Sir John Roy Major, nato a Londra nel 1943, è un celebre politico britannico, che ha avuto un ruolo chiave in una fase molto particolare della storia recente del Paese. Primo ministro del Regno Unito dal 1990 al 1997, molto legato a Margaret Thatcher. Ha infatti ricoperto il ruolo di ministro nei suoi precedenti governi. Fu proprio lei, la iron lady, a sceglierlo per la candidatura alla guida dei tories.
La caduta di John Major
Un ruolo cardine, quello di John Major negli anni ’90 del Regno Unito. Svariati i momenti entrati nella storia, come la partecipazione ai negoziati per il trattato di Maastricht. Si confermò come una solida guida per i conservatori inglesi, portandoli al quarto successo elettorale consecutivo.
Il popolo era con lui, come dimostrò ampiamente il numero di voti raccolto, record nella storia elettorale del Paese: 14 milioni. Tutto cambiò in maniera radicale nel 1992, con il cosiddetto mercoledì nero. Le politiche economiche attuate non ebbero più presa sull’opinione pubblica e quel ruolo di guida venne perso in maniera graduale negli anni.
Il suo partito si cimentò in atti cruciali, dalla ripresa economica all’inizio del processo di pace con l’Irlanda del Nord. Gli scandali che coinvolsero vari ministri e parlamentari, così come le critiche dirette a Major, cambiarono radicalmente la situazione. Col tempo, il suo declino divenne evidente, fino alla sconfitta alle elezioni del 1997, la più netta e gravosa dopo la riforma del sistema del 1832.
Il mercoledì nero
Abbiamo citato il mercoledì nero del Regno Unito e di seguito spieghiamo di cosa si sia trattato. Nel 1992 il Primo ministro John Major fu costretto a uscire dall’ERM, ovvero il meccanismo dei tassi di cambio. Lottò per difendere il valore della moneta britannica ma fu tutto inutile. Si ritrovò invece a sprecare miliardi di sterline, il che ha portato alla nascita di quest’espression: mercoledì nero.
Nello specifico parliamo di una svalutazione molto rapida tanto della sterlina britannica quanto della lira italiana. Era mercoledì 16 settembre 1992 e il tutto fu causato da una gravosa fuga di capitali da entrambi i Paesi.
Le valute vennero escluse dal sistema monetario europeo, essendo incapaci di tutelare il proprio tasso di cambio, tenendolo al di sopra della soglia minima di fluttuazione richiesta alle banche centrali. Numeri alla mano, la Banca d’Inghilterra perse circa 3.3 miliardi di sterline. Tutto ciò alimentò una narrativa complottista, in relazione con la presunta esistenza di un sistema finanziario parallelo, al servizio di padroni non meglio identificati. Questi prenderebbero di mira determinati Paesi per soddisfare interessi non meglio specificati.
Considerando il profondo dramma vissuto, John Major si disse pronto a rassegnare le proprie dimissioni dal ruolo di Primo ministro. Tutto venne preparato, a partire dalla sofferta lettera di dimissioni, indirizzata ovviamente all’allora Regina Elisabetta II. Quella busta, però, non venne mai inviata a Buckingham Palace, entrando a far parte, minimamente, della storia del Paese.
Nel corso di ben 70 anni, proprio la adorata sovrana ha avuto modo di confrontarsi con numerosi Primi ministri. Tanto si è detto del suo rapporto con loro, soprattutto con Margaret Thatcher. Tra le due non scorreva buon sangue, il che generò una certa curiosità in merito al suo successore, John Major.
Questi era rappresentante di una nuova scuola di politici. Di fatto fu il primo premier britannico “giovane” con il quale Elisabetta II ebbe a che fa. Al tempo della sua elezione aveva “appena” 47 anni. A sorpresa, il legame con la sovrana fu molto stretto, al punto da decidere di nominarlo tutore dei principi William e Harry dopo la tragica morte di Lady Diana. A dimostrazione del forte legame, andato ben oltre il suo mandato, nel 2018 è stato l’unico politico invitato al matrimonio di Harry e Meghan Markle.