La riforma del Catasto si arricchisce di un nuovo capitolo, costruito sulla base di un accordo di maggioranza che ha superato lo stallo raggiunto in Commissione Finanze della Camera. Bisogna però precisare che il nuovo sistema, se mai vedrà la luce, scatterà nel 2026 e non presenterà grandi novità.
Le nuove regole sembrano accantonare poi l’ipotesi di un archivio basato sui metri quadrati, più vicina alla realtà del vecchio criterio dei vani catastali. Di contro si ripresenta invece con rinnovata forza la caccia alle cosiddette “case fantasma”.
Cosa sono le case fantasma
Tutti gli edifici, o relative porzioni, non risultanti al registro del catasto sono comunemente indicati con l’espressione “case fantasma“. Si tratta di unità immobiliari non dichiarate, cioè costruite senza alcuna autorizzazione per evitare che vengano accatastate. I fenomeni legati a una tale condotta sono essenzialmente due:
- l’evasione fiscale;
- l‘abusivismo edilizio, e cioè la realizzazione di volumetrie nei casi in cui non è possibile farlo.
Negli scorsi anni lo Stato ha impiegato una serie di droni per censire gli edifici non registrati. Il confronto con le mappe e visure catastali ha portato alla scoperta di due milioni di “particelle” non dichiarate, con circa 1,2 milioni di unità immobiliari.
Una quantità che, secondo gli esperti, non è troppo cambiata negli anni. Anche perché la grande maggioranza dei proprietari degli immobili fantasma ha regolarizzato la sua posizione in Catasto, affrontando anche la relativa procedura di sanatoria comunale, quando possibile. Ma in molti casi si trattava di abusi regolarizzabili, oppure di opere perfettamente lecite ma che non erano state segnalate in variazione al Catasto (anche per ragioni evasione fiscale). O, ancora, di magazzini o tettoie da abbattere.
Caccia alle case fantasma: cosa prevede la riforma del catasto
La caccia alle case fantasma ripartirà con una semplificazione delle comunicazioni e dell’uso di strumenti ai fini dei controlli sul territorio da parte degli enti locali. Il maggior gettito scovato dall’evasione potrà poi essere utilizzato per abbattere il prelievo sugli immobili “regolari” dello stesso Comune.
L’intento del Governo di Mario Draghi è insomma la lotta all’evasione immobiliare, verificando in concreto consistenze di terreni e fabbricati, ma anche il corretto classamento e accatastamento, con incentivi per i Comuni che realizzano questi accertamenti.
Se da un lato il nuovo catasto non avrà legami con l’andamento dei prezzi di mercato, dall’altro consentirà solo di consultare dall’archivio del singolo immobile i valori dell’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi). Quest’ultimo fotografa i prezzi divisi per zone, ma con un’ampia forchetta tra un minimo e un massimo, impossibili da utilizzare ai fini fiscali per adeguare la tassazione.
L’iter della riforma del catasto
Il testo dell’accordo sul nuovo catasto è sfumato, come tutte le norme che scaturiscono da una mediazione politica. La prossima settimana il testo riformulato sarà inserito nel provvedimento della legge delega all’esame del Parlamento, che per diventare operativa necessiterà di un decreto legislativo.
Si prevede che le attuali informazioni del catasto saranno “integrate”, con l’obiettivo di rendere disponibili nuove informazioni a partire dal primo gennaio 2026, e “non potranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibili dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali”. Tradotto: non si passerà da un regime “catastale” a uno di tipo “patrimoniale” basato su valori reali.