Il piano di Israele per il Libano, chiudere tutto entro due settimane

Le forze israeliane non cessano le ostilità contro Hezbollah in territorio libanese, senza però voler compiere un'invasione vera e propria. E intanto non mollano neanche Gaza e la Cisgiordania

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Pubblicato: 5 Ottobre 2024 00:58

Israele conferma di non voler culminare le sue operazioni militari in Libano con un’invasione o un’occupazione a lungo termine. Come riferito da funzionari delle Forze di difesa (Idf), c’è la volontà di voler terminare gli scontri contro i miliziani di Hezbollah entro “due o tre settimane”. Il piano è stato accennato da un alto funzionario della sicurezza ai familiari degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas a Gaza, a quasi un anno dal maxi attacco del 7 ottobre 2023.

L’obiettivo dello Stato ebraico sarebbe quello di raggiungere un accordo diplomatico coi fondamentalisti sciiti che consenta a Tel Aviv di concludere poi anche un’intesa sulla liberazione dei connazionali detenuti nella Striscia di Gaza.

L’operazione di Israele in Libano

Come riportato dal Times of Israel, oltre 250 combattenti di Hezbollah sono stati uccisi durante le operazioni militari israeliane nel Libano meridionale, da quando le truppe hanno iniziato un’offensiva di terra all’inizio di questa settimana. Contemporaneamente il ministro della Difesa, Yoav Gallant, ha avvertito che lo Stato ebraico ha “altre sorprese in serbo”, mentre il gruppo libanese ha bombardato il nord del Paese confinante con una salva di razzi. Le Idf hanno poi ribadito come le incursioni lanciate in Libano siano “limitate, localizzate e mirate”, con l’obiettivo di demolire le infrastrutture di Hezbollah nella zona di confine, in particolare nei villaggi adiacenti a Israele, per consentire ai residenti evacuati di tornare nelle loro case.

Secondo l’esercito, tra i miliziani uccisi dall’inizio dell’offensiva terrestre figurano almeno 21 comandanti sul campo. La 98esima e la 36esima divisione delle Forze israeliane sono intervenute in diversi villaggi libanesi vicini alla frontiera, dove sono state individuati depositi di armi e infrastrutture di Hezbollah. Oltre mezzo milione di civili libanesi sono fuggiti dal sud del Libano, compresi i residenti di 37 città e villaggi ai quali è stato comunicato di dirigersi a nord del fiume Awali.

Nel corso delle operazioni, le truppe sono state principalmente sottoposte a fuoco di missili anticarro e colpi di mortaio, sebbene si siano verificati anche diversi scontri ravvicinati. Israele sta in pratica scommettendo che l’ondata di assassinii mirati di vertici politico-militari, a cominciare dall’ex leader Hassan Nasrallah, possa indebolire la fibra e le capacità di Hezbollah. Ed è pienamente consapevole che, se decidesse di addentrarsi nel Libano profondo, andrebbe incontro a un disastro annunciato.

La guerra prosegue anche nei territori palestinesi

L’operazione in Libano non ha distolto Israele dagli altri fronti mediorientali. I raid proseguono sulle località di Gaza, aumentando la portata dell’inaccettabile tragedia umanitaria che ha provocato oltre 42mila vittime fra i civili. L’offensiva dello Stato ebraico si sta concretizzando in tutta la sua ferocia anche in Cisgiordania, regione che il governo Netanyahu vuole annettere per creare quello che ha definito “Grande Israele” dal Mediterraneo alla Valle del Giordano.

Oltre alla violenza perpetrata dai coloni israeliani, inviati con armi e protezione per decimare la legittima presenza palestinese, Tel Aviv ha intensificato anche i bombardamenti. L’ultimo ha colpito la città di Tulkarem, provocando almeno 18 morti tra cui due fratellini di 7 e 8 anni. La giustificazione è sempre la stessa: in alcuni edifici si sarebbero nascosti militanti di Hamas e Jihad Islamico, dichiarati deceduti nel raid. Nella consueta retorica indignazione di Onu e organismi internazionali.