Micotossine nei formaggi: ecco quali e cosa c’è da sapere

L'ocratossina e la sterigmatocistina finiscono al centro di una ricerca dell'Università Cattolica di Piacenza, col coinvolgimento dei consorzi Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Quali rischi per i consumatori?

Dopo l’allarme per fitofarmaci e pesticidi in alcuni prodotti alimentari (di cui abbiamo parlato qui), il cibo torna al centro delle preoccupazioni dei consumatori. Negli ultimi giorni è balzata agli onori delle cronache la notizia di due micotossine individuate in alcuni formaggi in vendita nei supermercati.

La scoperta è stata resa nota da uno studio dell’Università Cattolica di Piacenza, pubblicato sulla rivista scientifica Toxins. Ecco cosa affermano gli esperti.

I formaggi e le tossine “nel mirino”

Le tossine sono state rilevate in formaggi da grattugiare del tipo “grana”. Si tratta dell’ocratossina e della sterigmatocistina, entrambe prodotte da muffe microscopiche del genere penicillium e aspergillus. Dalla ricerca emerge una presenza nelle confezioni rispettivamente del 48,6% e del 94,4%. A condurre i test sono stati il professor Terenzio Bertuzzi e il suo team del Dipartimento di Scienze Animali, degli Alimenti e della Nutrizione.

Non esiste al momento un limite massimo di concentrazione negli alimenti per le due sostanze. O, meglio, non esistono per la sterigmatocistina, considerata una sostanza tossica sostanzialmente “nuova” per l’Ue. Per l’ocratossina invece esistono già parametri specifici autorizzati, che variano a seconda dei cibi considerati: si va da 3 ai 10 e ai 15 microgrammi per chilo rispettivamente per cereali (e derivati), uvetta e spezie (maxi ritiro di cibo prima di Natale: i prodotti segnalati).

I ricercatori hanno preso in esame 107 campioni, osservando “alcuni microgrammi di micotossine per chilo di grattugiato”. Si tratta di livelli che, “solo 15 anni fa con gli strumenti analitici del tempo, non sarebbero stati rilevati”, ha spiegato Bertuzzi. La ricerca ha ricevuti finanziamenti “d’eccezione”, stanziati direttamente dai consorzi Grana Padano e Parmigiano Reggiano.

Il parere degli esperti: quali rischi per i consumatori?

Andando subito al punto: le quantità di tossine registrate nei formaggi in commercio non sono considerate pericolose dagli esperti. Il loro consumo può però “essere sommato a quello presente in altri alimenti come cereali e derivati, caffè, legumi, cacao, frutta secca, vino, birra, salumi stagionati e uvetta. Bisogna quindi considerare l’assunzione complessiva, l’importante è consumare cibi acquistati solo in negozi e supermercati autorizzati dove i controlli sono scrupolosi”, hanno sottolineato gli scienziati. Nel complesso, insomma, il rischio per il consumatore risulta minimo.

Intervenendo a Gusto, Bertuzzi ha ribadito: “Se tutti i prodotti che noi consumiamo sono di qualità, il rischio per la salute non c’è. Ma è sempre importante acquistare alimenti da fonti sicure italiane ed europee. L’Ue, infatti, effettua controlli regolari e molto efficienti, nel corso dell’anno ci sono molte allerte che riguardano prodotti extra europei. Noi siamo inseriti in un sistema sicuro, per questo è importante evitare acquisti che passano da vie non ufficiali”.

Il nodo delle muffe sui formaggi

Quello delle muffe è un problema “annoso” quando si parla di formaggi. Com’è noto, questo tipo di alimenti si presta spesso e volentieri alla crescita di muffe microscopiche sulla superficie. E molte eccellenze italiane, soprattutto frutto di lunghe stagionature, lo dimostrano. Per il Grana Padano si parla ad esempio di un minimo di 9 mesi di “invecchiamento”, durante i quali le spore possono depositarsi sulla superficie delle forme.

In presenza di condizioni ottimali di umidità e temperatura all’interno dei depositi, alcune muffe sono in grado di moltiplicarsi e produrre dei metaboliti tossici chiamati micotossine (da “mykos”, cioè “fungo”). L’ocratossina è tra le micotossine più note e diffuse nei formaggi, mentre la presenza di sterigmatocistina è una novità. Il problema di queste due sostanze riguarda solo i grattugiati, che rappresentano circa un quarto di tutto il grana prodotto e venduto in Italia. Il motivo è presto detto: nelle confezioni che finiscono sugli scaffali del supermercato finisce grattugiata anche la crosta (per un massimo del 18%, sempre per quanto riguarda il grana).