La produzione di pomodoro in Italia potrebbe essere a rischio: in ballo 5 miliardi di euro

Pomodoro italiano: un pilastro da 5 miliardi a rischio. Il 2025 tra incertezze climatiche, costi e concorrenza estera.

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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Il pomodoro non è solo un simbolo gastronomico, un’icona della cucina italiana, o un ingrediente imprescindibile della dieta mediterranea, ma è anche un pilastro dell’agroalimentare italiano, con un valore di filiera stimato in circa 5 miliardi di euro.

Tuttavia, il 2025 potrebbe rivelarsi un anno decisivo per il comparto, tra timide speranze di aumento produttivo e complicazioni legate al cambiamento climatico, l’aumento dei costi di produzione e la concorrenza sleale dei prodotti importati, in primis dalla Cina.

Produzione di pomodori in aumento, ma con molte incognite

Secondo le previsioni di Coldiretti basate sulle stime del Wptc (World Processing Tomato Council), la campagna di raccolta del pomodoro da industria in Italia è iniziata sotto auspici cautamente positivi. Nel dettaglio, è prevista una produzione di circa 5,6 milioni di tonnellate, con un incremento del 5% rispetto allo scorso anno. Ma questo dato è tutt’altro che stabile.

Tutto dipende dall’andamento climatico dei prossimi mesi, sempre più incerto e minaccioso: ondate di caldo torrido, temporali violenti, siccità prolungate e variazioni estreme di temperatura sono ormai la norma e non l’eccezione.

Nel 2024, ad esempio, molte aree del Sud Italia sono state colpite da una grave siccità, con impatti evidenti in Puglia, regione che da sola produce circa il 20% del pomodoro da industria nazionale. La provincia di Foggia, cuore pulsante del “distretto del pomodoro”, ha registrato una riduzione del 20% delle superfici coltivate a causa della mancanza d’acqua, con molte imprese costrette ad abbandonare parte dei terreni per concentrare le poche risorse idriche disponibili sulle parcelle più produttive. È una strategia di sopravvivenza, non di sviluppo.

Da Nord a Sud, una filiera sotto pressione

Le difficoltà non si limitano al Mezzogiorno. Anche al Nord la situazione è tutt’altro che lineare. In Emilia Romagna, le piogge eccessive della primavera hanno compromesso la qualità dei terreni, rendendoli pesanti e compatti, ostacolando la crescita delle radici nella fase iniziale. Quando poi è arrivato il caldo improvviso, la coltura non era ancora pronta e la fioritura si è rallentata, la produttività è scesa e i costi per irrigazione e trattamenti sono aumentati vertiginosamente.

In Lombardia, invece, si segnala una stagione migliore rispetto al 2024, grazie a un incremento del 15% delle superfici coltivate. Ma anche qui il caldo estremo registrato a fine giugno ha minacciato la fase di allegagione dei frutti tardivi, con il rischio di una riduzione nella maturazione e nella resa finale.

Fa eccezione la Campania, dove il clima caldo ma con sufficiente disponibilità idrica ha favorito la crescita del pomodoro, sia nelle grandi coltivazioni che nei distretti DOP come il San Marzano e il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio, gioielli dell’eccellenza agroalimentare italiana.

Costi di produzione e import mettono in ginocchio le imprese

Accanto al problema climatico, cresce un altro nemico silenzioso, ovvero l’aumento dei costi di produzione. Carburanti, fertilizzanti, acqua per l’irrigazione, manodopera e prodotti fitosanitari: tutto costa di più. Le imprese agricole si trovano strette tra spese crescenti e prezzi di vendita non sempre adeguati a compensare gli investimenti. In questo contesto, la tenuta economica delle aziende agricole – soprattutto le più piccole – è seriamente compromessa.

A rendere la situazione ancora più critica è la concorrenza estera, in particolare quella della Cina, il più grande esportatore al mondo di concentrato di pomodoro. La Cina produce enormi quantità di derivati del pomodoro da industria, con consumi interni molto bassi (circa 1 kg pro capite all’anno). Il surplus produttivo viene riversato sui mercati europei a prezzi che, spesso, le imprese italiane non possono permettersi di sostenere.

Un settore strategico per l’economia italiana

Il comparto del pomodoro rappresenta una colonna portante dell’economia agricola nazionale. Coinvolge circa 7.000 aziende agricole, oltre 100 imprese di trasformazione e dà lavoro a più di 10.000 addetti lungo una filiera che si estende su 70.000 ettari. Numeri che raccontano una realtà dinamica, ma anche vulnerabile. Ogni minaccia alla produzione – che sia climatica, economica o geopolitica – si traduce in rischi sistemici per l’intera catena del valore.

Un crollo della produzione o un calo della redditività mette a rischio posti di lavoro, competitività, export, ma anche la sovranità alimentare di un Paese che ha costruito la propria identità anche attraverso i suoi prodotti agricoli. Il pomodoro italiano non è solo una questione di gusto, ma di economia e di politica industriale.

In ballo ci sono 5 miliardi di euro, ma anche molto di più, come la tenuta di un modello produttivo che ha fatto dell’Italia uno dei grandi protagonisti del cibo nel mondo.