Prezzi spesa sempre in aumento: le famiglie spendono di più per comprare meno

Inflazione persistente: la spesa alimentare vale +2,1% ma i volumi calano del -0,9%. Le famiglie comprano meno per gli stessi soldi.

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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Le famiglie in Italia spendono sempre di più per fare la spesa, ma portano a casa meno prodotti. A denunciarlo è Assoutenti, che ha analizzato i dati sulle vendite al dettaglio nel comparto alimentare. Quello che emerge è che negli ultimi mesi l’inflazione generale ha mostrato segnali di rallentamento, ma quella del settore cibo e bevande, molto più persistente, continua a erodere in modo silenzioso il potere d’acquisto degli italiani.

Spesa alimentare: valore in aumento, volumi in caduta

Secondo Assoutenti, tra gennaio e ottobre 2025 le vendite alimentari sono aumentate dell’2,1% in valore e diminuite del 0,9% in volume. Questo significa che il settore registra più incassi solo perché i prezzi sono cresciuti, non perché la domanda è aumentata. Anzi, la domanda si sta comprimendo.

Il quadro diventa ancora più evidente guardando al singolo mese di ottobre, quando il valore è aumentato del 2,3%, a fronte di un aumento dei volumi di spesa pari allo 0%. Ovvero: gli italiani hanno speso di più, per comprare le stesse cose (la stessa quantità di cibo e bevande).

Inflazione alimentare rimane alta

In Italia, mentre l’inflazione generale mostra oscillazioni quella del comparto alimentare rimane ostinatamente alta. Come sottolinea Assoutenti, pesano soprattutto i rincari a due cifre per alcuni prodotti. Gli aumenti maggiori non riguardano solo nicchie di mercato o prodotti premium, ma spesso beni primari come latte e derivati, pasta e prodotti da forno, carne, frutta e verdura e prodotti confezionati di largo consumo.

Quando questi beni aumentano, le famiglie non hanno margini di sostituzione reali (non si può rinunciare alla pasta o al latte, si può solo comprarne meno). Infatti, la dinamica degli ultimi mesi mostra una sorta di inflazione da trascinamento, generata da rincari energetici passati, tensioni sulle materie prime, logistica costosa e margini recuperati lungo la filiera. Anche quando i costi alla produzione si stabilizzano, ci vuole tempo prima che ciò si rifletta sui prezzi al dettaglio. Il risultato è che il consumatore continua a pagare prezzi elevati anche quando a monte le tensioni si stanno attenuando.

Il problema dei redditi fermi e del budget alimentare più rigido

L’Italia presenta un altro fattore strutturale che amplifica l’impatto dell’inflazione, e cioè i redditi medi crescono poco. Il 2025 è segnato da un potere d’acquisto fiacco e da un continuo aumento dei costi essenziali (bollette, carburanti, mutui, servizi). Quando il reddito reale diminuisce e la spesa obbligatoria aumenta, la prima voce ad essere tagliata è proprio quella alimentare. Non perché non sia necessaria, ma perché è quella più frequente e apparentemente più “flessibile”: si può decidere di comprare una confezione in meno o passare a prodotti più economici. Ma in aggregato nazionale, questi micro-tagli diventano quasi un punto percentuale in meno di volumi venduti.

Non è una formula retorica, ma un cambiamento reale dell’alimentazione degli italiani. Secondo Assoutenti infatti si sono ridotti gli acquisti freschi, spesso più costosi (di frutta, verdura, pesce), ma anche quelli proteici (soprattutto carne e pesce). Le scelte di molti invece si sono concentrate sui prodotti “primo prezzo”, per fare una spesa più frequente ma con scontrino più basso. Tutto questo porta a una trasformazione dei modelli di consumo. Le famiglie non stanno solo risparmiando: stanno modificando le proprie abitudini alimentari.

Nel frattempo, le catene della grande distribuzione stanno cercando di frenare la caduta dei volumi con promozioni frequenti, pacchetti famiglia, rilancio del “primo prezzo”, linee di prodotti essenziali più economiche e contratti di filiera per stabilizzare i costi. Ma le promozioni non bastano, quando il budget è limitato, anche il 20% di sconto non spinge la domanda come un tempo.