Pensioni, la Lega contro l’aumento delle finestre: “Non è il momento di alzare la soglia”

La Lega respinge l'ipotesi di allungare le finestre per le pensioni anticipate. Il tema di Quota 41 rimane aperto, ma i costi sono ancora sotto esame

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 28 Agosto 2024 08:34

L’ipotesi di un ulteriore allungamento delle finestre per l’uscita anticipata dal lavoro si fa sempre più concreta, ma trova l’opposizione ferma della Lega. L’idea, che prevede di aumentare il tempo di attesa da 3 a 6-7 mesi, permetterebbe risparmi importanti, stimati in circa un miliardo e mezzo all’anno. Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon non lascia spazio a compromessi: “Non è tempo di aumentare la soglia”, ha dichiarato durante il programma L’aria che tira su La7.

Pensioni anticipate: “Le finestre non si toccano”

Le voci di una possibile estensione delle finestre di uscita per chi ha 42 anni e 10 mesi di contributi hanno creato non poco allarme, ma la risposta della Lega è stata immediata. Durigon si è espresso in modo netto: le regole stabilite dalla legge Fornero, pur dure da digerire, non subiranno modifiche in questa direzione. Il rischio di vedere un ulteriore allungamento delle tempistiche, già criticate dai lavoratori, sembra scongiurato, almeno per ora.

Quota 41: sì, ma con i conti in ordine

Il vero nodo della questione previdenziale rimane Quota 41. Se da un lato la Lega spinge per il via libera a questa misura, dall’altro Durigon non lascia spazio a fraintendimenti: ogni concessione in termini di flessibilità dovrà essere coperta. Tradotto: chi vorrà uscire prima dovrà accettare un ricalcolo basato sui contributi versati, senza sconti. Una manovra che, pur offrendo nuove possibilità, si accompagna inevitabilmente a una riduzione degli importi pensionistici per molti lavoratori.

I dubbi di Giorgetti sui costi di Quota 41

La posizione del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non è altrettanto favorevole rispetto al progetto di Quota 41. Nonostante condivida la visione politica del suo partito, Giorgetti teme che una misura così ampia possa gravare sulle finanze pubbliche. Anche se il calcolo della pensione verrebbe effettuato interamente con il sistema contributivo, i costi per lo Stato sarebbero comunque elevati. Il ministro, infatti, predilige soluzioni che stimolino i lavoratori a prolungare la propria permanenza nel mercato del lavoro.

Le preoccupazioni di Giorgetti trovano conferma nei numeri. I dati dell’Inps relativi al primo semestre dell’anno mostrano come ben il 28% dei lavoratori sia andato in pensione prima dei 60 anni. Un dato che riflette il forte desiderio di uscire dal mondo del lavoro non appena raggiunti i requisiti minimi, alimentando il dibattito su come garantire la sostenibilità del sistema previdenziale.

Previdenza per i giovani: futuro incerto

Ma il dibattito non si ferma qui. La questione delle pensioni per i più giovani rimane un tema caldo. Con il sistema contributivo entrato a pieno regime dal 1996, è chiaro che le generazioni attuali dovranno fare i conti con pensioni più basse rispetto ai loro predecessori. Per questo, Durigon ha messo sul tavolo l’idea di potenziare la previdenza complementare, invitando i giovani a prendere in mano il proprio futuro previdenziale. Un invito che, però, si scontra con la dura realtà di un mercato del lavoro sempre più frammentato e incerto.

Opzione Donna e Ape Sociale: il destino delle misure speciali

Non è solo Quota 41 a tenere banco. Anche altre misure come Opzione Donna e Ape Sociale sono sotto la lente d’ingrandimento. Durigon ha aperto alla possibilità di rinnovare Opzione Donna, pur con modifiche rispetto al 2023, mentre per Ape Sociale ha espresso una chiara volontà di mantenerla. Due strumenti che continuano a rappresentare un’ancora di salvezza per determinate categorie di lavoratori, ma che potrebbero essere oggetto di ulteriori aggiustamenti nella prossima legge di bilancio.