Dopo settimane di intensi combattimenti e grandi perdite materiali e umane, i russi riescono a prendere il controllo della città ucraina di Avdiivka. Un successo praticamente annunciato, vista la carenza di munizioni, uomini e morale che le truppe di Kiev stanno affrontando da diverso tempo. Un successo che, se si allarga lo sguardo, i russi hanno inseguito per dieci anni, dallo scoppio del conflitto nel Donbass e che arriva quasi allo scadere dei primi due anni dall’invasione.
Avdiivka rappresentava l’ultima grande roccaforte urbana in mano agli ucraini sul fronte orientale del Donetsk, che idealmente potrebbe cementare l’occupazione russa del bacino del fiume Don. Lo stesso presidente Volodymyr Zelensky aveva visitato la città nel dicembre scorso per testimoniare la vicinanza del governo alla sorte di quello che era diventato il punto più caldo del fronte più caldo.
La battaglia per Avdiivka: cosa è successo e perché è importante
Dopo Mariupol e Bakhmut, ora tocca ad Avdiivka rappresentare la devastazione portata dalla guerra nel Paese invaso e il cedimento della resistenza ucraina. Già sabato il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, aveva riferito al presidente Vladimir Putin che le forze russe stavano eliminando le ultime sacche di resistenza nei pressi dell’impianto chimico e di carbon coke di Avdiivka. Come a Zaporizhzhia, dove tra l’altro gli ucraini affermano di aver frenato un’ulteriore avanzata avversaria distruggendo una ventina di blindati russi. Il fronte di Zaporizhzhia era diventato il fulcro principale della controffensiva ucraina nell’estate del 2023, anche se non ci sono stati progressi significativi e solo pochi insediamenti sono stati liberati dal controllo di Mosca. Il copione sembra dunque ripetersi anche ad Avdiivka: un’altra centrale energetica al centro del conflitto, un’altra città simbolo, un’altra tragedia.
Dei circa 32mila abitanti iniziali, ora se ne contano appena mille. Quasi tutti anziani e malati, immersi in un paesaggio spettrale di macerie. I video pubblicati sui social filorussi mostrano soldati di Mosca che issano la bandiera nazionale su uno degli edifici dello stabilimento. L’annuncio è arrivato lo stesso giorno in cui il capo militare ucraino ha dichiarato che avrebbe ritirato le truppe dalla città, dove i difensori, in inferiorità numerica, hanno combattuto per quattro mesi.
Che Avdiivka fosse una vertebra tatticamente fondamentale per la colonna del fronte orientale lo ha dimostrato anche la successiva avanzata russa, spintasi per più di 8 chilometri oltre il centro urbano. Uno spazio non trascurabile, in una guerra che somiglia spaventosamente alla Prima Mondiale, in cui si combatte mesi e mesi per conquistare poche centinaia di metri di terreno. L’esercito ucraino, dal canto suo, riferisce tuttavia che la situazione nella città si è stabilizzata dopo la ritirata, giunta intorno nella notte intorno all’1. Il portavoce militare Dmytro Lykhovij riporta che alcuni soldati ucraini sono rimasti feriti durante la ritirata e altri sono stati fatti prigionieri.
Per prendere la città, i russi hanno portato in prima linea circa 15mila soldati e, secondo Kiev, ne hanno persi in totale 50mila. Fonti ucraine riferiscono che gli avversari, numericamente superiori in rapporto di dieci a uno, sono andati avanti “calpestando i cadaveri dei propri soldati”. Era impossibile resistere al prezzo di un accerchiamento fatale per le già scarne linee ucraine. A dicembre erano circolate le immagini terribili di decine e decine di corpi di soldati russi tra le macchie boschive e i ruderi, uccisi nel disperato tentativo di mettersi al riparo dai bombardamenti e dal fuoco d’artiglieria incessanti.
Come cambia la guerra e cosa succede ora
Avdiivka era nelle mire russe dal 2014, anno in cui gli ucraini la fortificarono con bunker, barriere anticarro e postazioni armate in vista di una più che probabile invasione da parte delle truppe separatiste filorusse di Donetsk e Lugansk. In realtà Kiev aveva perso il controllo della città orientale, per poi però riprenderlo qualche settimana dopo e renderlo il perno difensivo dell’intera linea del fronte di scontro. Le difese ucraine avevano retto all’urto russo anche nelle primissime settimane successive al 24 febbraio 2022, declinando i combattimenti in una guerra di trincea qualche chilometro più lontano. Lo stesso ex capo dell’esercito Zaluzhny aveva puntato forte sulla difesa di Avdiivka, trasferendovi reparti scelti e lasciando più sguarnite piazze come Kharkiv e Mariupol.
Ora l’epilogo amaro per Kiev, che ora subisce anche la propaganda russa secondo cui il ritiro ucraino sia stato “disorganizzato”, senza però prove evidenti. La strategia comunicativa è ovviamente quella di accrescere lo scetticismo sulla scelta al comando di Syrsky, che aveva tenuto fede al suo soprannome di “macellaio” proprio per l’efferata resistenza che ad Avdiivka ha inflitto pesanti perdite alle brigate del Gruppo Wagner. Lo stesso Syrksy era stato ampiamente criticato in patria per aver seguito una tattica diametralmente opposta a Bakhmut: e cioè resistere a oltranza, causando perdite notevolissime ai suoi uomini. In questo senso l’ex comandante delle forze di terra ucraine è stato aspramente criticato per la sua provenienza russa e per la sua formazione militare sovietica all’Accademia di Mosca. E la scuola russa ha un comandamento sopra tutti: quando si perde una posizione, si deve contrattaccare subito per evitare che il nemico consolidi la sua conquista. E a Bakhmut si è ampiamente visto.
La guerra registra dunque una svolta. Non solo dal punto di vista tattico, col fronte ucraino ora “rotto” nel suo baricentro difensivo, ma anche per l’immagine. Durante la ritirata, le truppe di Kiev non hanno avuto il tempo materiale per portare via con loro armi e attrezzature, né per distruggere i documenti e predisporre mine per scongiurare ulteriori avanzate nemiche. “La strada per Avdiivka è disseminata dei nostri cadaveri”, afferma su Telegram un soldato ucraino. All’opposto, per Putin Avdiivka rappresenta un successo da sbandierare in Russia, considerato prioritario per questa fase della guerra. Secondo l’intelligence britannica, ora l’avanzata russa punta a Kupiansk. Di fronte a sé l’esercito russo ha però ampie e lunghe distese di campi senza ripari naturali o artificiali. Un’ulteriore offensiva avverrebbe dunque inevitabilmente al prezzo di altre pesanti perdite. Più probabile, dunque, che Mosca voglia rafforzare la propria posizione nell’est ucraino, ad appena 10 chilometri dal Donetsk occupato.
Se da un lato la mutazione dell’atteggiamento bellico in ottica difensiva è coincisa con perdita di terreno, dall’altro l’Ucraina si è dimostrata capace di condurre con efficacia battaglie asimmetriche contro le forze di Mosca in altri ambiti. Tra cui il mare. Lo dimostra l’affondamento della nave da sbarco Cezar Kunikov della Marina militare russa, al largo delle coste della Crimea, tramite un attacco con droni Magura V5. L’episodio, riferito dallo Stato maggiore ucraino, rappresenta un altro colpo imbarazzante per la flotta russa del Mar Nero. È la seconda volta in due settimane che le forze di Kiev affermano di aver affondato una nave russa davanti a Sebastopoli. La settimana scorsa avevano infatti pubblicato un video che mostrava l’assalto con i medesimi droni navali alla corvetta russa Ivanovets, equipaggiata con missili. Un’altra nave da sbarco del Cremlino, la Novocherkassk, è stata colpita nel porto di Feodosia lo scorso dicembre. Gli attacchi ucraini, compiuti anche nei cieli, hanno liberato gran parte della costa della Crimea dalla presenza russa, consentendo a Kiev di riprendere le esportazioni cruciali di grano e altri beni attraverso i porti meridionali.
La Russia ha fomentato la rottura tra Zelensky e Zaluzhny, secondo i media Usa
Le difficoltà ucraine si sono dipanate non soltanto al fronte, ma anche nei palazzi e nelle caserme in cui si è consumato lo scontro tra potere militare e potere politico. Scontro che ha portato Zelensky a silurare il capo dell’esercito Valery Zaluzhny e a scegliere appunto come nuovo comandante Oleksandr Syrsky. È stato proprio quest’ultimo a decidere la ritirata delle truppe da Avdiivka, scelta sofferta ma necessaria “per salvare le vite dei soldati”. Una decisione, pare, in linea col pensiero di Zelensky, che poche ore prima aveva sottolineato la necessità di “preservare le truppe”. Quello testimoniato finora da Syrsky è tuttavia un approccio estremamente aggressivo, che potrebbe dunque portare conseguenze infauste per il conflitto in corso. E intanto, a complicare ulteriormente la situazione, dagli Stati Uniti emergono nuovi retroscena sulla rivoluzione ai vertici delle Forze Armate ucraine.
Secondo il Washington Post, quando a gennaio era trapelata a Mosca la notizia sulla sostituzione di Zaluzhny, i funzionari russi hanno esultato. Un sussulto giustificato dal fatto che da molti mesi il Cremlino stava tentando di fomentare proprio queste divisioni fino allo strappo, alla fine giunta a compimento. Il quotidiano statunitense cita un centinaio di documenti russi, ottenuti da un servizio di intelligence europeo, che ricostruiscono la massiccia macchina della disinformazione messa in moto da Mosca per indebolire la già vacillante popolarità Zelensky in patria.
I documenti sono stati condivisi con il Washington Post, affermano le fonti, al fine di “smascherare per la prima volta la portata della propaganda del Cremlino contro Zelensky, con l’obiettivo di dividere e destabilizzare la società ucraina”. Sforzi che Mosca ha denominato “operazioni psicologiche di informazione”. L’operazione si è dipanata attraverso la pubblicazione di “migliaia di post sui social media e centinaia di articoli inventati, creati da batterie di troll e diffusi in Ucraina e in tutta Europa”, pensati per fomentare ed estremizzare “quelle che allora si diceva fossero tensioni” tra Zelensky e Zaluzhny.