Norovirus e virus dell’epatite A, come si trasmettono, come si manifestano e come si prevengono

Questi ceppi virali possono provocare sintomi soprattutto a carico dell’apparato digerente, pur se a volte l’infezione decorre praticamente senza sintomi. Il vademecum per affrontarli

Foto di Federico Mereta

Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 8 Aprile 2024 16:21Aggiornato: 26 Agosto 2024 14:44

I ceppi virali del norovirus e del virus dell’epatite A possono provocare sintomi soprattutto a carico dell’apparato digerente, pur se a volte l’infezione decorre praticamente senza sintomi. Ma come si trasmettono questi virus? Come si possono affrontare i sintomi, considerando che non esistono terapie antivirali specifiche? E soprattutto, si può puntare sulla prevenzione?
Sulla base di informazioni presenti sul sito epicentro dell’Istituto superiore di sanità e ricerche scientifiche, ecco un vademecum per conoscere meglio questi invisibili nemici della salute.

Cos’è e come si trasmette il virus dell’epatite A

Quello dell’epatite A è uno dei tanti pericoli che si possono nascondere nei cibi. La malattia è causata da un virus a RNA che resiste fino a temperature di 60 gradi, ma per fortuna viene distrutto dall’ebollizione. Nell’acqua di mare può sopravvivere anche per due mesi e questo spiega il motivo del rischio che si corre mangiando molluschi e frutti di mare crudi provenienti da zone non controllate.

In generale gli altri alimenti potenzialmente inquinati sono le verdure crude, l’acqua e il latte non pastorizzato. Inoltre può essere a rischio il contatto diretto con le mani di una persona che ha appena sofferto l’infezione, mentre è altamente improbabile il passaggio del virus attraverso il sangue, perché il virus rimane nel sangue circolante solo una settimana.

Il virus entra generalmente nel corpo attraverso i cibi e viene eliminato con le feci. Attraverso la vena porta giunge al fegato, dove si moltiplica causando la morte di numerose cellule. Poi viene eliminato con la bile ed entra nell’intestino dove viene espulso con le feci che possono infettare.

Quali sintomi provoca e come si previene l’epatite A

Normalmente l’infezione è benigna e tende ad autolimitarsi nel tempo, anche se la durata della malattia può variare tra i due e i dieci mesi. Il virus ha infatti un periodo di incubazione media di un mese. Trascorsa questa fase possono comparire i segni della malattia: debolezza, sensazione di malessere e a volte anche febbre con punte massime anche di 39 gradi. Questi sintomi, peraltro non sempre presenti, si accompagnano a un innalzamento dei valori delle transaminasi (particolari enzimi epatici) e della bilirubina, una sostanza che viene prodotta dalla distruzione dell’emoglobina presente nei globuli rossi.

Non esistendo una terapia specifica per il virus, il trattamento mira a controllare i sintomi e i segni dell’infezione, specie se si presenta una forte sofferenza del fegato. Per la prevenzione esiste un vaccino, che può essere somministrato anche insieme a quello contro l’epatite B, risulta protettivo dopo circa un mese dalla prima somministrazione ed è molto efficace.

Ovviamente per le indicazioni occorre chiedere al medico ma in generale la vaccinazione è consigliata a chi viaggia molto o si trova in zone a rischio elevato per carenze igieniche nella preparazione degli alimenti, oltre che agli operatori di mense e aziende produttrici di cibi. Più in generale, comunque, la vaccinazione è maggiormente consigliata per gli adulti perché si è visto che nei bambini più frequentemente l’infezione decorre senza dare segni clinici apprezzabili.

Cos’è e come si trasmette il norovirus

I norovirus sono virus a RNA e vengono considerati tra i responsabili più comuni di gastroenteriti acute di natura non batterica. Tra questi ceppi uno dei più comuni è il cosiddetto virus di Norwalk, così chiamato per la comparsa di una gravissima epidemia nell’omonima città dell’Ohio verso la fine degli anni del secolo scorso.

Per la sua capacità di diffondersi in ambienti chiusi, il norovirus tende a creare microepidemie in strutture come le case di riposo o in ambito scolastico. A volte accade anche che ci siano casi concentrati su navi da crociera. Va detto che la trasmissione interumana o attraverso l’ambiente è estremamente semplice, visto che si tratta di un ceppo virale altamente infettivo.

In genere quindi il virus si trasmette da persona a persona, per via orofecale o attraverso il respiro, attraverso acqua o cibo infetti e, visto che riesce a sopravvivere a lungo nell’ambiente, anche attraverso il contatto con superfici contaminate. Più spesso comunque l’infezione si trasmette attraverso alimenti (ad esempio frutti di mare crudi, insalate, frutti di bosco, acqua contaminata, cibi freddi) o comunque con acqua contaminata.

Quali sintomi provoca e come si previene l’infezione da norovirus

Come riporta il sito dell’Istituto Superiore di Sanità “il periodo di incubazione del virus è di 12-48 ore, mentre l’infezione dura dalle 12 alle 60 ore. I sintomi sono quelli comuni alle gastroenteriti, e cioè nausea, vomito, soprattutto nei bambini, diarrea acquosa e crampi addominali. In qualche caso si manifesta anche una leggera febbre. La malattia non ha solitamente conseguenze serie e la maggior parte delle persone guarisce in 1-2 giorni senza complicazioni”.

Tutto questo serve a far comprendere come il trattamento sia sintomatico, mirato a contrastare nausea e diarrea. Ma queste modalità di presentazione rivelano anche come occorre prestare attenzione al rischio di disidratazione, in particolare per i bambini molto piccoli, per gli anziani e per chi soffre di patologie croniche del metabolismo o dell’apparato cardiovascolare. In questi casi occorre quindi assumere liquidi in quantità, integrando con soluzioni saline per compensare il rischio di un calo drastico dei liquidi e dei sali minerali.

Purtroppo non ci sono vaccini specifici per il norovirus né si pensa che esista un’immunità protratta nel tempo. Per questo il virus può contagiare una stessa persona più volte nella vita.

Le indicazioni dell’OMS per ridurre i rischi di tossinfezioni alimentari

Oltre all’uso di acqua pura o comunque bollita, ecco le regole più importanti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità:

  • scegliere alimenti che sono stati trattati per renderli sicuri (lavare bene l’insalata, consumare latte pastorizzato e pollame fresco o congelato)
  • cuocere a fondo i cibi (solo la cottura completa distrugge i germi della carne. Bisogna arrivare a 70 gradi in ogni parte del pollame)
  • consumare subito i cibi cotti (mentre raffreddano, i microbi si sviluppano e il pericolo sale con il passare delle ore)
  • conservare bene i cibi cotti (se dovete usarli dopo più di cinque ore, portateli almeno a 60 gradi o a meno di 10)
  • riscaldare bene i cibi già cotti (l’alimento deve essere portato a 70 gradi per distruggere i germi eventualmente sviluppatisi)
  • non avvicinare cibi cotti e crudi (i germi del crudo possono svilupparsi nel cotto, ad esempio con la carne di pollo cruda)
  • non usare lo stesso coltello per carni crude e cotte (il rischio di trasmissione di germi esiste)
  • lavarsi le mani spesso (almeno dopo aver manipolato carni e pesce crudi oppure dopo contatto con animali domestici)
  • pulire bene la cucina (strofinacci, briciole e avanzi possono mantenere germi)
  • chiudere ermeticamente gli alimenti (per evitare contatti con insetti o altri animali).