L’Ucraina affonda navi e attacca la Russia, ma la grande battaglia sarà nel Donbass

Nel giorno del 33esimo anniversario dell'indipendenza, l'Ucraina continua a mettere in difficoltà la Russia. Ma Putin prepara la grande resa dei conti a Pokrovsk

Foto di Maurizio Perriello

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

L’incursione nella regione russa di Kursk ha conferito nuovo slancio alla causa ucraina. Mentre la Russia si adopera per concentrare forze sufficienti per respingere “l’invasore invaso”, le truppe di Kiev allargano il fronte d’offensiva con sciami di droni su altre città russe (anche verso Mosca) e affondano una nave nemica al largo della Crimea.

L’obiettivo ucraino, almeno uno dei principali, è chiaro: mettere pressione sul Cremlino e disperderne la forza d’urto, costringendolo a difendersi più che ad attaccare. Mosca però è una potenza industriale e demografica di gran lunga più attrezzata e si muove su più fronti, senza mollare in primo luogo il Donbass. Luogo in cui si svolgerà la grande battaglia di questa fase della guerra, precisamente nella zona di Pokrovsk.

Zelensky al fronte e attacco navale: le nuove mosse ucraine

Dopo l’offensiva in terra russa, è arrivata l’ora della passerella. Come propaganda impone, Volodymyr Zelensky si è recato in visita nella zona di frontiera di Sumy per la prima volta da quando l’esercito ucraino è penetrato a Kursk. Il presidente ha saputo dal colonnello generale Oleksandr Syrsky di nuovi prigionieri di guerra russi che aiuteranno a costruire un “fondo di scambio” per liberare omologhi ucraini catturati. Sia chiaro: Zelensky non ha passato il confine e non è dunque entrato in territorio russo, cosa che sarebbe stata considerata da Mosca una provocazione. Ma la tensione nella Federazione ha raggiunto livelli altissimi in relazione al Kursk. E non solo.

Gli attacchi ucraini si sono moltiplicati anche su altre direttrici: le autorità di emergenza della regione russa di Krasnodar hanno dichiarato che un attacco ucraino ha colpito un traghetto carico di serbatoi di carburante nel porto di Kavkaz, vicino alla Crimea, innescando un incendio. Le agenzie russe hanno riferito che la nave cargo è affondata. Il porto si trova sullo Stretto di Kerch, che collega il Mar Nero al Mar d’Azov, già bersaglio di raid ucraini in questi due anni e mezzo e oltre di guerra.

L’Ucraina punta sui droni

Il Kiev Independent, citando canali di monitoraggio su Telegram, ha poi riportato per primo di un altro attacco dell’esercito ucraino, stavolta con droni, alla base aerea militare russa di Marinovka, nella regione di Volgograd. Anche in questo caso è divampato un incendio, con le fiamme che sono da settimane protagoniste fisse di telegiornali e bollettini radio nei tanti centri della Russia profonda dove il mezzo televisivo non è utilizzato. Vladimir Putin ha accusato Kiev di aver tentato di colpire la centrale nucleare di Kursk, aggiungendo che l’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) è stata informata. Sono stati colpiti anche depositi di carburante e munizioni.

Da diverse settimane ormai Kiev bersaglia postazioni e città russe con droni, costringendo Mosca a impegnarsi per neutralizzarli. Una costante, apparentemente vana pressione che si aggiunge al fardello che Putin e l’entourage militare stanno facendo sempre più fatica a gestire sul lato interno. Il 21 agosto uno sciame di droni è stato lanciato verso Mosca, nelle zone di Podolsk e Tula, in quello che i funzionari russi hanno definito uno dei più grandi attacchi di questo genere sulla capitale dal febbraio 2022. Per capirci: si tratta del lancio e dell’abbattimento di 11 droni, poco più numerosi degli 8 che nel 2023 furono inviati sempre verso Mosca. Il tentato raid non ha tuttavia scosso i moscoviti, che lungo i viali della metropoli hanno continuato le loro attività quotidiane come se niente fosse successo. Rovesciamento dell’intento ucraino, che voleva testare le difese russe fiaccando l’opinione pubblica interna, che invece pare sempre più convinta che Mosca sia ben difesa e lontana dalla distruzione della guerra.

Si è trattato comunque dell’ultimo atto (finora) di un conflitto – un’estenuante combattimento con artiglieria e droni in campi, villaggi e foreste dell’Ucraina orientale – che ha registrato una svolta il 6 agosto. Nei mesi precedenti, l’esercito di Kiev ha combattuto una guerra di droni sempre più consistente e dannosa per gli antagonisti, soprattutto contro aeroporti e raffinerie di petrolio. Appare ormai chiaro che Kiev punti soprattutto su Uav piccoli ed economici, secondo gli elevati standard del mercato bellico. Parliamo di droni da “appena” 400 dollari ai quali, il più delle volte, viene attaccata una granata con semplici fascette. Un lavoro che può benissimo apparire rozzo e arrangiato, ma che risulta essenziale per la strategia militare ucraina, sia per i costi sia per la maggiore precisione rispetto al fuoco d’artiglieria. E che è stato cruciale per l’attacco a sorpresa nell’oblast russo di Kursk.

Dove e perché ci sarà la grande battaglia fra Mosca e Kiev

Da giorni ormai le truppe russe hanno ripreso ad avanzare nel Donbass con rinnovato impeto. In uno degli ultimi bollettini del ministero della Difesa si legge che è stato preso un altro villaggio tatticamente rilevante sulla linea del fronte, Mezhove, subito dopo la presa del vicino centro di Zhelanne. Un’avanzata necessaria sul piano propagandistico per il Cremlino, al fine di compensare i 94 centri russi dichiarati da Zelensky sotto il controllo ucraino. Secondo una stima che la nebbia della guerra non consente di avvallare con precisione, Mosca controlla circa il 18% del territorio ucraino. Un’occupazione che in Ucraina, che il 24 agosto festeggia il 33esimo anniversario dell’indipendenza, si accompagna alla paura di nuovi pesanti bombardamenti in ritorsione di Kursk. Le ambasciate statunitense e cinese hanno avvertito i propri connazionali nel Paese a tenersi pronti a mettersi immediatamente in salvo in caso di allarmi antiaerei.

Come avevamo già previsto, gli sforzi russi si concentrano sulla città di Pokrovsk, nel Donetsk, snodo strategico per i collegamenti stradali (verso Zaporizhzhia e Dnipro) e per le linee di difesa ucraine. Linee di difesa che ora si sono inevitabilmente indebolite, per via dei trasferimenti di unità a Kursk proprio nell’ottica di spostare l’attenzione di Mosca dal Donbass. Invece i russi sono letteralmente a un tiro di schioppo dall’importante Pokrovsk, ormai raggiunta stabilmente dal fuoco d’artiglieria degli invasori. Il tutto mentre gli abitanti ucraini cercano di fuggire, continuamente intercettati dai reclutatori di Zelensky. Una volta presa Pokrovsk, la cui conquista sembra ormai certa, il Cremlino avrà nelle mani l’ultima grande città lungo l’autostrada che corre lungo il Donetsk. Un tassello fondamentale per il controllo dell’intera regione annessa unilateralmente nel 2022 e, di conseguenza, per la futura posizione negoziale russa. Con Kiev che dovrà ricomporsi e spostare armi occidentali e unità meccanizzate da Kursk, per difendere un baluardo tattico e simbolico davvero molto importante.