Sono sempre più numerose in tutta Italia le famiglie che decidono di installare nuovi impianti di produzione di energia realizzata tramite sistemi di fonti rinnovabili. La tendenza a prendere in seria considerazione le nuove modalità di alimentazione – dai pannelli solari alle pale eoliche – è sostanzialmente in linea con la crescita costante della sensibilità comune nei confronti della salvaguardia climatica.
Un sentimento, quello ecologista, che sta assumendo una posizione centrale in tutti i paesi occidentali, in particolare quelli in cui il consenso dei partiti ambientalisti (come i Verdi in Germania, da qualche anno al governo) si è assestato su valori in doppia cifra.
La spinta che molti cittadini mostrano nel voler abbracciare questo trend viene spesso frenata da fattori che esulano dalla loro volontà. Si possono contare a decine (se non a centinaia) le storie provenienti da Nord a Sud in cui i cavilli burocratici e l’accavallamento di leggi poco chiare ostacola la realizzazione di impianti di ultima generazione, tanto nelle residenze private quanto nelle palazzine condominiali.
Come se non bastasse, il protrarsi del conflitto in corso in Ucraina e le sanzioni imposte dalla comunità internazionale alla Russia di Vladimir Putin hanno causato un incremento senza precedenti del costo delle materie prime necessarie.
Cosa prevede l’ultima norma sui pannelli solari che rischia di allungare i tempi dei progetti
Tralasciando per un attimo i fattori di ritardo derivanti dallo scenario bellico, ha fatto scalpore la notizia diffusa negli ultimi giorni che riguarda l’ennesima norma assai controversa che porterà a nuovi ed inevitabili rinvii nell’apertura dei cantieri.
Stiamo parlando della cosiddetta Valutazione preventiva di interesse archeologico, inserita dal governo di Mario Draghi nel decreto Aiuti approvato la scorsa estate, proprio poche settimane prima della sfiducia incassata da quell’esecutivo in Parlamento. Un lascito non indifferente, dato che l’osservanza di questo articolo causerà parecchi ritardi nella messa a terra di migliaia di pratiche.
In sostanza, chi vuole optare per le energie rinnovabili deve richiedere un’autorizzazione di conformità archeologica rilasciata dal ministero della Cultura guidato da Gennaro Sangiuliano (scopri quanto guadagna). E deve farlo prima ancora di richiedere la vecchia Via (acronimo di Valutazione di impatto ambientale), affidata ad un’apposita commissione in cui comunque compare già un rappresentante di tale dicastero. Ma c’è di più: le due verifiche non possono nemmeno viaggiare in parallelo, ma devono essere compiute una dopo l’altra.
La posizione del governo sulle politiche green e l’allarme delle associazioni di categoria
Risulta dunque evidente come questo meccanismo produrrà un ineluttabile serie di ritardi e allungamenti delle tempistiche. Un fatto che stride con l’obiettivo di decarbonizzazione che il nostro Paese si è posto di raggiungere con il Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Traguardo ben chiaro anche per la premier Giorgia Meloni, che nelle scorse ore è intervenuta sull’argomento parlando di un piano che “renderà l’Italia più sostenibile da un punto di vista energetico attraverso l’aumento della produzione da fonti rinnovabili, la diversificazione di approvvigionamento e la riduzione dei consumi”.
Intanto le associazioni di categoria coinvolte – una su tutte l’Anev, l’associazione delle imprese dell’eolico – hanno già prodotto alcune stime sull’impatto che avrà la Valutazione preventiva di interesse archeologico. Sono circa 800 i progetti in coda (ossia che attendono di essere esaminati dalla commissione competente) che dovranno fare i conti con un’inevitabile posticipazione del via libera. Il cammino italiano verso un futuro meno impattante si arricchisce di un nuovo, temibile ostacolo.