Kiton, il battito silenzioso del lusso fatto a mano

Direttamente dalla venticinquesima edizione del Forum Retail a Milano abbiamo incontrato Antonio De Matteis, CEO del brand Kiton.

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Paolo Gelmi

Esperto di moda e lifestyle maschile

Esperto di moda e lifestyle, è stato direttore di svariate riviste cartacee nel settore luxury.

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Nel cuore di Napoli, dove la sartoria è un’arte tramandata come una lingua antica nasce il brand Kiton, era il 1968 quando Ciro Paone decise di dare vita ad un suo personalissimo sogno: portare nel mondo la quintessenza dell’eleganza napoletana, non solo attraverso un marchio, ma con una chiara filosofia – quella del fatto bene, del fatto per durare, del fatto con amore. Ogni giacca Kiton è un piccolo miracolo di precisione e poesia, venticinque ore di lavoro di mani esperte che si muovono lentamente, occhi che misurano millimetri come fossero battiti del cuore, nessuna ostentazione, solo il silenzio nobile della perfezione. “Il meglio del meglio, più bello del bello” questo affermava Ciro Paone raccontando dell’anima del suo brand.

Oggi la nuova generazione della famiglia custodisce quella stessa eredità di pensiero e visione in un’ottica contemporanea, le collezioni Kiton parlano di un lusso autentico, discreto che non cerca riflettori ma riconoscimenti dalle fibre più rare di cashmere e vicuña, sino alle linee sartoriali impeccabile dei suo abilissimi maestri, un abito Kiton è una carezza che interpreta ed evoca lo stile più elegante di Napoli, questa seconda generazione della famiglia Paone continua a rappresentare il lusso autentico e silenzioso, le sue collezioni parlano a chi conosce e ama il valore del tempo e della tradizione, ma anche a chi cerca nel vestire un gesto d’identità e cultura.

Da Napoli al mondo, Kiton resta un simbolo indissolubile del “fatto a mano” che non passa mai di moda, il Presidente dell’azienda è Maria Giovanna Paone, figlia del fondatore che ha anche il ruolo nel gestire la linea donna, il CEO è Antonio De Matteis detto “Totò” che è anche responsabile creativo del Menswear, nel 2018 è stato insignito dal National Italian American Foundation (NIAF) del premio “Italian Fashion Ambassador per la promozione del Made in Italy negli Stati Uniti d’America, tra le cose più importanti che ha fatto per il brand c’è la promozione e la ricerca tessile e lo sviluppo dei filati esclusivi come la vicuña tramata, nel 2023 è stato nominato Presidente del Pitti Immagine.

Durante la venticinquesima edizione del Forum Retail a Milano, QF Lifestyle ha incontrato Antonio De Matteis e ne ha colto gli spunti gli aneddoti più interessanti.

Ci racconta il suo esordio in azienda?
L’azienda di famiglia ha una lunga tradizione che si tramanda generazione in generazione, io ho imparato tutto da mio zio Ciro Paone fondatore della Kiton, uomo dal carattere forte e sicuramente non facile da gestire, da lui ho imparato la determinazione e il sacrificio al lavoro, la costanza e la serietà, ricordo che nel 1986 il 1^ maggio ricordo perfettamente la data, mi caricò in macchina direzione Milano per farmi entrare definitivamente nell’universo Kiton, da quel momento ogni giorno è stato ed è un’esperienza unica, dove non si smette mai d’imparare e sperimentare.

Che rapporto ha con i suoi dipendenti/collaboratori?
L’azienda ha sempre avuto un gran rispetto dei suoi dipendenti, dei sarti e di tutta la manovalanza in generale, in tantissimi anni posso dire che solo 3 persone sono uscite dalla nostra società e questa la dice lunga sul nostro modus operandi, ricordo che ci fu un momento di grande crisi del settore e per la nostra azienda, ai tempi non avevamo neanche i sindacati, gestivamo tutto internamente, eravamo noi la garanzia per i nostri dipendenti, sia dal punto di vista interno che esterno, in quel periodo ci consigliarono per il bene e la sopravvivenza della Kiton di tagliare 200 posti di lavoro, una cosa inammissibile e dura da digerire per un azienda come la nostra dove i dipendenti sono visti come parte integrante della famiglia, ricordo che un pomeriggio salì nel mio ufficio una delegazione di lavoratori che mi dissero queste poche ma significative parole: signor Matteis siamo molto legati a questa società e per lei saremmo disposti a lavorare anche gratis, dopo quell’incontro decidemmo di lavorare tutti 4 ore al giorno, così riuscimmo a salvare il posto di lavoro di tutte le persone, quello per me fu un momento epico sia dal punto di vista umano che aziendale, oggi dopo parecchi anni siamo più di mille a far parte di questa bellissima realtà.

Ci dica una delle cose che la rendono più fiero della sua attività?
Una delle cose più belle che ricordo fu la creazione della nostra scuola di formazione nella nostra sede ad Arzano una località a pochi km da Napoli, i ragazzi che la frequentano sono sostenuti in tutto e per tutto e anche rimborsati delle spese di spostamento. All’inizio non fu facile reclutare nuove leve che volessero imparare l’arte della sartoria napoletana, non tanto perché disinteressati, ma per un pregiudizio che con il tempo abbiamo sfatato, questo tipo di arte era custodita gelosamente da ogni singolo sarto di Napoli che difficilmente permetteva che qualcun altro potesse carpirne i segreti, in passato le giovani leve dovevano imparare spiando segretamente i propri maestri, con tutta una seria di difficoltà ad apprendere il mestiere, così facendo si rischiava davvero che questa artigianale arte scomparisse, molti genitori dell’epoca di conseguenza per evitare questa frustrazione ai propri figli sconsigliavano vivamente di intraprendere questa professione, allora abbiamo pensato di coinvolgere i nostri sarti più esperti e vicini alla pensione, per insegnare e tramandare queste tecniche alle nuove generazioni, oggi la nostra scuola ha una valore importantissimo ed è super richiesta, garantendo il proseguo di una professione che fa parte dell’eccellenza italiana del saper fare.

Cosa ne pensa delle nuove generazioni?
Le nuove generazione sono davvero speciali, non è vero che non hanno voglia di lavorare, anzi lo fanno con molta passione e dedizione, solo chiedono e pretendono giustamente di “essere pagati e bene”, la cosa mi sembra corretta, un lavoratore soprattutto se svolge un’attività manuale e creativa come la nostra deve avere la mente libera ed essere sereno e felice, solo così potrà svolgere al meglio la propria arte professionale.

Che consiglio darebbe loro?
Consiglio loro di essere pronti al sacrificio, nel nostro settore non esistono in certi periodi i sabati e le domeniche, questo lavoro richiede sacrifici e dedizione totale, che comunque vengono ripagati da tante soddisfazioni professionali e una buona retribuzione.

In tema di sostenibilità come vi state muovendo?
Sostenibilità è una parola profonda che racchiude in se tanti aspetti, il primo: un nostro abito deve durare nel tempo, questa è davvero sostenibilità, non c’è nulla di più gratificante nella longevità di un capo, vedere mio figlio che indossa un vestito che portavo da giovane mi fa capire che siamo sulla strada giusta, secondo: la nostra azienda è quasi tutta artigianale, sono pochi i macchinari industriali, quindi inquiniamo poco e rispettiamo tutte le normative vigenti, ultimo ma non in termini d’importanza: riteniamo che sostenibilità significhi lavorare in un ambiente sano, non soltanto dal punto di vista ambientale e logistico, sano anche nei rapporti tra azienda e lavoratori, sano dal punto di vista delle tutele e dei diritti, tutte queste cose sono importantissime e creano un concetto di sostenibilità allargata.