La stagione influenzale volge al termine, complice anche il clima. Lo testimoniano i numeri riportati dal sistema di sorveglianza RespiVirNet dell’Istituto Superiore di Sanità. Nella settimana di Pasqua sono stati oltre 300.000 gli italiani messi a letto da sindromi simil-influenzali, anche se sono stati 25mila in meno rispetto alla settimana precedente. I numeri comunque dicono che a fare le spese del virus più classico della stagione invernale e dell’inizio della primavera sono stati i bambini, con 15,30 casi per mille.
Mentre si fanno i conti su quanto avvenuto, si pensa già al futuro. E si propongono i ceppi che saranno contenuti nei vaccini che verranno commercializzati nel prossimo autunno. A fare le “previsioni” è l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), sulla base dei dati della Rete sentinella mondiale di sorveglianza dell’influenza.
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Fondamentale iniziare lo sviluppo dei vaccini
L’Oms ha quindi stabilito la composizione vaccinale per il prossimo autunno. E a settembre farà la stessa cosa per l’emisfero australe al fine di continuare l’aggiornamento del vaccino in modo che sia il più vicino possibile ai virus circolanti.
“Questa anticipazione è necessaria perché da questo momento le aziende produttrici potranno iniziare a sviluppare i vaccini antinfluenzali da commercializzare a partire dall’autunno 2024 e che ogni anno necessitano di una rivalutazione dal punto di vista della sicurezza e dell’efficacia, anche se si tratta ormai di tecnologie consolidate – spiega Fabrizio Pregliasco, Direttore scientifico di Osservatorio Influenza, Direttore della scuola di specializzazione in igiene e medicina preventiva dell’Università degli studi di Milano e Direttore sanitario d’azienda dell’IRCCS ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio di Milano”.
Un vaccino su misura
Ovviamente non tutti i vaccini sono uguali. È fondamentale pensare a preparati indicati per le diverse età della vita e soprattutto con caratteristiche specifiche in base al tipo di soggetto cui vengono somministrati, sia per età che per stato di salute generale e fragilità. In questo modo si punta a massimizzarne l’efficacia anche in funzione delle caratteristiche del soggetto, efficacia che riesce sicuramente a evitare gli effetti più pesanti della malattia come il rischio di decesso nonostante, come ben noto, non si possa parlare di un’efficacia del 100%. Su questo incide anche il fatto che a volte, quando parliamo genericamente di influenza, mettiamo in conto anche sintomi legati a un cocktail di virus. Il vaccino protegge solo nei confronti dei virus influenzali.
Nell’ambito della composizione vaccinale quest’anno, tra l’altro, sono previsti solo 3 stipiti virali: 2 di tipo A (uno AH1N1 e uno AH3N2 aggiornato quest’anno con una variante thailandese) e 1 di tipo B (B/Victoria che però non è stato aggiornato). L’Ema ha infatti suggerito di “alleggerire” la formulazione non includendo più il ceppo B/Yamagata in quanto tale ceppo non risulta più in circolo da marzo 2020 e quindi non sembra più rappresentare una minaccia per la salute pubblica.
“Ci aspettiamo dunque dal punto di vista virologico una stagione non particolarmente pesante come è stata quella dello scorso anno proprio perché i virus non sono particolarmente cambiati e pertanto una rilevante quota di persone, che hanno contratto il virus dell’influenza lo scorso anno, potranno godere una sorta di protezione – fa sapere Pregliasco. Ciò nonostante, dovremo comunque stare a vedere come evolverà il virus in quanto, come ogni anno, non è solo la composizione del virus a determinare il numero di casi di influenza ma anche le condizioni meteorologiche e ambientali; è quindi sempre importante non sottovalutare il richiamo vaccinale, in particolare per i soggetti a rischio e avanti con l’età”.
Cos’è l’influenza
È una malattia virale. Colpisce soprattutto le vie respiratorie dando luogo a febbre, anche superiore ai 38 gradi, debolezza diffusa, mal di testa, tosse e catarro. Le complicazioni sono rare, ma non vanno sottovalutate. In particolare quando, a causa dell’indebolimento del sistema difensivo dell’organismo, si sviluppano batteri che possono dare gravi bronchiti o polmoniti.
È provocata da un virus formato da un corpo centrale che contiene il patrimonio genetico avvolto da un rivestimento composto da due proteine fondamentali per la sua diffusione nell’organismo umano. L’emaglutinina guida il virus e gli consente di entrare nelle cellule, selezionando quelle dell’apparato respiratorio. La neuraminidasi, invece, agisce come uno scalpello dall’interno e permette ai nuovi virus formatisi dentro la cellula di uscire andando ad infettarne altre.
Come avviene il contagio e come si cura l’influenza
Il virus si trasmette attraverso le goccioline emesse dalle vie respiratorie di chi ha contratto l’infezione o tramite oggetti contaminati (ad esempio fazzoletti). Anche le mani se non accuratamente lavate possono diventare un importante veicolo di trasmissione. Il rischio di trasmissione è molto alto perché la malattia ha un’incubazione di 1-3 giorni durante i quali, pur senza accusare alcun disturbo, si è estremamente contagiosi. Il contagio è massimo nelle 24 ore che precedono la comparsa della febbre. Per quanto riguarda la terapia, occorre ricordare che la normale influenza è una malattia autolimitante, cioè tende a passare da sola. Per questo riposo al caldo ed una dieta leggera ricca di liquidi consentono di limitare i danni. Contro la febbre si può assumere un normale antipiretico.
Come sono fatti i virus influenzali
Si tratta di ceppi che fanno parte della famiglia Orthomyxoviridae, genere orthomyxovirus. Hanno la forma di una sfera, più o meno simile ad un pallone da calcio pur se di dimensioni infinitesime rispetto ad esso, siamo nell’ordine degli 80-120 nanometri di diametro. Ma soprattutto sulla loro superficie esterna appaiono “spinosi”, perché presentano alcune protuberanze sottili chiamate in termine scientifico “spikes”.
Queste strutture sono fondamentali per la risposta dell’organismo al virus, per l’attività dei farmaci e per la messa a punto dei vaccini. Su queste protuberanze si trovano infatti i cosiddetti antigeni di superficie, ovvero le emoagglutinine (contraddistinte dalla sigla H) e le neuraminidasi (contrassegnate con la lettera N). Questi due elementi sono fondamentali per la definizione del sottotipo di virus: infatti per ogni ceppo influenzale, si usa una lettera che caratterizza in termini generali la “famiglia” virale in base agli antigeni interni (A, B e C); per il tipo A, le due sigle H e N, seguite da un numero contraddistinguono specificamente gli antigeni propri del singolo ceppo. Non vi è invece alcun sottotipo per i virus B e C. Ovviamente la complessa struttura del virus non è limitata alla sua parte esterna. Al suo interno è infatti presente il patrimonio genetico virale, sotto forma di acido ribonucleico (RNA). I virus di tipo B e C hanno come unico serbatoio l’essere umano, mentre quelli di tipo A possono infettare diverse specie animali: ad esempio i suini, gli equini, gli uccelli e il pollame oltre alle anatre. Addirittura questi virus possono infettare anche i mammiferi marini, come i delfini o le balene.