Guerra, all’Osce prove di dialogo fra Lavrov, Blinken e il ministro ucraino: pace più vicina?

Al summit Osce di Malta il ministro russo si troverà nella stessa sala del segretario di Stato americano e dell'ucraino Sybiga. Ma i segnali di disgelo sono frenati da tre fattori: il protocollo degli incontri, gli interessi di Mosca e la condizioni per la pace

Foto di Maurizio Perriello

Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Pubblicato: 5 Dicembre 2024 09:46

La riunione dei Paesi dell’Osce potrebbe essere l’occasione di un rilancio del dialogo tra Russia e Occidente. E persino tra Russia e Ucraina. Al summit annuale di Malta è presente il ministro russo Sergei Lavrov, alla sua prima storica visita in uno Stato Ue dall’invasione su larga scala del febbraio 2022.

Allo stesso tavolo si potrebbero dunque trovare il capo della diplomazia russa, il segretario di Stato americano Antony Blinken e il ministro degli Esteri ucraino Andriy Sybiga. Sarà davvero l’occasione per l’apertura di uno spiraglio di cessazione delle ostilità?

Lavrov, Blinken e Sybiga all’Osce di Malta

Nel 2023 Lavrov si era comunque recato in Macedonia del Nord, all’epoca sede della presidenza di turno dell’Osce, mentre l’anno precedente la Polonia aveva rifiutato la partecipazione del capo della diplomazia russa. L’ultima visita di Lavrov nell’Ue era stata a Ginevra il 21 gennaio 2022, quando aveva incontrato proprio Antony Blinken. In tutti questi precedenti la presenza di Lavrov non si tradusse certo in occasioni di dialogo. A Skopje nel dicembre 2023 la sola partecipazione del ministro russo suscitò polemiche, con molti ministri degli Esteri degli Stati Ue che scelsero di abbandonare la sala durante il suo discorso. In quella medesima occasione il calendario di Blinken e Lavrov inoltre venne strutturato per impedire che i due si incrociassero nei corridoi del vertice. A Malta il protocollo sarà del tutto diverso, sulla scia dei segnali di disgelo che le due delegazioni hanno concordato di offrire agli occhi del mondo.

Occhio però a leggere nella sola presenza di Lavrov in Occidente un indizio di un’apertura della Russia alla pace in Ucraina e al ripristino delle relazioni con Usa e Ue. Dato che l’etichetta è importante in occasioni come quella di Malta, dal programma emerge che il ministro russo è invitato al pranzo del primo giorno, ma non gli sarà permesso di partecipare alla cena, che ha come argomento “l’aggressione russa contro l’Ucraina”. Alla sessione ministeriale ufficiale, sono state estratte le schede per determinare in quale ordine i Paesi interverranno in riunione. L’Ucraina parlerà per prima, mentre la Russia è stata estratta per parlare per ultima, ma ha accettato di scambiare posto con il Tagikistan in modo da poter esporre come quarta.

La tattica del Cremlino preferisce un approccio “per bilaterali”, discutendo singolarmente con ogni Stato interessato a riavvicinarsi diplomaticamente (e commercialmente) a Mosca. Tra gli Stati europei ce ne sono diversi, Germania in primis. La prima telefonata fra Vladimir Putin e Olaf Scholz in oltre due anni ne è una dimostrazione. Ma la cooperazione russo-tedesca è uno dei peggiori incubi strategici per gli Stati Uniti, che dalla Seconda Guerra Mondiale a oggi hanno lavorato alacremente (con una Guerra Fredda, costruzione di Nato e Unione europea) per evitarne la ricomparsa. Più verosimilmente, la presenza di Lavrov a Malta testimonia il cruciale interesse che la Russia nutre per il Mediterraneo, nel quale ha dispiegato diverse sue navi e basi navali, a cominciare da quella di Tartus nella Siria martoriata dalla guerra.

Per Putin “con l’Occidente tornerà la normalità”

A corredo della notizia, senza dubbio ingigantita nella sua effettiva capacità di mediazione, c’è stato anche un intervento di Putin. Un intervento decisamente diverso dai soliti, in cui il presidente russo ha stemperato i consueti toni guerreschi e ha profetizzato che le relazioni tra Mosca e l’Occidente sono destinate “inevitabilmente” a normalizzarsi. E anche che “le porte rimangono aperte” al ritorno delle aziende occidentali che hanno lasciato il Paese dopo lo scoppio del conflitto. Il retorico ramoscello d’ulivo è stato sventolato – per motivi puramente tattici e senza desiderio di pace – durante un forum economico a Mosca. Il tutto mentre il Cremlino, insieme a Kiev e ai Paesi europei, attende di conoscere i contenuti dell’iniziativa annunciata dal presidente americano eletto Donald Trump per un cessate il fuoco in Ucraina.

Il presidente russo ha risposto per due ore alle domande dei partecipanti al convegno, ponendo l’accento sulla necessità di una riconciliazione per far fronte ai problemi economici derivati in gran parte dallo scontro tra Mosca e blocco euro-americano. Sta qui il nocciolo della propaganda di distensione putiniana: ammorbidire il cordone sanitario costruito da Usa e Ue con sanzioni e atti ostili. Il Cremlino sta iniziando a realizzare che dedicarsi ai soli traffici con Cina e Iran attraverso l’Asia Centrale potrebbe condurre la Federazione a una sconfitta strategica sul lungo termine. In altre parole: l’Orso rischia di svendersi e consegnarsi al Dragone cinese.

Il cuore economico del discorso di Putin traspare anche dai riferimenti all’inflazione, giunta a livelli record in Russia nonostante un tasso di sconto record del 21%. Il presidente è preoccupato per la crescente tensione sociale anche al di fuori delle metropoli cosmopolite di Mosca e San Pietroburgo, ben conscio che in terra russa un’umiliazione all’estero porta storicamente a una rivoluzione. “Dobbiamo usare correttamente e in modo saggio tutti gli strumenti di politica economica per combattere l’inflazione, senza eccessi strutturali“, ha affermato. Ma anche i Paesi europei, ha sottolineato con dolo, hanno interesse a un riavvicinamento.

Rispondendo alla domanda di uno spettatore proveniente dalla Germania e parlando nella sua lingua (memore del passato di spia a Berlino Est), Putin si è rivolto in particolare agli “amici tedeschi”. Parte dei problemi per loro e per gli altri europei, ha detto, sono conseguenza del fatto che “hanno perso la possibilità di ricevere forniture stabili di energia russa a prezzi ragionevoli“. Putin ha poi citato il gruppo industriale simbolo della crisi tedesca: “Perché la Volkswagen ha lasciato il mercato russo?” si è chiesto. Tanto più che solo “un quarto” delle aziende occidentali, a suo dire, hanno abbandonato la Russia dal febbraio 2022. Comunque, ha promesso, non saranno creati ostacoli se vorranno tornare. “Per loro non saranno create condizioni speciali, non abbiamo cacciato nessuno, le porte rimangono aperte”. Le tensioni rimangono tuttavia molto alte anche con la Germania, soprattutto nel Baltico.

Un’occasione concreta per la pace fra Russia e Ucraina?

Non ci giriamo intorno: la vicinanza prossemica fra Lavrov, Blinken e Sybiga non incarnerà alcuna apertura da parte di Mosca. Tantomeno le parole, doverosamente contestualizzate, di Putin. Eppure l’occasione di Malta, così pubblica e così esposta mediaticamente, rappresenta senza dubbio un calcolo da parte del Cremlino. Nelle poche settimane che separano il mondo dalla nuova presidenza Trump, Mosca doveva in qualche modo suggerire che un miglioramento delle relazioni è quantomeno possibile.

Secondo Reuters, i consiglieri di Donald Trump, “pubblicamente e privatamente, stanno avanzando proposte per porre fine alla guerra in Ucraina che cederebbero ampie parti del Paese alla Russia nel prossimo futuro”. Le proposte di tre consiglieri chiave, tra cui l’inviato di Trump per Russia e Ucraina, il generale in pensione Keith Kellogg, conterrebbero inoltre l’esclusione dell’Ucraina dalla Nato. La neutralità del Paese invaso è infatti la condizione principale richiesta da Mosca. Le condizioni attribuite alla futura amministrazione statunitense sono molto distanti da quelle ventilate da Kiev, tra cui rientra l’ingresso nell’Alleanza Atlantica. Ma per l’Ucraina “la situazione adesso è drammatica”, ha ammesso il ministro delle Finanze, Serhii Marchenko. “Non ci sono i mezzi per bloccare la Russia e per impedire che continui a conquistare i nostri territori, ma siamo forti, siamo determinati a proteggere il nostro Paese”.

Le posizioni di Mosca e Kiev restano dunque estremamente distanti. Anche se qualcosa sembra cambiato, almeno a parole. L’amministrazione Trump entrante ha fatto sapere di lavorare a un programma per la pace in Ucraina che prevede elezioni nel Paese invaso e la rinuncia ai territori occupati dai russi. Volodymyr Zelensky, da parte sua, ha prima trasformato il piano ucraino da “per la vittoria” a “di resilienza”, per poi aprire a una pace anche senza la restituzione dei territori occupati dai russi. Ma sotto l’ombrello della Nato. Propaganda e poco più.