In Italia, così come in gran parte del mondo, si sente parlare molto spesso di transizione digitale delle imprese, anche se questo fenomeno si scontra con alcune difficoltà strutturali, come, ad esempio, la mancanza di personale specializzato. A lanciare l’allarme in tal senso è stata Confartigianato che ha stimato la necessità delle imprese italiane di ben 699mila lavoratori con competenze digitali avanzate 4.0, più della metà dei quali sono di difficile rintracciabilità (il 51,8 per cento). All’appello mancano dunque 362mila figure professionali specializzate.
Transizione digitale delle imprese, le figure richieste
Dall’analisi offerta da Confartigianato nella sua ultima rilevazione, emerge l’assenza di specifiche figure che faciliterebbero il processo di transizione digitale delle imprese. Si tratta, come detto, di 362mila lavoratori mancanti e con e-skill specifiche quali:
- l’intelligenza artificiale;
- il cloud computing;
- l’Industrial internet of things (IoT);
- il data analytics;
- i big data;
- la realtà virtuale e aumentata;
- la blockchain.
Questa carenza di personale appare inoltre più marcata nelle micro e piccole imprese italiane, all’interno delle quali la percentuale di mansioni che richiedono competenze digitali specifiche sale al 54,9 per cento. Un danno non trascurabile per le imprese italiane di tutte le dimensioni, visto che la difficoltà nel reperire personale qualificato può avere, ed ha, degli impatti fortemente negativi sul processo di transizione digitale, con le realtà economiche nostrane che perdono di competitività nello scenario internazionale.
Dove manca più personale qualificato
Oltre a offrire il quadro generale delle figure specializzate più introvabili per le aziende intente a realizzare la propria transizione digitale, Confartigianato ha anche declinato la problematica della carenza nelle diverse Regioni italiane.
Entrando più nello specifico, il territorio dove si registra la maggiore difficoltà a reperire personale qualificato per il cambio di paradigma digitale è il Trentino-Alto Adige, con la provincia di Bolzano in testa. Nella Regione, in media, ben il 65,8 per cento delle ricerche va vuoto, a Bolzano il 69,2 per cento. Subito dopo troviamo il Friuli-Venezia Giulia, dove ben il 62,6 per cento della ricerca di lavoratori specializzati nelle suddette competenze non porta a nessun frutto. Tra le Regioni che superano il valore medio nazionale del mismatch tra ricerca e offerta c’è anche la Lombardia dove, in numeri assoluti, c’è la situazione più critica: a mancare sono 80.250 specialisti, cioè il 52,3 per cento del totale ricercato.
La classifica, purtroppo, non finisce qui, con lo scenario nelle altre Regioni che è il seguente:
- in Umbria non si trovano 3.750 specialisti, 60,3 per cento della richiesta;
- nelle Marche mancato 9.030 lavoratori con e-skill, il 57,1 per cento del richiesto;
- in Veneto 31.720, pari al 56,3 per cento;
- in Emilia-Romagna 29.760, ovvero il 55,8 per cento;
- in Toscana 22.550, pari al 54 per cento;
- in Liguria 7.900, pari al 53,1 per cento;
- in Piemonte 25.860, pari al 53 per cento;
- in Lombardia 80.250, vale a dire il 52,3 per cento (dato, come detto, più alto in Italia per valori assoluti);
- in Abruzzo 6.930, pari al 52 per cento.
Lo scenario problematico descritto si acuisce se si guarda al mismatch tra domanda e offerta di manodopera con competenze digitali avanzate a livello provinciale. Le difficoltà più grandi ci sono a Bolzano, dove manca il 60,2 di lavoratori qualificati, seguita da:
- Trieste (1.390, pari al 68,3 per cento);
- Terni (880, pari al 67,5 per cento);
- Udine (3.420, pari al 66,5 per cento);
- Cuneo (4.030, pari al 66 per cento);
- Lucca (64,2 per cento);
- Lodi (63,6 per cento);
- Gorizia (61,9 per cento);
- Trento (61,4 per cento).