Milioni di posti di lavoro a rischio per l’IA: ecco quali

Confartigianato ritiene che le occupazioni più a rischio siano quelle che richiedono elevate competenze intellettuali e amministrative

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Più del 33% dei posti di lavoro italiani è minacciato a causa della diffusione dell’intelligenza artificiale, superando il numero di 8,4 milioni. Questa valutazione proviene dal rapporto di Confartigianato riguardo all’impatto delle trasformazioni tecnologiche e dell’automazione sul mercato del lavoro.

Ma gli artigiani sono al sicuro

Tuttavia, è da notare che in Italia la percentuale di lavoratori che si trovano maggiormente esposti all’intelligenza artificiale (36,2%) risulta essere leggermente inferiore di 3,3 punti rispetto alla media europea (39,5%). Questo divario diventa ancora più rilevante se consideriamo che tale cifra si distanzia in modo considerevole: oltre 7 punti rispetto alla Germania (43%) e addirittura oltre 23,2 punti dal Lussemburgo.

Questi dati acquistano un significato amplificato quando si tiene conto delle parole di chiarimento da parte di Confartigianato, secondo cui le professioni più a rischio sono quelle altamente qualificate e caratterizzate da contenuto intellettuale e amministrativo. All’interno di questa categoria rientrano i tecnici dell’informazione e della comunicazione, i dirigenti amministrativi e commerciali, gli specialisti delle scienze commerciali e dell’amministrazione, gli esperti in scienze e ingegneria, insieme ai dirigenti della pubblica amministrazione.

D’altro canto, tra le attività a minor rischio, emergono quelle che richiedono un livello di abilità manuale non standardizzata. Questo ambito comprende ciò che Marco Granelli, il presidente di Confartigianato, ha definito come “il sapere artigiano italiano che nessun robot o algoritmo possono replicare o imitare, l’anima dei prodotti e dei servizi di alta qualità che conferiscono al made in Italy unicità a livello mondiale”.

Questo sottolinea ulteriormente l’importanza di non considerare l’intelligenza artificiale come una minaccia, bensì come un’opportunità da gestire in modo prudente e lungimirante attraverso l’expertise artigiana. Questo approccio consente di sfruttare appieno il potenziale dell’IA per esaltare la creatività e le competenze insostituibili dei nostri imprenditori.

Lombardia la regione con più lavoratori a rischio

Proseguendo nell’approfondimento dei dati presenti nel rapporto, emerge con chiarezza che la quota più elevata di personale potenzialmente influenzato dall’avanzare dell’intelligenza artificiale è concentrata nelle regioni del centro-nord Italia. In testa a questa lista si colloca la Lombardia, dove ben il 35,2% degli occupati assunti nel 2022 risulta maggiormente esposto agli effetti dell’IA.

Ecco la lista delle regioni:

  • Lombardia: 35,2%
  • Lazio: 32%
  • Piemonte e Valle d’Aosta 27%
  • Campania 25,3%
  • Emilia Romagna 23,8%
  • Liguria 23,5%
  • Sicilia: 23,2%
  • Friuli-Venezia Giulia: 22,9%
  • Veneto: 22,6%
  • Toscana: 21,1%
  • Calabria: 20,8%
  • Trentino-Alto Adige: 19,9%
  • Umbria: 19,9%
  • Puglia: 19,8%
  • Molise: 18,6%
  • Marche: 18,4%
  • Sardegna: 18,3%
  • Abruzzo: 17,5%
  • Basilicata: 16,7%

Un aspetto che merita particolare attenzione è la percezione che l’espansione dell’intelligenza artificiale ponga a rischio il 22,2% dei lavoratori assunti nel 2022 da piccole imprese, rappresentando un numero significativo di 729.000 persone. Questo dato sottolinea in maniera eloquente come anche le realtà aziendali di dimensioni più contenute stiano abbracciando l’opportunità offerta dall’intelligenza artificiale per ottimizzare le loro operazioni.

Tale tendenza trova riscontro nel fatto che il 6,9% delle piccole aziende italiane ha già integrato l’utilizzo di robot nelle proprie attività, superando la media europea del 4,6% e addirittura raddoppiando la percentuale della Germania, ferma al 3,5%.

In aggiunta a ciò, è rilevante osservare che il 5,3% delle piccole e medie imprese (PMI) italiane sta adottando sistemi basati sull’intelligenza artificiale, e un significativo 13% di esse ha già programmato investimenti futuri nell’implementazione dell’IA. Questi dati evidenziano chiaramente come l’intelligenza artificiale stia guadagnando sempre maggiore rilevanza all’interno del panorama delle PMI italiane. Un numero considerevole di aziende sta riconoscendo il potenziale trasformativo dell’IA e sta pianificando un’integrazione più profonda di questa tecnologia nei propri processi operativi.