Il costo della guerra per la Russia: un affare da 30 miliardi di euro l’anno solo per stipendi e sovvenzioni

Un studio ha quantificato quanto costa la guerra a Putin. La cifra è riferita solo al mantenimento dei soldati combattenti e ai risarcimenti ai feriti e alle famiglie dei caduti

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Il costo della guerra contro l’Ucraina per la Russia si aggirerebbe su una somma compresa tra i 2,75 e i 3 trilioni di rubli l’anno (pari a 30 miliardi di euro), cifra corrispondente all’1,5% del Pil russo. Ma il dato, assolutamente parziale, si riferisce unicamente alla spesa pubblica per gli stipendi dei soldati e dei mercenari e per le sovvenzioni e i risarcimenti ai feriti e ai parenti dei militari caduti in combattimento.

A fare i conti in tasca al Cremlino ci ha pensato uno studio del progetto Re:Russia. Dal conto restano dunque esclusi i costi per il mantenimento dell’arsenale bellico in terra ostile e la conta dei danni in seguito agli assalti ucraini in territorio russo.

Quanto guadagna un soldato russo al fronte

La retribuzione dei soldati russi che vanno in prima linea ammonta a circa 16.000 euro. Si tratta di una cifra considerevole: Truenumbers, basandosi su dati relativi alla forbice 2015-2022, scrive che in Russia lo stipendio medio si aggira sui 450 euro mensili (all’anno sono 5.400 euro). Ma la cifra, che sembra assai bassa, è di gran lunga superiore rispetto allo stipendio medio di un lavoratore russo fino all’anno 2010: 290 euro (3.480 l’anno). È evidente che per i russi più poveri la guerra può essere vista come una forma di riscatto dalla miseria e di elevazione sociale.

L’aumento delle paghe dei soldati russi è aumentato ancora prima che l’Ucraina lanciasse l’attacco a sorpresa nella regione russa di Kursk. L’aumento delle paghe è finalizzato a incentivare il reclutamento di nuovi soldati e a cercare di rimandare il più possibile una mobilitazione obbligatoria su vasta scala che inevitabilmente sarebbe malvista dalla popolazione.

Come scrive Euronews, la seconda città più grande della Russia, San Pietroburgo, offre circa 11.000 euro per le nuove reclute. Mosca invece ha aumentato la ricompensa per i mercenari a circa 19.000 euro. La testata riporta una dichiarazione di Alexander Clarkson, docente al King’s College di Londra: “La Russia sta esaurendo i volontari disponibili, ma non vuole ripetere una mobilitazione impopolare. Ecco perché continua ad aumentare i bonus di ingaggio”.

In Russia economia a un bivio

L’economia russa è a un bivio: da una parte il fronte di guerra è affamato di soldati, ma dall’altra parte le industrie belliche sono affamate di manodopera, sempre più scarsa. Il Cremlino si trova a dover giostrare questo equilibrio. Per attrarre lavoratori le fabbriche potrebbero dover essere costrette ad aumentare le paghe, esattamente come hanno fatto gli enti reclutatori per stimolare gli arruolamenti in guerra.

Il business della guerra

Ma la spesa da 30 miliardi l’anno è parzialmente mitigata dalle nuove entrate dovute alla guerra: prima di tutto il grano e gli altri prodotti agricoli sottratti all’Ucraina nei territori conquistati.

Ci sono poi le industrie nazionalizzate e i brand che hanno lasciato volontariamente la Russia per protesta (o per timore di subire un danno d’immagine) e che sono passati a imprenditori locali: in questo caso si è trattato, nei fatti, di una cessione di business fiorenti con tanto di trasferimento di locali aziendali e risorse umane già formate ed esperte.