Riforma pensioni: torna ipotesi Quota 100, ma con taglio ulteriore

Riparte il confronto fra governo e parti sociali sul dopo Quota 100. Che potrebbe restare, ma in forma più penalizzata.

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Paolo Viganò

Giornalista di attualità politico-economica

Classe 1974, giornalista professionista dal 2003, si occupa prevalentemente di politica, geopolitica e attualità economica, con diverse divagazioni in ambito sportivo e musicale.

Pubblicato: 7 Settembre 2020 10:14

Prima dell’emergenza Coronavirus, l’obiettivo del Governo era di arrivare a una riforma organica del sistema pensionistico entro il 31 dicembre 2021, data di “scadenza” di Quota 100. Lo scorso febbraio, la ministra per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone aveva affermato che l’Esecutivo era al lavoro per evitare che si venisse a creare uno scalone tra chi era potuto andare in pensione a 62 anni (con 38 anni di contributi) e chi, invece, era costretto ad attendere i 67 anni di età (la Riforma Fornero, infatti, non è mai stata cancellata).

Ipotesi in campo

Il Governo stava studiando la fattibilità dell’adozione per tutti i lavoratori di una “Quota 101”, che avrebbe garantito a tutti i lavoratori italiani di andare in pensione con regole certe e uguali per tutti. Il funzionamento, a grandi linee, è lo stesso di Quota 100, ma basata su diversi fattori da sommare. La linea delle opposizioni è dettata dalla Lega, il cui scopo è quello di confermare Quota 100, in attesa che sia possibile approvare una riforma organica basata su Quota 41.

Ma cos’è, esattamente, quota 41? Come dice il nome stesso, la riforma delle pensioni della Lega prevede che chiunque possa andare in pensione una volta raggiunti i 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica. Ciò premierebbe i cosiddetti “lavoratori precari” che, entrati in fabbrica in giovanissima età (anche a 15 o 16 anni), sono ancora oggi costretti a lavorare per raggiungere l’età minima pensionabile.

Ipotesi 62 anni

Allo studio dei tecnici del ministero del Lavoro c’è anche l’uscita anticipata a 62 anni con un requisito più basso rispetto ai 38 anni di Quota 100. Il taglio dell’assegno previdenziale dipenderebbe dagli anni di anticipo rispetto all’età per la pensione di vecchiaia: intorno al 3% per ogni anno, che porterebbe il taglio massimo al 15% rispetto all’assegno pieno che si matura a 67 anni.

Quota 100 con taglio maggiorato

Ora, nella settimana in cui le parti tornano ad incontrarsi per definire un percorso comune, torna in auge l’idea di una sorta di Quota 100 maggiormente penalizzata. Ossia l’introduzione di un meccanismo flessibile per consentire le uscite a partire da 62, o 63, anni di età anagrafica e un’anzianità contributiva minima di 38 anni, o forse anche 36, prevedendo una penalizzazione, con l’aggancio pieno al sistema contributivo puro, sotto forma di riduzione del trattamento del 2,8-3% per ogni anno di anticipo rispetto alla soglia del pensionamento di vecchiaia (67 anni). Meccanismo che peraltro potrebbe divenire anche uno strumento da utilizzare insieme agli ammortizzatori nella gestione delle crisi aziendali dei prossimi mesi, soprattutto dopo che sarà stato spento l’attuale semaforo rosso ai licenziamenti.

Naturalmente non mancano gli scogli da superare: gli eventuali costi delle proposte in campo e il ripristino dell’adeguamento automatico all’aspettativa di vita per le pensioni anticipate, che è stato bloccato fino al 2026 dall’esecutivo giallo-verde Conte 1 con l’introduzione di Quota 100.