Donald Trump ha scelto un falco. Un super falco. Il neoeletto presidente Usa ha nominato consigliere per la sicurezza nazionale niente meno che Michael (Mike) Waltz, primo ex Berretto Verde ad essere nominato membro del Congresso per tre mandati. Waltz ha saputo molto rapidamente farsi notare a Capitol Hill per le sue posizioni nette, aggressive e spesso border su questioni di sicurezza nazionale. Già sua moglie, Julia Nesheiwat, era stata consigliera per la sicurezza nazionale nella prima amministrazione Trump. Quali scenari attenderci ora in politica estera? Cosa ne sarà delle guerre militari in Ucraina e Medio Oriente, di quella commerciale con la Cina e degli altri “fronti” aperti?
Una politica estera “fluida”
Nei giorni scorsi, Waltz è entrato a gamba tesa per parlare della guerra tra Russia e Ucraina. “Dobbiamo porre fine a questa situazione in modo responsabile”, ha detto Waltz a Fox News. “Dobbiamo ripristinare la deterrenza, riportare la pace e superare questa escalation, invece di rispondere”. Parole che sono apparse piuttosto lontane dalle sue concezioni interventiste.
Secondo diverse fonti, mentre si sta ancora lavorando ai dettagli di quella che sarà la strategia trumpiana, i suoi funzionari potrebbero spingere per un cessate il fuoco nella fase iniziale, per congelare temporaneamente il conflitto, e consentire alle parti di negoziare. I funzionari di Trump potrebbero anche chiedere agli alleati europei e alla Nato di assumersi una quota maggiore dei costi necessari a sostenere l’Ucraina. Almeno questo è quanto vorrebbero.
Le posizioni di Trump in materia estera sono alquanto contorte. Diversi analisti parlano di una tattica “fluida”. Tuttavia, prima di vincere le elezioni Usa, Trump aveva ripetutamente affermato che la guerra tra Russia e Ucraina non sarebbe iniziata se lui fosse stato presidente. E aveva promesso che, se fosse stato rieletto, avrebbe posto fine al conflitto.
A luglio l’aveva sparata un po’ più grossa, annunciando che sarebbe stato in grado di risolvere lo scontro addirittura “in un giorno solo”. In campagna elettorale, durante il duello con la rivale Kamala Harris, più timidamente ha ripiegato dichiarando che Kiev avrebbe dovuto “arrendersi un po’” a Mosca, spiegando che “qualsiasi accordo, anche il peggiore, sarebbe stato migliore di quello che abbiamo adesso”.
5 possibili scenari per risolvere la guerra in Ucraina
Sul tavolo le proposte possibili ad oggi sembrano essenzialmente cinque. La prima è il Piano Kellogg, che prevede che la prosecuzione degli aiuti militari statunitensi all’Ucraina sia condizionata alla partecipazione di Kiev ai colloqui di pace con la Russia e ad “una politica formale degli Stati Uniti per cercare un cessate il fuoco e una soluzione negoziata del conflitto ucraino”. Il desiderio dell’Ucraina di aderire alla Nato, nel frattempo, verrebbe temporaneamente congelato.
Una seconda proposta è la “strategia Grenell“, quella esaminata da Waltz nei giorni scorsi, sostenuta dall’ex ambasciatore di Trump in Germania Ric Grenell, che vorrebbe creare “regioni autonome” all’interno dell’Ucraina, anche se non si sa come. “Le regioni autonome possono significare molte cose per molte persone, ma bisogna lavorare su questi dettagli”, aveva detto Grenell a Bloomberg a luglio.
La terza via, al momento la meno probabile, vedrebbe la concessione alla Russia di mantenere il territorio che detiene ora in cambio dell’adesione dell’Ucraina alla Nato.
Una quarta possibilità sarebbe ridurre l’assistenza all’Ucraina e indebolire la sua posizione in modo che debba accettare le condizioni russe. Opzione che, naturalmente, farebbe scattare la reazione del presidente ucraino Zelensky e probabilmente dell’Europa a guida von der Leyen.
Infine, come ultima chance, Trump potrebbe estendere temporaneamente il sostegno all’Ucraina mentre si muove verso una soluzione in Corea. In quest’ultimo scenario, l’attuale linea del fronte diventerebbe una zona smilitarizzata gestita dalle Nazioni Unite o dalle forze di pace europee che la Russia dovrebbe cacciare se vuole riavviare la guerra. L’Ucraina potrebbe continuare ad affermare la propria sovranità su aree come il Donbass, ma molto probabilmente non sarebbe in grado di aderire alla Nato. Se Mosca violasse la zona smilitarizzata, alcuni Paesi potrebbero anche offrire aiuto a Putin.
Linea dura contro la Cina
Waltz, quattro volte premiato con stelle di bronzo al valore dopo aver combattuto in Afghanistan e vari fronti africani, ha lavorato al Pentagono come consigliere per la difesa dei segretari Donald H. Rumsfeld e Robert M. Gates. Fu lui, giusto per inquadrarlo, a suggerire a Bush la nomina dell’allora vicepresidente per l’antiterrorismo Dick Cheney.
Le sue posizioni oltranziste e spesso ideologiche lo hanno portato a diventare uno dei fidatissimi di The Donald. Nel 2020, nei giorni successivi all’autorizzazione da parte di Trump dell’attacco dei droni che uccise il generale iraniano Qassim Suleimani, Waltz fu incluso in un piccolo gruppo di repubblicani invitati alla Casa Bianca che ricevettero un briefing sull’attacco. Ciliegina sulla torta, appare spesso su Fox News come esperto in questioni di sicurezza nazionale.
Membro delle commissioni per le forze armate, l’intelligence e gli affari esteri, ha attaccato duramente gli alleati della Nato per non aver rispettato, secondo lui, i loro impegni di spesa militare e, soprattutto, ha adottato da subito una linea dura nei confronti di Cina e Iran, ma anche di Afghanistan e del vicino Messico.
Sulla Cina, ad esempio, ha largamente foraggiato la legge che punta a ridurre la dipendenza americana dai minerali essenziali cinesi e ha aperto la strada alla legislazione per proteggere le università e le accademie americane da quello che lui, Trump e gli altri Repubblicani non esitano a bollare come “spionaggio” cinese.
Durante la pandemia, aveva anche chiesto il boicottaggio da parte degli Stati Uniti delle Olimpiadi invernali del 2022 a Pechino a causa del suo coinvolgimento nell’origine del Covid e delle violenze inflitte agli uiguri, minoranza turcofona musulmana che vive nel nord-ovest della Cina, soprattutto nella regione autonoma dello Xinjiang.
Trump da tempo vorrebbe anche introdurre nuovi dazi alle importazioni dagli alleati, con tariffe ancora più elevate sulle merci provenienti dalla Cina, ma anche dal Messico e dal Canada. Quando e come questo diventerà legge però è ancora tutto da decidere.