Tracce di glifosato in 4 marche di pasta italiane: è pericoloso?

La rivista svizzera K-tipp ha pubblicato i risultati di un test condotto su 18 pacchi di pasta. Tra questi, ben 4 marchi italiani sono risultati avere tracce di glifosato. Dobbiamo preoccuparci?

Alcuni di voi hanno scritto a QuiFinanza in queste ore per avere chiarimenti in merito alla notizia riportata un po’ ovunque relativa alla scoperta di tracce di glifosato in alcuni tipi di pasta. Iniziamo col dire che purtroppo non si tratta di una fake news, ma è tutto confermato.

La rivista svizzera K-tipp ha pubblicato i risultati di un test condotto su 18 pacchi di pasta, di cui 13 prodotti da agricoltura convenzionale e 5 da biologica: l’obiettivo della ricerca era proprio scoprire se fossero presenti tracce di glifosato. Le analisi in laboratorio hanno trovato residui in 10 dei 13 prodotti convenzionali testati. Si tratta di quantità non elevate che non superano i limiti di legge, ma “ciò non significa che le sostanze siano salutari”, precisa di K-tipp.

Cos’è il glifosato: è pericoloso?

Cerchiamo di capire cos’è il glifosato, cosa può provocare e se è pericoloso, e quali marchi di pasta sono coinvolti. Come si può leggere sul sito dell’AIRC-Associazione Italiana Ricerca sul Cancro, il glifosato è l’erbicida più diffuso al mondo, perché particolarmente efficace e meno tossico rispetto ad altri simili prodotti disponibili quando è stato messo in commercio.

Uno studio del 2012 sul glifosato somministrato ai top sembrava averne dimostrato la cancerogenicità. Tuttavia, l’articolo è stato in seguito ritrattato per problemi di metodo e i dati non sono mai stati replicati in studi di qualità superiore. Dopo un’attenta analisi, la IARC di Lione ha classificato il glifosato nel cosiddetto “gruppo 2A”, tra i probabili cancerogeni.

In questa stessa categoria, per intenderci, sono presenti quasi un centinaio di agenti, tra cui, a titolo di esempio, il DDT, gli steroidi anabolizzanti, le emissioni da frittura ad alta temperatura, le carni rosse (qui tutti i “medicinali” che si trovano di fatto nelle carni che mangiamo), le bevande bevute molto calde e le emissioni prodotte dal fuoco dei camini domestici alimentati con biomasse, soprattutto legna. In pratica, tutte sostanze per cui ci sono prove limitate di cancerogenicità negli esseri umani, ma dimostrazioni più significative nei test con gli animali.

Le autorità internazionali hanno espresso giudizi più rassicuranti, ma hanno previsto comunque misure di cautela in merito al glifosato, come il divieto di utilizzarlo in aeree densamente popolate o la necessità di riesaminare i livelli massimi di residui di questa sostanza che per legge possono essere presenti dentro e sopra gli alimenti.

Nel 2015, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha condotto un’altra valutazione tecnica secondo la quale “è improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per gli esseri umani”. In ogni modo l’EFSA ha disposto “nuovi livelli di sicurezza che renderanno più severo il controllo dei residui di glifosato negli alimenti” come misura di cautela.

Queste conclusioni sono state oggetto di critiche, finché nel 2016 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e l’Organizzazione delle nazioni unite per il cibo e l’agricoltura (FAO) hanno condotto un’analisi congiunta giungendo anche loro alla conclusione che “è improbabile che il glifosato comporti un rischio di cancro per gli esseri umani come conseguenza dell’esposizione attraverso l’alimentazione”.

Come riporta ancora l’AIRC, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), e cioè l’autorità che è competente per la legge sulla classificazione e l’etichettatura delle sostanze e delle miscele, classifica il glifosato come una sostanza che può provocare lesioni oculari e come sostanza tossica per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata. Nel 2017 il Comitato per la valutazione dei rischi dell’ECHA concluse però che in base alle prove scientifiche disponibili al tempo, il glifosato non soddisfaceva i criteri per essere classificato come cancerogeno, mutageno o tossico per la riproduzione.

Più recentemente l’EFSA ha rivisto i livelli massimi di residui (LMR) di glifosato, cioè la concentrazione massima ammissibile di residui di antiparassitari presente all’interno degli alimenti o sulle loro superfici, basata sulle buone pratiche agricole e calcolata in modo che anche i consumatori più vulnerabili siano protetti da eventuali effetti negativi.

L’ok al suo utilizzo come erbicida è stato poi reintrodotto nell’Unione europea nel 2017 fino al 2022, con alcune limitazioni, tra cui il divieto di avere nella stessa formulazione glifosato e ammina di sego polietossilata. L’approccio dei Paesi è diverso: la Francia sta cercando ad esempio di eliminarlo completamente, mentre l’Olanda ne vieta la vendita ai privati per uso casalingo.

Dove non può essere usato in Italia

In Italia dal 2016 il glifosato non si può più usare nelle aree “frequentate dalla popolazione o da gruppi vulnerabili quali parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bimbi, cortili e aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie”.

Inoltre, i prodotti che contengono ammina di sego polietossilata accoppiata al glifosato, combinazione che secondo il rapporto dell’EFSA potrebbe essere responsabile degli effetti tossici sugli esseri umani, sono stati ritirati dal commercio nel novembre del 2016, e vietati dal 1° marzo 2017.

“Il caso del glifosato rappresenta – conclude l’AIRC – al momento attuale, un buon esempio di sospetta cancerogenicità non sufficientemente dimostrata, nei confronti della quale le istituzioni hanno deciso di mettere in atto il principio di precauzione: non vietarne del tutto l’uso (mossa che potrebbe avere effetti negativi sulla produzione agricola) ma istituire limiti e controlli nell’attesa di ulteriori studi”.

Le marche di pasta in cui sono state trovate tracce di glifosato

Ma quali sono i marchi di pasta in cui i ricercatori svizzeri hanno trovato tracce di glifosato? Ci sono anche dei marchi italiani?

La risposta purtroppo è sì. In ben 4 marche storiche vendute anche in Italia sono stati rinvenuti residui di glifosato, ecco in quali:

  • Agnesi (pacco di pasta analizzato: tagliolini)
  • Divella (pacco di pasta analizzato: spaghetti);
  • Garofalo (pacco di pasta analizzato: spaghetti);
  • Lidl Combino (pacco di pasta analizzato: tagliatelle).

Qui vi abbiamo spiegato perché presto potremmo rischiare di dover dire addio alla “pasta italiana” e cosa significa.