie che prima non vivevano questa piaga.

Se prima del Covid i fanalini di coda in termini di rapporto PIL/Debito pubblico, in Europa, erano gli stati “periferici” e meridionali, come la Grecia (con un debito al 155% del PIL), l’Italia (140% del PIL) e la Spagna (105%), adesso anche economie centro-europee stanno soffrendo la piaga di un elevato debito pubblico, come la  Francia (112%) ed il Belgio (106%).

Procedure per disavanzo eccessivo stanno per essere annunciate per circa 11 paesi europei, fra cui Italia, Francia, Belgio e Spagna. E’ ovvio che in questa situazione urge un consolidamento fiscale, che però limiterebbe il finanziamento pubblico degli  investimenti. L’attuazine di una riforma fiscale sarà quindi fondamentale, poiché il mancato rispetto degli obiettivi a medio termine potrebbe anche escludere i paesi ad alto debito da altri meccanismi di sostegno alla crisi come il Transmission Protection Instrument della BCE.

L’urgenza di una Capital Markets Union

Un deterioramento eccessivo delle finanze pubbliche potrebbe legare le mani alle principali potenze europee impedendogli di investire. Ecco perché, secondo  Scope Ratings, occorre implementare un mercato dei capitali stabile, competitivo e soprattutto partecipato non solo dalle finanze pubbliche e dagli investitori privati, ma anche dagli stessi cittadini e dalle aziende.

E’ infatti una particolarità delle imprese europee ricorrere soprattutto al canale bancario e solo il 10,7% dei fondi raccolti proviene dal mercato dei capitali. E, sebbene esistano chiare differenze tra gli Stati membri, con una quota maggiore in Francia (17%) e Germania (9%), l’UE nel complesso è in ritardo rispetto ai paesi che beneficiano di mercati dei capitali più profondi, come il Regno Unito e gli Stati Uniti, dove più di un quarto del finanziamento aziendale proviene da emissioni obbligazionarie o azionarie.

Nello stesso tempo, il risparmio delle famiglie, seppur ingente, non viene canalizzato nei mercati finanziari per sostenere imprese ed economia e sceglie impieghi più tradizionali. Gli investitori privati infatti investono nel mercato die capitali una cifra pari solo al 90% del PIL,  fatta eccezione per paesi come Danimarca (187%) e Paesi Bassi (174%). Cifre significativamente inferiori a quelle del Regno Unito (182%), dove le famiglie investono in prodotti assicurativi e pensionistici, e molto indietro rispetto agli Stati Uniti (311%), dove le famiglie detengono una quota elevata delle loro attività finanziarie in titoli quotati, fondi azionari e di investimento.

L’incognita Francia

Le elezioni europee, come noto, hanno portato in auge le destre un po’ ovunque in Europa, ma in Francia il Rassemblement National di Marine Le Pen ha addirittura messo in crisi la Presidenza di Macron che si è visto costretto ad indire elezioni-lampo. Come potrà condizionare questo la politica economica francese?

Secondo Scope Ratings, le elezioni francesi di luglio potrebbero aumentare e ridurre la capacità del governo di affrontare le sfide più urgenti in materia di credito, tra cui il consolidamento delle finanze pubbliche. Si prevedono tre scenari: 1) Vittoria di Macron: un tale risultato sosterrebbe moderatamente lo slancio delle riforme, in stallo da quando il partito di Macron e i suoi alleati hanno perso la maggioranza assoluta in parlamento nel 2022, anche se la diversità delle priorità politiche tra i potenziali partner della coalizione potrebbe mettere in discussione la capacità del Presidente francese di creare consenso sulle riforme che il governo dovrebbe perseguire. 2) Mantenimento dello status quo senza maggioranza: l’impatto sullo slancio riformatore potrebbe essere neutro, poiché il capitale politico utilizzato da Macron per indire le elezioni lampo sarebbe bilanciato dalla riconquistata legittimità del suo programma politico, anche se la mancanza di una maggioranza assoluta rimarrebbe un vincolo importante per il partito presidenziale, con un impatto limitato sulla capacità di attuare le riforme. 3) Coabitazione: un simile scenario, in cui Macron deve lavorare con un primo ministro del Rassemblement National, porterebbe probabilmente a uno stallo politico fino alle prossime elezioni presidenziali e potrebbe aumentare il rischio di politiche poco favorevoli alle imprese e/o di un ulteriore allentamento fiscale nel breve termine.