Superdazio al 107% sulla pasta, prezzo sopra i 2 euro al chilo

Gli Stati Uniti impongono un dazio record del 107% alla pasta made in Italy. A rischio l’export, ma anche i prezzi al consumo in Italia

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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Alla fine i dazi statunitensi hanno toccato tutti i prodotti tipici del made in Italy, fino anche alla pasta. Il superdazio annunciato è pari al 107% (91,74% per effetto delle regole anti-dumping che si aggiungono al 15% dei dazi già in vigore) e tocca sia i consumatori statunitensi che, lateralmente, anche quelli italiani. Il rischio, infatti, è un aumento dei prezzi per recuperare il crollo dell’export verso il Paese a stelle e strisce.

Il ministero dell’Agricoltura e quello degli Esteri si sono subito schierati contro la decisione del Dipartimento del Commercio statunitense, che ha condotto un’indagine su 18 aziende di pasta italiana e ha sanzionato tutta la filiera con un dazio del 107%, che raddoppierebbe i costi a partire da gennaio 2026. Il motivo del meccanismo di iperprotezione della concorrenza negli Stati Uniti è dato da un’accusa di dumping rivolta a due aziende in particolare.

Superdazio del 107% per dumping

I dazi americani tornano a colpire il made in Italy. Il Dipartimento del Commercio americano ha infatti accusato alcune aziende del settore della pasta di aver praticato dumping. La pratica scorretta avrebbe portato a una tariffa del 91,74% in aggiunta al 15% già in vigore. Si parla così di “superdazio” del 107% che dovrebbe scattare a partire da gennaio 2026.

Facciamo un passo indietro e parliamo dell’indagine in sé. Il Dipartimento del Commercio è andato a revisionare le richieste delle aziende statunitensi, le petizioni delle concorrenti delle aziende italiane. A seguito di questa revisione, il Dipartimento ha divulgato un documento nel quale si parlava, in via preliminare, dei margini di dumping medi ponderati stimati da luglio 2023 fino a tutto il 2024. In particolare sarebbero state sottoposte a revisione 18 aziende, ma due non avrebbero collaborato o avrebbe fornito solo dati parziali e sono finite nel mirino: La Molisana e Garofalo. Alla fine, però, finiscono nello stesso margine di dazio anche Barilla, Sgambaro, Rummo e molte altre.

Su queste i margini di dumping medi ponderati stimati sono pari a:

  • La Molisana S.p.A. 91,74%;
  • Pastificio Lucio Garofalo S.p.A. 91,74%;
  • società non esaminate individualmente 91,74%.

Secondo il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che ha dichiarato di seguire con attenzione le indagini legate alla presentazione antidumping Usa, non c’è la necessità di alcuna giustificazione per attuare un meccanismo di iperprotezione statale verso i produttori di pasta italiani come quello del superdazio.

Un colpo mortale per i marchi italiani

Indagini simili non sono una novità. In queste ore di confusione si ricordano infatti gli ordini antidumping emessi nel 1996 sulla pasta venduta negli Stati Uniti a un prezzo inferiore rispetto alla concorrenza americana. Sul tema è intervenuto anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che attraverso una comunicazione sui social, ricondivisa anche dalla Farnesina, fa sapere che è stata contestata la decisione Usa insieme l’Ambasciata a Washington e alle aziende italiane.

Aggiunge che:

Alla Farnesina la task force sta già lavorando per coordinare il negoziato con le autorità americane. Continuerò a contrastare l’Italian sounding per bloccare i finti prodotti italiani. Difendiamo il made in Italy: l’industria italiana agisce in maniera corretta, trasparente e leale.

A reagire in maniera più forte, però, sono l’amministratore delegato di Filiera Italiana, Luigi Scordamaglia, che dichiara “inaccettabile” il provvedimento statunitense, ed Ettore Prandini, presidente della Coldiretti. Quest’ultimo ha definito il super dazio del 107% sulla pasta italiana come “un colpo mortale per il made in Italy”.

Secondo Cristiano Laurenza, segretario dei pastai Unione Italiana Food, la decisione degli Stati Uniti è un insulto al prodotto del made in Italy per eccellenza ed è segno che si “tratta di una decisione politica, non tecnica”. Conclude: “In questo momento serve un segnale forte dalle nostre istituzioni”.

Le ricadute anche in Italia

La Coldiretti lancia quindi l’allarme sul perché bisogna scongiurare il dazio al 107%. Nel 2024, fanno sapere secondo le loro stime, il mercato americano della pasta made in Italy ha raggiunto 671 milioni di euro. Rappresenta quindi uno sbocco strategico per il settore e il dazio al 107% raddoppierebbe i costi negli Stati Uniti, riducendo drasticamente l‘export e favorendo le imitazioni dei prodotti italiani.

Una simile decisione potrebbe inoltre avere effetti collaterali in Italia. Secondo il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso, l’imposizione di dazi al 107% rischia di determinare nuovi rincari sul nostro territorio. Questo perché l’esportazione verso gli Usa crollerebbe, portando a perdite per i produttori che, per recuperare i minori guadagni, potrebbero rialzare i listini al dettaglio del mercato italiano. Per questo motivo il superdazio in arrivo a gennaio 2026 va scongiurato, lancia l’allarme Prandini, che chiede ai ministri Lollobrigida e Tajani di fare tutto il possibile, di “difendere e valorizzare la filiera della pasta”.

Ma la pasta in Italia già costa molto di più rispetto agli scorsi anni, con un prezzo che arriva anche a superare i 2 euro al chilo, con una media di 1,84 euro al chilo (+24% rispetto al 2021).

Quanto costa 1 kg di pasta: la classifica per città

A classificare i prezzi nelle principali città italiane è proprio Assoutenti, che, sulla base dei dati forniti dal ministero delle Imprese e del Made in Italy, scopre dove 1 kg di pasta è arrivato a costare anche sopra la soglia psicologica dei 2 euro al chilo.

Emerge così una classifica delle città dove 1 kg di pasta costa di più. Troviamo il prezzo medio di:

  • 2,08 euro al chilo ad Ancona;
  • 2,05 euro al chilo a Cagliari;
  • 2,03 euro al chilo a Firenze;
  • 1,97 euro al chilo a Roma;
  • 1,79 euro al chilo a Milano.

La città dove 1 kg di pasta di semola di grano duro costa di più è Pescara, con una media di 2,15 euro al chilo, mentre la città dove costa meno è Palermo, con una media di 1,33 euro al chilo.