Taglio dei tassi, settimana decisiva per le banche centrali

Attesa per i dati su inflazione e industria in Europa, con la BCE protagonista. Fed, BoE e BoJ completano il quadro globale

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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Settimana decisiva per i mercati del Vecchio Continente: l’attenzione sarà rivolta ai dati sull’inflazione dell’Eurozona, attesa per la conferma al 2,1%, all’indice Zew tedesco sulle aspettative economiche, visto ancora in calo e all’inflazione britannica, prevista stabile al 3,8%. A questi numeri si aggiungono gli interventi della presidente della BCE Christine Lagarde in un calendario fitto che aiuterà a capire lo stato di salute dell’economia europea.

La Federal Reserve resta sullo sfondo: mercoledì è atteso un taglio di 25 punti base, che riporterebbe i tassi tra il 4 e il 4,25%. Ma per i mercati europei a contare davvero saranno le mosse di BCE e BoE, insieme agli aggiornamenti che testeranno la fiducia e la resilienza del continente. In Italia, intanto, il dibattito politico si concentra sulla Manovra, con l’ipotesi di un taglio dell’Irpef, e sull’opas di MPS su Mediobanca, che animerà Piazza Affari.

Gli appuntamenti della settimana

Lunedì i mercati giapponesi resteranno chiusi per festività. L’attenzione sarà rivolta ai dati di vendite al dettaglio e produzione industriale in Cina, alla bilancia commerciale europea di luglio e all’indice sulla manifattura nello Stato di New York, primo test sul sentiment industriale USA.

Martedì il focus sarà sull’Europa, con i dati sull’occupazione britannica, l’indice Zew tedesco sulle aspettative economiche e la produzione industriale dell’eurozona. Dagli Stati Uniti arriveranno invece le vendite al dettaglio, attese in frenata allo 0,2% ad agosto dopo lo 0,5% di luglio e la produzione industriale. In programma anche un’asta di Treasury ventennali, utile a misurare l’appetito del mercato per il debito a lungo termine americano.

Mercoledì sarà la giornata chiave: in uscita l’inflazione britannica di agosto (attesa stabile al 3,8%) e i dati definitivi sull’inflazione dell’Eurozona, che dovrebbero confermare il +2,1% preliminare. Sul fronte istituzionale parleranno la presidente della BCE Christine Lagarde e i membri del board Madis Muller e Joachim Nagel. Ma l’evento clou sarà la decisione della Fed, che dovrebbe tagliare i tassi di 25 punti base, seguita dalla conferenza stampa di Jerome Powell.

Giovedì spazio ancora alla BCE, con diversi interventi da parte di Lagarde, del vicepresidente Luis de Guindos, della presidente del consiglio di vigilanza Claudia Bunch e di Isabel Schnabel. A Londra la Banca d’Inghilterra dovrebbe confermare i tassi al 4%, mentre dagli Stati Uniti arriveranno i dati settimanali sui sussidi di disoccupazione.

Borse
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Taglio dei tassi.

Venerdì si chiuderà con la Banca del Giappone, che secondo le attese manterrà invariati i tassi allo 0,5%, ma il messaggio del governatore sarà seguito con attenzione per capire le prospettive di politica monetaria a Tokyo.

L’Italia tra Manovra e banche

Tornando in Italia, la premier Giorgia Meloni ha ribadito che nella prossima legge di Bilancio l’obiettivo è ridurre il peso fiscale sul ceto medio. Tra le misure allo studio c’è il taglio dell’Irpef dal 35 al 33% per i redditi fino a 50-60.000 euro. Si tratta di una misura che potrebbe costare oltre 4 miliardi di euro e dovrà essere valutata attentamente in termini di sostenibilità dei conti pubblici. La manovra occupa parte del dibattito, anche per via delle altre possibili misure sul tavolo, come la detassazione della tredicesima e dei premi di produttività.

Allargando lo sguardo, invece, Piazza Affari la settimana sarà segnata dalle ultime battute dell’opas di MPS su Mediobanca: i termini riaprono martedì, mentre giovedì è atteso il consiglio di amministrazione.

Fed verso il taglio dei tassi

È atteso per mercoledì l’annuncio del taglio dei tassi di 25 punti base da parte della Federal Reserve. L’operazione porterebbe il costo del denaro tra il 4 e il 4,25%. Si tratta dell’ipotesi più probabile secondo il FedWatch di Cme Group, che assegna l’88% di probabilità a questa mossa. Resta però un margine, quell’11,8% che potrebbe invece portare a una sforbiciata più netta di circa 50 punti. A far propendere verso questa ipotesi, i dati del lavoro negli Stati Uniti che ad agosto hanno visto un aumento di soli 22.000 posti, contro i 75.000 previsti e un segnale di debolezza nel settore manifatturiero, edilizio ed energetico.

La Fed si trova stretta tra due mandati, da una parte contenere l’inflazione e dall’altra sostenere l’occupazione. Sono due forze contrapposte che vedono da un lato i prezzi restare oltre il target, dall’altro il rallentamento del mercato del lavoro aumenta la pressione affinché ci sia un intervento più deciso. Ed è in questo scenario che si inserisce ovviamente il fattore politico.

Donald Trump, da tempo infatti, invoca la riduzione del costo del denaro e punta a rafforzare la sua influenza sulla Fed attraverso nuove nomine. Secondo l’analisi di Ruchir Sharma sul Financial Times, c’è il rischio di alimentare una nuova bolla finanziaria legata al boom tecnologico e all’intelligenza artificiale.