Se una riforma organica del sistema pensionistico e gli annunciati interventi sulla flessibilità in uscita sono rimasti esclusi dalla legge di Stabilità 2016, e rimandati di almeno un anno, il governo è intervenuto solo su pochi e circoscritti temi d’attualità: l’opzione donna, l’estensione della no tax area dei pensionati, l’ultima salvaguardia esodati. Ora, con la relazione tecnica a supporto della manovra, si svela come verranno coperti tali interventi: i soldi arriveranno dal taglio delle pensioni più alte, oltre i duemila euro gli assegni avranno rivalutazioni più basse.
RIVALUTAZIONI – La manovra finanziaria firmata dal presidente della Repubblica ed ora approdata al Senato prevede per coloro che ricevono assegni superiori a tre volte il minimo e inferiori a 4 volte (inferiori cioè a circa 2mila euro) una rivalutazione del 95% contro il 90% previsto nel triennio 2014-2016. Per quanto riguarda invece le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il minimo (fino a circa 2.500 euro) è stata decisa una rivalutazione nel biennio 2017-2018 del 75% contro il 90% previsto attualmente. Maggiori differenze per chi ottiene una pensione compresa tra 5 e 6 volte il minimo. In questo caso l’assegno verrà rivalutato del 50% invece che per il 75%. Infine, i trattamenti pensionistici che superano di 6 volte il minimo pensionistico. Per gli assegni oltre i 3mila euro la rivalutazione sarà del 45% contro l’attuale 75% del triennio in corso.
LA COPERTURA – Si tratta della proroga della misura del governo Letta che doveva restare in vigore fino al 2016 ma che, stando alla relazione tecnica alla legge di stabilità, risulta invece prolungata. In realtà, secondo quanto era emerso dalle bozze della manovra finanziaria del governo Renzi, il blocco dell’indicizzazione era stato posto come clausola di salvaguardia nel caso in cui le risorse stanziate dall’esecutivo non fossero state sufficienti. Invece, ora, il taglio della rivalutazione assume la forma di copertura a tutti gli effetti.
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