Negli ultimi mesi del 2025 il settore della carne in Italia si trova al centro di una duplice dinamica: da un lato l’aumento dei costi di produzione e dei prezzi al consumo, dall’altro una riduzione della domanda interna, in particolare per le carni bovine, tradizionalmente più costose.
Le analisi più recenti di Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, pubblicate a ottobre 2025 offrono un quadro dettagliato delle difficoltà e delle trasformazioni che attraversano la filiera della carne in Italia e in Europa.
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Produzione di carne in calo e prezzi al rialzo in Europa
Nel panorama europeo, la situazione resta complessa. Secondo Ismea, nei primi sei mesi del 2025 la produzione di carne bovina nell’Unione europea ha subito una riduzione del 3,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Germania e Paesi Bassi, due dei principali produttori, hanno registrato i cali più consistenti, rispettivamente del 7,9% e del 13%.
A pesare sono stati i problemi sanitari, la riduzione dei capi allevati e l’aumento dei costi dei mangimi e dell’energia. Questa contrazione dell’offerta ha spinto i prezzi delle carni bovine verso l’alto. Nel luglio 2025 i listini medi europei segnavano un incremento del 30% su base annua.
Anche le carni suine hanno mostrato una tendenza rialzista, pur in un contesto di progressiva stabilizzazione dopo la crisi legata alla peste suina africana.
Nel caso del suino, la produzione europea è infatti tornata a crescere leggermente (dell’1,6% nel primo semestre 2025), trainata dal recupero di alcuni grandi Paesi produttori come Spagna (5,1%) e Polonia (4,5%).
Contestualmente, le esportazioni di prodotti suinicoli Ue sono aumentate del 1,6% in volume, sostenute dalla ripresa della domanda cinese (aumentata del 3,9%).
L’Italia tra rialzo dei costi e riduzione dei consumi
In Italia, le dinamiche sono diversificate tra suini e bovini, ma confermano la pressione dei costi lungo tutta la filiera.
Nel comparto suinicolo, la produzione è leggermente calata (dello 0,5% nel primo semestre 2025) a causa sia di problematiche sanitarie ancora irrisolte sia del nuovo aumento dei costi dei mangimi.
Dopo un periodo di calma, infatti, nei primi 6 mesi del 2025 il prezzo del mais è aumentato del 14%, mentre quello dell’orzo è salito del 26%. Si tratta di due materie prime fondamentali per l’alimentazione animale.
A fronte di questi rincari, il prezzo dei suini da macello si è attestato intorno a 1,90 euro al chilo peso vivo a giugno 2025, sostanzialmente sullo stesso livello dell’anno precedente.
Tuttavia, i prezzi dei tagli destinati al consumo fresco risultano in calo del 9,2%, segno di una domanda interna debole e della concorrenza dei prodotti importati a prezzi inferiori.
Per quanto riguarda la carne bovina, il trend è opposto.
Nel primo semestre 2025 i prezzi all’origine dei vitelloni da macello sono aumentati del 20% rispetto al 2024 e quelli dei ristalli (i giovani bovini destinati all’ingrasso) addirittura del 26%.
A livello di distribuzione, i prezzi al dettaglio delle carni bovine sono cresciuti dell’8% in media, a fronte di una riduzione dei volumi acquistati dello 0,4%.
Come sono cambiati i consumi in Italia
I dati confermato un fenomeno chiaro, ovvero che i consumatori italiani comprano meno carne, ma spendono di più. L’aumento dei prezzi si riflette chiaramente nei comportamenti d’acquisto.
Secondo Ismea, nei primi 6 mesi del 2025 gli acquisti domestici di carne bovina sono diminuiti dello 0,4%. Non è un caso, perché le carni bovine, che rappresentano circa il 29% delle carni acquistate dalle famiglie italiane, restano le più costose e quelle più penalizzate in termini di volumi.
Al contrario le carni suine fresche registrano un recupero del 3,7% in volume, grazie alla maggiore convenienza relativa rispetto al manzo e al pollo.
Anche i salumi segnano un buon andamento, registrando un aumento del 3,1% in volume, con una crescita generalizzata per tutte le principali categorie, dai prosciutti cotti e crudi alle salsicce e alla mortadella.
Va però sottolineato che questa ripresa dei consumi riguarda soprattutto i prodotti di fascia media e bassa, mentre i salumi Dop e di alta gamma mostrano un incremento più contenuto, segno che la spesa alimentare delle famiglie continua a essere fortemente condizionata dal potere d’acquisto.