Cibo italiano all’estero, vendite in aumento del 5,1%

L’export agroalimentare italiano continua a crescere, con un aumento del 5,1% nel primo semestre del 2025. I dati Istat confermano il ruolo di pilastro del Made in Italy nel commercio estero

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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L’export agroalimentare italiano continua a confermarsi una delle colonne portanti del commercio estero nazionale. Secondo i dati diffusi dall’Istat l’11 agosto 2025, le vendite di prodotti alimentari, bevande e tabacco hanno registrato un incremento del 5,1% nei primi 6 mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2024.

L’aumento delle esportazioni di cibo e bevande Made in Italy non è soltanto una questione di numeri, ma rappresenta il termometro della capacità del sistema agroalimentare di rispondere a sfide complesse – dall’inflazione internazionale ai cambiamenti nei gusti dei consumatori – e di consolidare la propria immagine di eccellenza nel mondo.

Export italiano nel 2025: cosa dicono i dati

I dati Istat sul commercio estero fotografano un quadro sfaccettato. A giugno 2025, l’export complessivo è cresciuto del 4,9% su base annua in valore, con un incremento più marcato verso l’area extra Ue (+5,2%) rispetto a quella comunitaria (+4,6%).

Tuttavia, la crescita in termini reali – ossia depurata dall’effetto dei prezzi – è stata molto più contenuta (+0,8%), segnalando che parte della spinta è dovuta all’aumento dei valori monetari più che ai volumi effettivi scambiati.

Nel secondo trimestre, invece, si è registrata una contrazione congiunturale del 2,6% delle esportazioni rispetto al trimestre precedente, sintomo di una certa volatilità dei mercati internazionali e di una domanda estera che non procede con passo uniforme.

In questo contesto, il comparto agroalimentare ha brillato come uno dei pochi settori capaci di mantenere una traiettoria costante di crescita, insieme ai prodotti farmaceutici (+38,8% nel semestre) e ai mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli (+8,7%).

L’agroalimentare come traino dell’export

Con un incremento del 5,1% nel primo semestre 2025, il settore alimentare, delle bevande e del tabacco si conferma uno dei pilastri dell’export italiano.

L’agroalimentare svolge un ruolo duplice: da un lato contribuisce a rafforzare l’immagine del Made in Italy nel mondo, dall’altro genera un impatto diretto sul tessuto economico nazionale, fatto di piccole e medie imprese spesso radicate nei territori e legate alle filiere locali.

L’export alimentare beneficia di una domanda internazionale che privilegia la qualità, l’autenticità e la tracciabilità dei prodotti, valori che l’Italia riesce a esprimere meglio di molti altri concorrenti. Non a caso, il cibo italiano continua a essere percepito come un bene premium, capace di intercettare non solo i consumi tradizionali ma anche nuove nicchie di mercato, dal biologico alle produzioni sostenibili.

I mercati esteri di riferiment

A trainare l’aumento complessivo delle esportazioni italiane sono stati in particolare la Svizzera (+18,4%), la Spagna (+12%), gli Stati Uniti (+10,3%) e il Regno Unito (+10,1%). Si tratta di mercati che da tempo rappresentano sbocchi cruciali per il comparto agroalimentare, sia per la forza della domanda interna, sia per l’attrattiva culturale che il Made in Italy esercita sui consumatori.

Al contrario, Paesi Bassi (-9,7%) e Turchia (-13,3%) hanno fornito contributi negativi al saldo, a conferma che l’andamento non è uniforme e che esistono aree di criticità dovute a fattori geopolitici, instabilità economica o diversa capacità di assorbire i prodotti italiani.

Prezzi, costi e saldo commerciale

Un elemento rilevante è il miglioramento del saldo commerciale, che a giugno 2025 ha raggiunto +5,4 miliardi di euro, in crescita rispetto ai +5,1 miliardi di giugno 2024.

Sul fronte dei prezzi, i dati Istat mostrano un incremento dello 0,2% mensile dei prezzi all’import, ma una flessione del 2,7% su base annua. Ciò indica che, almeno per ora, le imprese esportatrici possono beneficiare di costi di approvvigionamento relativamente stabili o in diminuzione rispetto all’anno precedente, fattore che ha favorito la competitività.