Claudio Durigon l’ha spuntata: da mesi il sottosegretario al Lavoro e vicesegretario della Lega, in tema di pensioni, spingeva per la promozione del doppio binario composto da previdenza tradizionale e complementare.
L’intenzione si concretizza oggi tramite l’emendamento, promosso sempre dalla Lega, a firma di Tiziana Nisini. Il testo di modifica alla Manovra è stato approvato dalla commissione Bilancio della Camera.
Cosa cambia
Per i lavoratori che ricadono nel sistema interamente contributivo, e che quindi rispetto ai loro predecessori si ritroveranno a dover incassare assegni sensibilmente più sottili, diventa più appetibile poter accedere al canale di pensionamento anticipato con almeno 64 anni di età anagrafica e 20 di contribuzione.
L’opportunità arriva grazie all’integrazione con la previdenza complementare. In sintesi, chi ha cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 potrà utilizzare l’eventuale rendita della pensione integrativa per raggiungere la soglia di importo minimo del trattamento necessario per poter accedere a tale forma di anticipo, ovvero 3 volte l’assegno sociale. L’opportunità è vincolata alla maturazione di almeno 20 anni di versamenti.
Si tratta di un emendamento che “premia la flessibilità in uscita”, come ha dichiarato Claudio Durigon. “Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni”. Il sottosegretario ha poi affermato che “con il provvedimento si interviene in tema pensionistico affrontando concretamente il problema delle pensioni povere, destinate ad aumentare a fronte di un sistema contributivo che sarà più prevalente”.
L’obiettivo primario della Lega era quello di portare a casa la Quota 41, in deroga all’odiata Legge Fornero, poi ridimensionata in Quota 41 light. Su un altro fronte, nel frattempo, il Carroccio ragionava sulla possibilità di destinare obbligatoriamente il 25% del Tfr dei lavoratori dipendenti alla previdenza integrativa. Lo scopo di Durigon, espresso senza giri di parole, era quello di evitare che i futuri pensionati italiani si ritrovassero a incassare assegni “da fame”.
Oggi arriva dunque la soluzione di compromesso: l’anticipo pensionistico a 64 anni, ma sostenuto dalla previdenza complementare.
Come funziona oggi
Oggi per accedere alla pensione anticipata con 64 anni d’età anagrafica e 20 di contribuzione (in regime totalmente contributivo), è necessario che l’importo del trattamento sia pari ad almeno 3 volte l’assegno sociale (cioè 534,41 euro moltiplicato per 3). Dal 2024 la soglia è salita: nel 2023 si parlava di 2,8 volte l’assegno sociale.
Dal prossimo anno, salvo diversa indicazione temporale, con l’emendamento Nisini l’importo richiesto per la pensione anticipata potrà essere raggiunto ricorrendo anche alla previdenza integrativa.
Le intenzioni della Lega dal 2026
Ma l’emendamento presentato a correttivo della Manovra è solo uno step intermedio: le intenzioni della Lega sono quelle di inserire nella Manovra 2026 un ulteriore provvedimento per allargare ulteriormente il bacino di utenza della misura: oggi viene rivolta unicamente a chi ricade al 100% nel sistema contributivo, essendo già entrato nel mondo del lavoro dall’1 gennaio 1996, dal 2026 il Carroccio tenderà la mano ai lavoratori che ricadono nel regime misto. Si parla di un bacino d’utenza potenziale di circa 80.000 persone. Ma i costi peseranno sul bilancio pubblico per almeno 1 miliardo di euro.