La Sanità italiana continua a evidenziare condizioni allarmanti. Il quadro dipinto dai dati provvisori sui Lea, ovvero Livelli essenziali di assistenza, sono estremamente gravi. Il riferimento va al 2022, che ha visto appena 9 Regioni su 21 riuscire a garantire le cure mediche essenziali ai propri cittadini. Per il resto, che rappresenta più della metà del suolo italiano, non è riuscito a raggiungere quello che viene considerato il livello di sufficienza. Di seguito vediamo nel dettaglio quali sono i dati, in che modo interpretarli e, purtroppo, la classifica delle Regioni maggiormente in affanno.
Sanità: i dati sono allarmanti
Quelli in possesso del ministero della Salute sono dati preliminari, è bene sottolinearlo. Non lasciano però presagire nulla di buono, anzi. Il tutto è stato anticipato da Quotidiano Sanità, evidenziando la situazione in cui versa la nostra sanità pubblica.
Tre i macro indicatori analizzati, attraverso i quali sono state valutate Regioni e Province autonome. Si parla di prevenzione, ospedale e territorio. Ben 12 i casi in cui non si è riusciti a garantire uno standard minimo di assistenza nel 2022. Un dato in peggioramento rispetto al 2021, nonostante si fosse al tempo in piena pandemia (che garantiva però aiuti extra e imponeva ai cittadini di restare maggiormente in casa, evitando ospedali e cliniche il più possibile).
La classifica della Sanità italiana
Nella parte alta della classifica troviamo il Veneto, seguito dall’Emilia-Romagna e dalla Toscana. Ecco il podio della Sanità virtuosa in Italia, per quanto concerne l’erogazione delle cure mediche essenziali.
Hanno fatto registrare numeri convincenti anche la Lombardia e la Provincia autonoma di Trento. Come detto, però, il novero di Regioni in positivo, sotto quest’aspetto, è nove. Spazio dunque a Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche e Puglia.
Non sono invece riuscite a raggiungere lo standard minimo in termini di prevenzione la Provincia autonoma di Bolzano, la Liguria, il Lazio, l’Abruzzo e il Molise. La situazione si aggrava invece per Piemonte, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. In questi casi, infatti, sono due le macro-aree di riferimento in cui si registra un fallimento.
Italia spaccata in due
Il divario tra Nord e Sud appare evidente e sostanziale anche sotto quest’aspetto. Esistono di certo delle eccezioni, ma occorre guardare a quella che risulta essere una sorta di regola generale. Gli strappi alla norma sono principalmente Puglia e Piemonte. La prima infatti risulta nell’elenco dei virtuosi. La seconda, invece, è addirittura in quello di chi ha fallito l’appuntamento con due categorie di riferimento.
In linea generale, però, i punteggi più alti appartengono al Centro-Nord, così come le insufficienze al Sud, quasi totalmente. Un segnale chiaro, che si aggiunge all’annosa questione lavorativa. L’Italia è sempre più unita sulla carta e strappata nel mondo reale.
Tutto ciò porta a riflessioni amare per quanto riguarda i progetti del governo di Giorgia Meloni per il futuro prossimo del Paese. Il riferimento va ovviamente all’Autonomia differenziata. Come potrebbe ciò garantire vantaggi se, stando alla fondazione Gimbe, già oggi tantissimi cittadini meridionali sono costretti a recarsi fuori Regione per ricevere cure mediche specifiche appropriate.