In pensione a 70 anni, aumenta l’età in Italia: tra i Paesi Ocse più vecchi

L’età pensionabile continuerà a salire e l’Italia è tra i Paesi più colpiti, tra invecchiamento rapido, calo demografico e divari di genere

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

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L’età pensionistica continuerà ad aumentare in molti Paesi avanzati, Italia compresa. Per le generazioni che hanno lasciato il lavoro nel 2024, l’età media di pensionamento effettiva è stata di 63,9 anni per le donne e 64,7 anni per gli uomini. Ecco quanto emerge dai dati del Panorama delle Pensioni 2025 dell’Ocse. Ma per l’Italia lo scenario futuro è ancora più critico: lo studio prevede un’età pensionabile vicina ai 70 anni.

Età pensionistica verso i 70 anni in diversi Paesi

L’Italia, quindi, si conferma in quella che potremmo definire la “fascia alta” della longevità lavorativa, un dato che avrà ripercussioni profonde sul mercato del lavoro e sulla società. Stando al rapporto, l’età media di pensionamento nei Paesi Ocse salirà da 63,9 a 65,9 per le donne e da 64,7 a 66,4 anni per gli uomini. Il rapporto segnala che, sulla base delle normative attualmente in vigore, l’età pensionabile aumenterà in oltre la metà dei Paesi Ocse.

La differenza tra Stati è molto ampia: si va dai 62 anni per gli uomini in Colombia (57 per le donne), fino ai 70 anni o più previsti ad esempio in Danimarca, Estonia, Italia, Paesi Bassi e Svezia. Un’evoluzione che è direttamente collegata all’allungamento della vita media e alla necessità di garantire la sostenibilità dei sistemi previdenziali pubblici.

Un invecchiamento demografico accelerato

Tra i motivi di questo rialzo dell’età pensionistica c’è un fenomeno inarrestabile: l’invecchiamento della popolazione. Nei Paesi Ocse, il numero di over 65 per ogni 100 persone in età lavorativa (20-64 anni) è destinato a crescere in modo esponenziale. Si passerà da una media di 22 anziani ogni 100 lavoratori nel 2000 a 33 nel 2025, fino a toccare il picco di 52 nel 2050.

Per l’Italia l’allarme è doppio. Oltre a un invecchiamento galoppante, il rapporto prevede un crollo verticale della popolazione attiva. Nel rapporto si legge che:

La popolazione in età lavorativa (20-64 anni) dovrebbe diminuire di oltre il 35% nel corso dei prossimi quattro decenni, insieme a Corea, Lettonia, Lituania e Polonia.

Per Stati come l’Italia, che è nelle posizioni più critiche per età pensionabile, invecchiamento e calo demografico, il rapporto suona come un ulteriore campanello d’allarme.

Donne penalizzate, pensioni inferiori del 25%

Il rapporto evidenzia anche un forte divario di genere. Se l’allungamento della vita lavorativa è una tendenza che accomuna tutti, lo stesso non si può dire per il trattamento pensionistico tra uomini e donne. A livello medio, le donne percepiscono pensioni mensili inferiori di un quarto (circa il 23%) rispetto a quelle degli uomini. In termini pratici, come sottolinea l’editoriale del direttore per l’Occupazione, il Lavoro e gli Affari sociali dell’Ocse, Stefano Scarpetta:

Le donne percepiscono ancora solo 77 centesimi per ogni euro o dollaro guadagnato dagli uomini e il tasso di povertà in età avanzata è nettamente più elevato tra le donne.

Questo gap, tuttavia, non è uniforme. Esistono realtà virtuose, come:

  • Estonia;
  • Islanda;
  • Slovacchia;
  • Slovenia;
  • Repubblica Ceca.

In questi Stati il divario si mantiene al di sotto del 10%. All’estremo opposto, invece, troviamo Paesi come:

  • Austria;
  • Messico;
  • Olanda;
  • Regno Unito.

Si registrano qui differenze superiori al 35%, con il Giappone che detiene il primato negativo con un abissale 47%.