In vista del cambio della guida della Nato a ottobre, l’attuale segretario Jens Stoltenberg batte il ferro finché è caldo. Mentre l’Occidente si riunisce per parlare di pace, i vertici dell’Alleanza fanno quello che fa ogni Comitato militari di Capi di Stato maggiore: preparare la guerra.
La tesi Stoltenberg, condivisa dalla leadership atlantica e finora benedetta dagli apparati, prevede sulla carta quattro azioni necessarie per assistere al meglio l’Ucraina, in un conflitto che si ritiene ancora lungo, nonostante vertici di pace in Paesi franchi ai quali non è presente l’altra parte, cioè la Russia. Non è però ancora stato raggiunto un accordo definitivo in seno all’Alleanza.
L’assistenza Nato all’Ucraina passa per 4 punti
Durante una conferenza a Bruxelles, e dopo la “crociata” per consentire agli ucraini di attaccare direttamente in territorio russo con armi occidentali, Stoltenberg ha evidenziato i quattro aspetti dell’assistenza che la Nato deve impegnarsi a fornire all’Ucraina perché possa difendersi dall’aggressione russa. Si tratta di un piano che dovrebbe essere approvato dal vertice dell’Alleanza in programma a luglio a Washington. Al termine della riunione ministeriale Difesa del Consiglio Atlantico, al quartier generale della Nato a Bruxelles, il segretario ha ammesso, tuttavia, che non c’è ancora accordo sulla sua proposta di un’assistenza di lungo termine a Kiev da 40 miliardi all’anno (l’Italia è uno dei Paesi contrari), mentre si sta ancora negoziando riguardo a un altro aspetto: quello del “linguaggio” sulla futura adesione dell’Ucraina all’Alleanza.
“Ci sono quattro cose principali che dobbiamo fornire all’Ucraina mentre ci prepariamo al vertice di Washington”, ha osservato Stoltenberg, il quale aveva proposto ad aprile un fondo da 100 miliardi di dollari per sostenere il Paese invaso.
- Il bisogno immediato di capacità di difesa. “Ad esempio – ha proseguito – nel campo della difesa aerea, alcuni alleati hanno annunciato o mi aspetto che annuncino un maggiore sostegno. Quando saranno pronti comunicheremo chi sono. Ma abbiamo bisogno di munizioni, abbiamo bisogno di più aerei F-16. Gli alleati stanno provvedendo a intensificare lo sforzo, ci sono stati grandi annunci e ce ne saranno di nuovi nelle prossime settimane. Insomma, la cosa più urgente che dobbiamo fare è fornire supporto militare urgente all’Ucraina”.
- L’assistenza della Nato nell’addestramento (“training” nella dizione ufficiale) per la sicurezza dell’Ucraina. In questo caso si tratta di un piano pienamente concordato e spetterà ai leader degli Stati membri lanciarlo, nelle prossime settimane, in vista del summit di Washington. Delineando alcuni elementi del piano, Stoltenberg ha riferito che l’Alleanza fornirà “addestramento presso le sue strutture di formazione, coordinando e pianificando le donazioni”.
- Un altro elemento riguarda l’impegno finanziario a lungo termine. “Su questo non abbiamo ancora raggiunto un accordo”, ha riconosciuto il segretario generale, con riferimento alla sua proposta di finanziare lo sforzo di difesa ucraino con 40 miliardi di euro all’anno, in base a un contributo dei Paesi Nato proporzionale al loro Pil. “Ci sto lavorando, e molti alleati sono molto favorevoli all’idea che non solo abbiamo bisogno di impegni a breve termine, che sono ovviamente i benvenuti. Ma che se potessimo avere impegni più prevedibili, a lungo termine, ciò offrirebbe agli ucraini migliori presupposti per la pianificazione. Darebbe maggiore prevedibilità e trasparenza, e assicurerebbe una condivisione minima ed equa degli oneri all’interno dell’Alleanza. E, cosa più importante, invierebbe a Mosca il messaggio che non ci stancheremo” di sostenere Kiev.
- L’ultimo elemento del pacchetto Stoltenberg riguarda la garanzia che l’Ucraina si avvicini all’adesione alla Nato. “Questo è in parte una questione di linguaggio, su cui ora si sta negoziando. Ovviamente però anche tutto ciò che facciamo per l’interoperabilità dell’Ucraina con la Nato, l’aiuterà a integrarsi prima nell’Alleanza prima, a diventare più rapidamente un alleato”.
Armi nello Spazio e modifiche ai confini: il contro-piano della Russia
Il progetto di Stoltenberg fa da contraltare al piano dichiarato dalla Russia, che va oltre il conflitto in corso. A fine maggio, il giorno dopo l’avvio di esercitazioni per l’uso di armi nucleari tattiche, da Mosca era arrivata un’altra notizia destinata a creare nuove tensioni con l’Occidente: una proposta per rivedere i confini sul Mar Baltico con Finlandia e Lituania. Ad una decisa smentita ufficiosa, ha fatto seguito una mezza ammissione del Cremlino, mentre Helsinki e Vilnius hanno chiesto spiegazioni a Mosca. Propaganda, al solito, ma che tocca corde psicologiche di chi ha subìto la dominazione sovietica.
Una provocazione aperta all’allargamento della Nato, che ha scatenato anche la reazione della potenza atlantica e globale: gli Stati Uniti. Il Pentagono ha accusato la Russia di aver lanciato il 16 maggio un satellite che “probabilmente rappresenta un’arma contro-spaziale“, posizionandolo nella stessa orbita di un satellite Usa. “Fake news”, secondo il Cremlino, che poi tramite il portavoce Dmitry Peskov ha affermato che Mosca agisce “assolutamente in conformità con il diritto internazionale” e sostiene “il divieto di lanciare qualsiasi arma nello spazio”. A cascata, nell’occhio del ciclone atlantico è finito anche il recente vertice a Pechino tra i presidenti Vladimir Putin e Xi Jinping, con stavolta la Gran Bretagna a fare la parte del megafono occidentale. L’accusa inglese è che la Cina stia fornendo a Mosca aiuti militari “letali” da utilizzare nel conflitto in Ucraina.
La proposta di rivedere le coordinate geografiche per modificare i confini marittimi nel Baltico è stata pubblicata su un portale governativo dal ministero della Difesa russo, che dopo alcune ore lo ha cancellato. La motivazione addotta è che le coordinate in vigore, stabilite dall’Unione Sovietica nel 1985, si basavano su mappe nautiche di piccola scala risalenti a metà Novecento, che dunque “non corrispondono pienamente alla moderna situazione geografica”. L’obiettivo del Cremlino è quello di dichiarare come acque interne della Russia quelle che circondano un gruppo di isole russe nel quadrante orientale del Golfo di Finlandia, e quelle su cui si affacciano le località di Baltiysk e Zelenogradsk, nella exclave di Kaliningrad. Sono seguite mezze smentite che però non modificano la realtà degli obiettivi strategici della Federazione, tra cui spicca quello di aumentare la profondità difensiva per combattere lontano dal cuore della nazione.
Il piano russo ha scatenato reazione abbastanza diverse. Se da un lato è arrivata la risposta molto dura della Lituania, che ha parlato di “un’altra operazione ibrida russa, questa volta nel tentativo di diffondere paura e incertezza, la reazione della Finlandia è stata invece più prudente, chiedendo “semplici” spiegazioni alla controparte diplomatica di Mosca.