Fino al passaggio quanto mai traumatico che segnò la riconferma di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica, gli incontri (più o meno istituzionali) tra i vertici nazionali dei partiti di centrodestra si svolgevano con molta più frequenza rispetto a quanto successo nei mesi successivi. Il tentativo di Silvio Berlusconi di diventare Capo dello Stato – avvallato con discutibile convinzione anche dagli alleati, fino al definitivo tramonto di questa ipotesi – era stato utilizzato a lungo per mantenere compatti tutti i partiti dell’area, che mostravano (con anche un po’ di sfacciata ostentazione) un’unità poi rivelatasi solamente di facciata.
D’altronde le divisioni a livello parlamentare persistono sin dal periodo immediatamente successivo alle elezioni del 2018, quando la Lega decise di sganciarsi dalla coalizione con cui si era presentata agli elettori in campagna elettorale per sostenere il primo governo guidato da Giuseppe Conte assieme al Movimento 5 Stelle. Se in questo discorso si decide di tralasciare per scarsa consistenza numerica i raggruppamenti minori (Noi con l’Italia, Unione di Centro, Italia al Centro, Cambiamo e altre sigle spesso nate e poi defunte nel giro di poche settimane), si può notare come le tre componenti della coalizione abbiano assunto posizionamenti totalmente differenti nel corso della legislatura che si appresta a concludersi.
Incontro tra Berlusconi e Meloni a Villa Grande: il centrodestra riuscirà a ricompattarsi in vista del voto?
Se, come detto, il primo a disunire l’alleanza sia stato Matteo Salvini con la scelta di formare il governo gialloverde, nel Conte bis i tre partiti si sono poi ritrovati tutti all’opposizione dello schieramento composto da Pd, M5S, LeU e Italia Viva. Ma dal febbraio 2021 – quando Matteo Renzi decise di fare naufragare questa esperienza, portando Mario Draghi a Palazzo Chigi – un nuovo e fino a quel punto inedito scenario si è verificato nello schieramento di centrodestra: Forza Italia e Lega unite nel sostegno all’ex capo della Bce, mentre Giorgia Meloni confermava la scelta di rimanere all’opposizione, mostrando quanto meno una coerenza di fondo che l’ha accompagnata per tutti questi 5 anni, a differenza dello schizofrenico atteggiamento degli altri due.
In buona parte si può spiegare così il successo che la leader di Fratelli d’Italia sta avendo a livello di consensi, un quadro confermato da parte di tutti i sondaggisti: il suo partito pare essersi ritagliato lo status di prima forza politica del Paese, con una percentuale che oscilla tra il 21 e il 25 per cento. Un pacchetto importante di preferenze che gli eredi dell’Msi e di Alleanza Nazionale non hanno mai avuto nella loro storia (5 anni fa presero il 4,5%, entrando in Parlamento con un gruppetto di rappresentanti) e che ha spinto la Meloni a porsi come candidata premier di tutta la coalizione prima ancora di aver fatto i conti con quelli che ancora si ostina a definire alleati (in questo articolo vi abbiamo parlato della lista dei ministri che avrebbe intenzione di presentare).
Il centrodestra alla ricerca dell’unità smarrita: il vertice tra il Cavaliere e Meloni e la data per l’incontro con Salvini
Il confronto appunto, quello che (riprendendo il discorso) è venuto a mancare dopo la corsa al Quirinale e che oggi invece tutti sembrano disposti a riprendere in vista di un appuntamento elettorale che si presenterà molto prima di quanto tutti si aspettassero. Mancano poco più di 60 giorni al prossimo 25 settembre – domenica in cui gli italiani saranno chiamati alle urne – e occorre ritrovare la compattezza perduta per muoversi senza commettere errori nel corso di quella che sarà una delle campagne elettorali più fulminee della storia repubblicana.
È su questa base che Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi si sono ritrovati attorno a un tavolo nella giornata di venerdì. La leader di Fratelli d’Italia è stata ricevuta nella residenza romana del Cavaliere: siamo a Villa Grande, tenuta situata a Sud della Capitale, nella zona di Castel Gandolfo, estrema periferia del Municipio IX. I due non si vedevano vis a vis da inizio anno, quando appunto erano in corso le trattative per il Colle, e l’incontro è servito per ripristinare il rapporto interrotto e riallacciare molti discorsi.
Pragmatica e concisa lei, assai esperto e navigato lui, non c’è stato bisogno di molti preliminari per arrivare a definire e sviscerare le vere questioni dirimenti nell’agenda del centrodestra: il nodo della leadership dell’area (che Meloni e Salvini vogliono delineare “in base alle scelte degli elettori“, mentre Berlusconi vorrebbe far decidere ai deputati e senatori che verranno eletti) e la spartizione delle candidature nei collegi uninominali che la legge elettorale attuale – il cosiddetto Rosatellum – impone per la componente maggioritaria del sistema.
Nuovo summit in vista per i partiti di centrodestra: quando si incontreranno alla Camera
Tra una porzione di pere cotte col vino – che l’ospite aveva più volte elogiato durante le precedenti visite – e un paio di telefonate ai rispettivi bracci destri (Antonio Tajani per lui, Guido Corsetto per lei), l’occasione alla fine non ha prodotto nessun comunicato ufficiale. Nonostante l’urgenza nulla ancora è stato deciso, se non altro perché occorre consultare il terzo attore della pièce. Matteo Salvini era stato informato dell’invito dell’ex premier a quella che fu la sua ministra, ma ha preferito non commentare pubblicamente e attendere le novità che sarebbero filtrate. L’unica che abbia rilevanza riguarda proprio il prossimo vertice che li vedrà tutti coinvolti e che è stato fissato per il prossimo mercoledì 27 luglio.
Giorgia Meloni aveva chiesto fin da prima che – a differenza delle precedenti occasioni in cui i vertici (proprio come venerdì) si erano tenuti sempre a casa di Berlusconi – questa volta si individuasse una sede istituzionale. Ed è stata accontentata: l’appuntamento è alla Camera dei Deputati, in un’aula del Palazzo di Montecitorio di cui però non è ancora stato reso noto il nome. Poco importa per chi ha temi ben più caldi da affrontare: oltre alle priorità già elencate e su cui ci sarà un aspro confronto, i leader dovranno anche mettere le basi per il programma elettorale con cui si presenteranno agli italiani. Il tempo stringe e nessuno vuole farsi trovare impreparato a quello che si prevede essere un passaggio chiave per il futuro politico di ognuno di loro.