La svolta delle CAR-T, terapie rivoluzionarie che sfidano i tumori del sangue

Le CAR-T sono un passo avanti nella medicina personalizzata nel campo dei tumori, ed in particolare delle neoplasie che colpiscono le cellule del sangue. Come funzionano e come le useremo

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Federico Mereta

Giornalista scientifico

Laureato in medicina e Chirurgia ha da subito abbracciato la sfida della divulgazione scientifica. Raccontare la scienza e la salute è la sua passione, perché crede che la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta. Ha collaborato e ancora scrive per diverse testate, on e offline.

Pubblicato: 18 Novembre 2024 15:18

La sigla, di per sé, dice poco, CAR-T. Ma dietro questo termine c’è molto, nella sfida ai tumori. In futuro e non solo.
CAR-T sta per Chimeric Antigens Receptor T-Cells. E si tratta di realtà già molto importanti. Per questo è fondamentale capire come agiscono queste terapie avanzate basate sulla modifica e sul potenziamento dei linfociti T, che diventano in grado di riconoscere ed aggredire le cellule tumorali.

Non stiamo parlando di fantascienza. Questi approcci sono ormai una realtà ben presente nella pratica clinica di numerosi Centri italiani. Si comincia a raccogliere i frutti di questi primi anni di utilizzo e gestione delle terapie CAR-T, diventate un nuovo paradigma di cura per alcuni tumori del sangue, aggressivi e refrattari, e motivo di speranza per i pazienti dopo tanti fallimenti. Ma il viaggio nel futuro è appena iniziato.

Come agiscono le CAR-T

Le CAR-T si possono considerare un passo avanti nella medicina personalizzata nel campo dei tumori, ed in particolare delle neoplasie che colpiscono le cellule del sangue. Oggi rappresentano un’opzione terapeutica in quei pazienti nei quali le precedenti strategie terapeutiche standard (chemioterapia e trapianto di cellule staminali emopoietiche) hanno fallito. In pratica si parte dai linfociti T prelevati dal sangue del paziente. Questi, in laboratorio, vengono “armati” in modo tale da esprimere sulla loro superficie il recettore CAR che li aiuta a riconoscere le cellule maligne e ucciderle, per poi essere reinfuse nel paziente stesso.

In questo senso, queste terapie combinano almeno tre aspetti fondamentali. In primo luogo si tratta di cure davvero intelligenti, in quanto identificano un target espresso dalle cellule tumorali risparmiando i tessuti non ammalati del paziente. Poi agiscono direttamente sul sistema immunitario, quindi si debbono annoverare nell’ambito dell’immunoterapia. Si tratta di trattamenti non farmacologici in grado di modificare i meccanismi di resistenza ai farmaci che le cellule tumorali mettono in atto nelle fasi più avanzate della malattia tumorale stessa.
Infine, la cura passa attraverso le cellule. Per di più, dello stesso paziente.

Per questo, queste unità “specializzate” possono rimanere a lungo nell’organismo del paziente in cui vengono infuse, garantendo un meccanismo d’azione protratto nel tempo e in grado di riattivarsi ogni volta che la malattia ricompare. Sia chiaro. L’impiego di questi approcci, che rappresenta davvero una frontiera nelle cure, in rari casi si può legare al rischio di eventi come la sindrome da rilascio di citochine, che è provocata da un’eccessiva risposta immunitaria dovuta all’infusione dei linfociti T modificati. Inoltre, può verificarsi la riduzione dei linfociti B e degli anticorpi e la persistenza di citopenia tardiva. Ma siamo comunque di fronte ad una vera e propria innovazione, che sta assumendo spazi sempre maggiori in terapia.

Uno sviluppo immenso per una nuova frontiera

Se da un lato aumenta il numero delle CAR-T cells autorizzate in oncologia e onco-ematologia (secondo il Report 2019 dell’European Society for Blood and Marrow Transplantation-EBMT sui trapianti di cellule emopoietiche, le terapie CAR-T sono cresciute del 650% rispetto al 2017) e nei laboratori di tutto il mondo la ricerca scientifica avanza velocemente a caccia di nuovi e difficili bersagli da colpire, le CAR-T come le conosciamo oggi sono solo il primo passo su un cammino in profonda evoluzione e con molti interrogativi a cui dare risposte. E per questo occorre conoscere.

E’ il significato dell’azione di AIL – Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma, ha deciso di riprendere, da Milano, il Qviaggio’ di CAR-T – Il futuro è già qui”, campagna itinerante e online nata nel 2021, per informare pazienti, familiari, caregiver e specialisti, e migliorare la conoscenza, l’accesso e la gestione dei trattamenti, con uno sguardo alle esperienze cliniche maturate, ai successi dei pazienti trattati e ai futuri ambiti di applicazione.

Quando sono indicate le CAR-T

In Italia, stando a dati recentissimi, fino ad oggi sono stati trattati più di 1.400 pazienti. Si tratta di un numero elevato, tenendo presente che la prima somministrazione risale al 2019 e che per un lungo periodo solo un Centro presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è stato autorizzato ad effettuare questi trattamenti. Attualmente sono circa 30 i Centri abilitati sul territorio nazionale e, di questi, 10 in Lombardia. Sta maturando anche l’esperienza nell’utilizzo e nella gestione delle terapie CAR-T e si accumulano evidenze e dati clinici.

“Già oggi il 50% circa delle leucemie linfoblastiche acute ed il 40% dei linfomi a grandi cellule B vengono guariti da questa terapia – spiega Paolo Corradini, Direttore Divisione di Ematologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano, Cattedra di Ematologia, Università degli Studi di Milano e Presidente SIE-Società Italiana di Ematologia – Le cellule CAR-T sono una delle strategie più innovative e promettenti per il trattamento delle patologie ematologiche refrattarie. Sono molti i dati di real life, derivanti dalla pratica clinica dei vari Centri nei diversi Paesi, che dimostrano come nel linfoma follicolare le CAR-T funzionano molto bene, e altrettanto nel mieloma multiplo, anche se non con gli stessi risultati dei linfomi. I dati di risposta e di sopravvivenza nelle malattie refrattarie fin qui raccolti sono molto incoraggianti, in particolare per la sopravvivenza a lungo termine. Le CAR-T dimostrano di funzionare laddove non funzionava più niente”.

Le tappe del trattamento

“Le terapie CAR-T hanno introdotto nel panorama dell’immunoterapia antineoplastica un approccio rivoluzionario, che prevede non più la “semplice” somministrazione di un farmaco, quanto piuttosto la proposta di un programma di trattamento in fasi sequenziali ma distinte – segnala Piera Angelillo, Ematologa UO di Ematologia e Trapianto di Midollo, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Ognuna di queste fasi coinvolge processi altamente complessi ed interdipendenti, che si svolgono in luoghi fisicamente distinti, sono gestiti da equipe diverse e devono avvenire a timing predefiniti, richiedendo un lavoro di logistica che talora esula da competenze sanitarie in senso stretto. I Centri autorizzati a somministrare CAR-T sono Unità specializzate in terapie cellulari e genetiche, dove sono standardizzati percorsi che garantiscono la catena di custodia ed identità del materiale dalla sua raccolta alla reinfusione. Tali percorsi sono garantiti da complessi processi di accreditamento del Centro sia a livello extra nazionale che regionale”.

L’infusione di cellule CAR-T, per un paziente che ha vissuto periodi di cura lunghi e infruttuosi, riaccende la speranza ma ad essa si associa la paura riguardo le imprevedibili percentuali di successo o per il possibile fallimento anche di quest’ultimo tentativo di cura. Il supporto psicologico, la presenza costante degli specialisti e degli infermieri, l’accoglienza nelle Case alloggio AIL, sono elementi indispensabili per aiutare i pazienti onco-ematologici prima, durante e dopo aver ricevuto la terapia CAR-T.

Il parere dei pazienti

Una ricerca realizzata con il supporto di Gilead e AIL Milano., ha fatto il punto. “Si è basata su interviste a 12 pazienti e 7 caregiver, ha indagato i principali bisogni dei pazienti onco-ematologici sottoposti a CAR-T cells e dei loro caregiver – fa sapere Sara Alfieri, Ricercatrice psicologa SSD Psicologia Clinica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Emergono come prioritari i bisogni cosiddetti ‘esistenziali’, legati alla vita e alla sopravvivenza, ovvero quei bisogni per cui il paziente vuole sentirsi dire, vuole credere e vuole sperare che questa ennesima linea di terapia andrà bene e che, se non ci dovesse essere un risultato positivo, ci saranno altre possibilità terapeutiche. Emergono poi i bisogni relativi al desiderio di essere informati in maniera esaustiva, empatica e sincera, in caso contrario, si alimentano timori e incertezze. Seguono i bisogni legati all’assistenza per cui i pazienti desiderano il miglioramento dei servizi di base (supporto psicologico, visite e controlli vicini alla propria residenza) e il sostegno del mondo delle associazioni per migliorare la vita di tutti i giorni. È forte e predominante il bisogno di non sentirsi abbandonati. I caregiver dal canto loro mostrano una visione più pessimistica e hanno paura a credere che l’ennesimo tentativo di cura con CAR-T possa avere un lieto fine”.

Anche per i bambini. Ricerca, speranza, futuro, sono queste le parole chiave della terapia con CAR-T cells sta dando un avvenire ai tanti bambini affetti da tumori del sangue, talvolta refrattari, in primis la leucemia linfoblastica acuta. L’attività di ricerca in ambito pediatrico è intensa e ampia per riuscire a trovare terapie geniche con il miglior profilo di sicurezza, efficacia e sostenibilità.