Dopo due anni di pandemia di Covid siamo abituati a leggere buone e cattive notizie che riguardano l’infezione, spesso insieme. Questo è uno di quei casi, con una nuova serie di sintomi che finora erano rilevati in bassissime percentuali, e che ora sarebbero in aumento a causa della diffusione di Omicron 5. Tuttavia sembra che il virus sia mutato ulteriormente e causi meno spesso effetti a lungo termine, nonostante gli scienziati siano attualmente divisi su questo punto. Ma andiamo per ordine.
Cosa sta succedendo in Italia con la nuova ondata di Omicron 5
Le sottovarianti di Omicron BA.4 e BA.5, meglio note come Omicron 4 e Omicron 5, sono diventate dominanti in molti Paesi, come gli Stati Uniti, e si apprestano a farlo anche in Italia, dove stiamo assistendo a una nuova ondata. Questa è la versione del virus più contagiosa di sempre, come dimostrano i dati.
Negli ultimi bollettini del Ministero della Salute e della Protezione Civile, i nuovi contagi hanno superato quota 100 mila, con il tasso di positività intorno al 30%. Ogni giorno risulta positivo quasi un italiano su tre che decide di fare il tampone in farmacia, in ospedale, negli studi medici e nei centri analisi. Ed è facile immaginare che tanti sintomatici, temendo l’isolamento, nascondano il risultato dei test casalinghi o non si sottopongano ad alcun esame.
Anche la curva di ricoveri e decessi è in lenta risalita, e le autorità nazionali iniziano a parlare della reintroduzione delle misure anti contagio, come l’obbligo di indossare la mascherina in tutti gli spazi pubblici chiuso. Un ritorno alle origini che non piace agli italiani, ma che potrebbe diventare necessario davanti a un’ondata sempre più fuori controllo che potrebbe peggiorare con la fine dell’estate. Qua le regioni dove il virus corre e infetta di più.
Omicron 5, dopo i leciti dubbi iniziali, era stata salutata dalla stampa come l’attesa sottovariante della “raffreddorizzazione“, quella cioè che avrebbe dovuto portare il Sars-Cov-2 a causare un banale raffreddore o comunque sintomi talmente lievi da rendere obsoleti l’isolamento e il tracciamento dei contatti stretti. L’ottimismo è scemato in fretta di fronte ai numeri che arrivano dagli ospedali che non accennano a scendere, ma qualcosa è effettivamente cambiato.
Quali sono i nuovi sintomi anomali della sottovariante Omicron 5
Il grande successo della campagna vaccinale da una parte e le continue mutazioni del virus dall’altra, hanno modificato radicalmente il Covid. Il virus è oggi più contagioso – è in grado di eludere la protezione fornita dalla profilassi e dalle precedenti infezioni – e si diffonde con maggiore velocità, ma i suoi effetti sull’organismo, a breve e a lungo termine, sembrano molto diversi da quelli dell’inizio della pandemia.
Oggi i sintomi a carico delle basse vie respiratorie, cioè bronchi e polmoni, sono meno frequenti. Non sono spariti, ed è necessario sottolinearlo, ma è giusto anche rilevare che chi si infetta in questo periodo sviluppa con più frequenza febbre, anche alta, ma in genere solo per alcuni giorni, congestione nasale e mal di gola. È diventata meno frequente la perdita di gusto e olfatto, spia della prima ondata di contagi.
Ci sono altri sintomi di cui si parla però molto poco. Si tratta della stanchezza e dei dolori muscolari e articolari, già presenti dal giorno zero del contagio e oggi in crescita. Sono sempre di più i pazienti che lamentano mialgie, in particolare a carico delle gambe, con quadri non troppo distanti da quelli della fibromialgia – anche il Covid, oltre ai dolori, può causare la fog, la nebbia mentale che rende difficili i ragionamenti – e della sindrome delle gambe senza riposo.
Dolori localizzati alle ginocchia, alle cosce e ai polpacci sembrano essere tra i sintomi più caratteristici di questa nuova ondata. Ma non vengono segnalati immediatamente al medico di famiglia, né vengono presi in considerazione dai pazienti come spia del Covid, nonostante appaiano spesso prima della febbre e del mal di gola.
Omicron 5, meno casi di long Covid: la conferma dello studio inglese
Sono effetti già noti, dicevamo, dell’infezione da Sars-Cov-2, e che spesso continuano a presentarsi nei pazienti ben oltre il periodo di contagio. Tra le conseguenze peggiori della malattia c’è infatti il long Covid, una sindrome caratterizzata dalla presenza di sintomi caratteristici del virus nonostante la negativizzazione del paziente.
La buona notizia è che la variante Omicron e le sue sottovarianti, secondo quanto riporta uno studio condotto al King’s College di Londra, causerebbe sempre meno spesso il long Covid. Gli scienziati inglesi hanno scoperto, usando i dati raccolti attraverso l’applicazione di monitoraggio Zoe, che le probabilità di sviluppare la sindrome post contagio sono molto diverse dal passato.
Tra i cittadini del Regno Unito, durante l’attuale ondata di Omicron, sarebbe stata riscontrata un’incidenza di long Covid tra il 20% e il 50% inferiore rispetto al periodo in cui la variante dominante era la Delta. Anche se l’età e lo stato vaccinale sembrano influire particolarmente su questa casistica. I vaccinati con almeno due dosi di preparato appaiono più protetti da questo effetto della malattia.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet, mostra comunque che il numero di pazienti long Covid è in costante crescita. Nonostante l’incidenza inferiore, infatti, i casi di contagio sono aumentati esponenzialmente anche nel Regno Unito, e i malati a lungo termine che si sono infettati con Omicron e le sue sottovarianti, come la BA.4 e la BA.5, rappresentano quasi un quarto del totale.
Meglio dunque non abbassare la guardia, e continuare a osservare tutte le regole anti contagio che abbiamo imparato in questi due anni di pandemia, usando le mascherine, magari le Ffp2 al posto di quelle chirurgiche, in caso di assembramenti o situazioni di rischio, igienizzando frequentemente le mani e le superfici, e osservando quando possibile il distanziamento sociale.
Se è vero infatti che oggi conosciamo meglio il virus, è necessario sottolineare ancora una volta che gli effetti del Sars-Cov-2 sul nostro organismo potrebbero essere più devastanti di quello che immaginiamo, con sintomi che potrebbero insorgere anche a distanza di anni, o durare, come stiamo vedendo, anche per settimane o mesi dopo il contagio. E attenzione ai sintomi “anomali” come i dolori muscolari e articolari: potrebbero essere spia dell’avvenuta infezione.
E mentre in Italia affrontiamo la Omicron 5, all’estero è già stata individuata una nuova sottovariante, di cui ancora sappiamo poco, come spiegato qua. Il virus, insomma, sta continuando a mutare, e non è detto che non emergano varianti più “cattive”. Ne abbiamo parlato qui.