In Italia tassi tra i più bassi d’Europa, ora comprare casa conviene

Nel 2025 i tassi dei mutui in Italia sono tra i più bassi in Europa. Rata in calo, risparmi fino a 40mila euro: conviene ora puntare su un finanziamento a tasso variabile

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

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Il mercato dei tassi è in perenne evoluzione; dopo un 2023 difficile, grazie ai tagli operati dalla Banca Centrale Europea nel corso dell’ultimo anno, la situazione sembra essersi risollevata. Difficile dire se ci saranno altri tagli all’orizzonte, ma per il momento comprare casa con un mutuo sta diventando estremamente vantaggioso.

Specie in Italia, dove il nostro Paese si distingue per condizioni di finanziamento più favorevoli rispetto a gran parte d’Europa.

I tassi di interesse in Europa

Lo attestano i dati dell’European Mortgage Federation relativi al quarto trimestre del 2024. Il tasso medio sui mutui in Italia si è attestato al 3,11%, uno dei valori più bassi tra quelli analizzati nello studio comparativo a livello europeo.

In alcuni Paesi dell’Est Europa, ad esempio, i costi per accendere un mutuo risultano particolarmente gravosi. Anche in alcune economie avanzate i tassi rimangono sensibilmente superiori a quelli italiani. Al contrario, solo pochi Paesi offrono condizioni più vantaggiose rispetto all’Italia, come Spagna e Belgio.

  • Belgio: 2,89%;
  • Spagna: 3,05%;
  • Italia: 3,11%;
  • Francia: 3,20%;
  • Olanda: 3,52%;
  • Germania: 3,60%;
  • Portogallo: 3,62%;
  • Regno Unito: 4,54%;
  • Repubblica Ceca: 4,96%;
  • Romania: 6,01%;
  • Ungheria: 6,56%;
  • Polonia: 7,50%.

Meglio il fisso o variabile? Le simulazioni

Una situazione che rende vantaggioso comprare casa in Italia, specie con il mutuo a tasso variabile. Simulando un mutuo da 150mila euro con durata ventennale, la rata mensile è passata dai 970 euro di un anno fa agli attuali 804 euro, per un risparmio pari a 166 euro al mese e di quasi 40mila sull’intera durata del mutuo.

Anche rispetto a inizio 2025 il Tan medio dei mutui a tasso variabile è calato di oltre un punto percentuale: a gennaio, infatti, il valore si attestava al 3,71%, che significava una rata mensile pari a 886 euro (ovvero 82 euro in più rispetto a oggi) per una spesa complessiva superiore di quasi 20 mila euro.

La situazione è invece stabile per i mutui a tasso fisso. Nell’ultimo anno la rata si è mantenuta pressoché stabile, con il Tan medio che dal 3,08% di un anno fa era sceso fino al 2,75% di dicembre 2024, per poi stabilizzarsi attorno al 3% negli ultimi mesi. A giugno 2025 il valore si attesta al 3,05%, che, sul mutuo considerato in precedenza, equivale a una rata mensile di 836 euro, ovvero 32 euro più alta rispetto alla media attuale del tasso variabile, per una spesa totale di circa 7.700 euro maggiore sull’intera durata del finanziamento.

La Bce non prevede tagli futuri, Bankitalia invece si

Dopo più di un anno di tagli, all’orizzonte non ne sono previsti di nuovi da parte della Bce, considerando come l’economia dell’Eurozona stia tenendo il passo e come l’inflazione sia ferma al 2%. Lo afferma Isabel Schnabel, membro del Comitato Esecutivo della Banca Centrale Europea, a oltre un mese dall’ultimo taglio pari allo 0,25 che risale al 5 giugno, l’ottavo dal 2024 e il quarto dall’inizio del 2025.

Secondo Schnabel, un ulteriore intervento sarebbe giustificato solo se emergessero segnali di una “deviazione significativa” dell’inflazione dall’obiettivo di medio termine della Bce. E al momento, ha precisato nella sua intervista con Econostream Media, non vede “segnali in tal senso”.

Non è però dello stesso parere il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, che nei giorni scorsi ha invitato il board dell’istituto centrale europeo a proseguire con l’allentamento monetario se le tendenze disinflattive continueranno a intensificarsi. “Il ritorno dell’inflazione all’obiettivo del 2% segna un progresso significativo”, afferma Panetta, ma il quadro resta esposto a molteplici rischi, come il ritorno dei dazi che potrebbero peggiorare l’economia europea.