Pensioni: addio flessibilità, arriva Quota 104. Lavoratori penalizzati

La Manovra abolisce Quota 103 per una Quota 104 che penalizza i lavoratori: restano Ape sociale e Opzione donna ma con requisiti ancor più rigidi.

Foto di Paolo Viganò

Paolo Viganò

Giornalista di attualità politico-economica

Classe 1974, giornalista professionista dal 2003, si occupa prevalentemente di politica, geopolitica e attualità economica, con diverse divagazioni in ambito sportivo e musicale.

Il timore dell’effetto sui mercati di uno spread fuori controllo ha finito per penalizzare il comparto pensioni nella legge di Bilancio che il governo si appresta a licenziare. L’unica via per convincere la Commissione e gli investitori della solidità del sistema, viste le altre scelte, era intervenire in modo rigoroso sul sistema previdenziale. Così la tanto sbandierata abolizione della legge Fornero si tramuta in realtà in una sostanziale eliminazione della flessibilità in uscita. Se l’obiettivo di legislatura – parecchio improbabile – resta Quota 41 cara alla Lega, la realtà odierna prevede l’abolizione di Quota 103 che lascia strada a una Quota 104 più penalizzante per i lavoratori, mentre Opzione Donna e ApE Sociale avranno paletti ancora più rigidi. Vediamo come nel dettaglio.

Quota 104 penalizzata

Nella bozza della Manovra si parla di Quota 104 penalizzata, ovvero la possibilità di andare in pensione anticipata con almeno 63 anni di età (erano 62 nel 2023) e 41 anni di contributi. Secondo la bozza chi deciderà di accedere alla pensione con questo strumento avrà una riduzione dell’importo relativo alla quota retributiva legato all’età di uscita. La Quota studiata dal Tesoro prevede un bonus per chi resta al lavoro – il cosiddetto Bonus Maroni – e una penalizzazione per chi invece chiede il pensionamento anticipato. Inoltre vengono allungate le finestre per uscire e chi ha diritto ad andare in pensione dovrà aspettare più tempo: da tre a sei mesi per il settore privato e da sei a nove mesi per il settore pubblico.

Novità per Opzione donna

Legato alle pensioni è anche il capitolo dedicato a Opzione donna, con le donne lavoratrici che hanno raggiunto almeno 35 anni di contributi entro il 2023 che potranno accedere alla pensione purché abbiano compiuto 61 anni, requisito ridotto di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due. L’importo della pensione sarà ricalcolato interamente con il metodo contributivo.

Restano le restrizioni previste nel 2023 (bisogna essere disoccupate, care giver o con una invalidità almeno del 74%) così come la finestra mobile di un anno per le dipendenti e 18 mesi per le autonome una volta raggiunti i requisiti per ottenere l’assegno.

“Dedicata a te” e Ape sociale

Il governo presieduto dalla premier Giorgia Meloni ha deciso poi di mettere a disposizione nuove risorse per la carta “Dedicata a te“, il fondo nato con la scorsa Manovra destinato all’acquisito di beni alimentari di prima necessità per chi ha un Isee pari o inferiore a 15.000 euro. Per il 2024 la misura è stata rifinanziata con 600 milioni.

Sarà invece possibile accedere all’Ape sociale per tutto il 2024. Per i disoccupati, le persone con invalidità almeno del 74%, i lavoratori impegnati in attività gravose e i lavoratori che assistono persone con handicap in situazione di gravità si potrà accedere allo strumento con almeno 63 anni e cinque mesi. L’autorizzazione di spesa aumenta di 85 milioni per il 2024, di 168 milioni per il 2025, di 127 milioni per il 2026.

Speranza di vita e giovani

La bozza della manovra anticipa a fine 2024 (da fine 2026) la stop al blocco dell’adeguamento. Dunque dal 2025 potrebbero non bastare più 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 per le donne per andare in pensione. indipendentemente dall’età anagrafica. Pagano dazio anche i giovani che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996. L’importo minimo maturato per poter accedere alla pensione a 64 anni con 20 anni di contributi sale a 1.700 euro al mese, un provvedimento che favorisce gli stipendi più alti, non esattamente in voga tra i millennials.