La trattativa per il rinnovo del contratto della scuola 2022/2024, comparto Istruzione e Ricerca, parte ufficialmente alle 15:00 di giovedì 27 febbraio. Le parti si incontreranno presso l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), per definire l’accordo che riguarda quasi 1,3 milioni di lavoratori, fra personale docente e non docente.
La dotazione complessiva annunciata dal ministero per la Pubblica amministrazione ammonta a 3,2 miliardi di euro, oltre a ulteriori 43 milioni all’anno destinati alla formazione.
La data riferita al periodo 2022/2024 non deve destare sorpresa: è ormai una prassi che i negoziati per i rinnovi contrattuali avvengano a contratto scaduto da tempo.
Il nodo degli stipendi nella scuola
Uno dei punti nevralgici della trattativa riguarda l’aumento degli stipendi che, di media, dovrebbe aggirarsi sui 140 euro lordi in più al mese a persona, con significative differenze a seconda della categoria professionale e dell’anzianità. Per quanto riguarda gli insegnanti, l’aumento dovrebbe partire da 150 euro lordi al mese, che raggiungerebbero i 160 euro grazie 200 milioni aggiuntivi stanziati dall’ultima Legge di bilancio per il comparto scuola. Nulla, però, è ancora inciso sulla pietra.
Il ministero prevede un incentivo una tantum del 10-20% per quegli insegnanti che si prestino ad attività che potenzino l’offerta formativa delle scuole, ad esempio tutor e orientatori, così come per i collaboratori dei dirigenti scolastici, per i vicepresidi e per i responsabili dei plessi. Ma l’aumento verrà disposto a seguito di un esame finale con valutazione positiva. In pratica verranno premiati i meritevoli.
Prevista una indennità di vacanza contrattuale, calcolata come segue rispetto agli stipendi tabellari:
- 0,6% dall’1 aprile 2025 al 30 giugno 2025;
- 1% a partire dall’1 luglio 2025.
La copertura finanziaria e gli aumenti
Viene inoltre indicata la copertura finanziaria relativa al triennio 2028-2030:
- 1.954 milioni di euro per il 2028;
- 4.027 milioni di euro per il 2029;
- 6.112 milioni di euro annui a partire dal 2030.
Il tutto dovrebbe tradursi nei seguenti aumenti:
- 1,8% per ciascuno degli anni del triennio 2025-2027,
- 1,9% nel 2028
- 2% per ciascuno degli anni del biennio 2029-2030.
Il ruolo dei sindacati
La gestazione del testo è stata lunga, con ritardi imputabili al governo e con lunghe considerazioni sui numeri da parte della Ragioneria generale dello Stato. Ma un ruolo decisivo lo giocano anche le contrapposizioni sindacali. I sindacati hanno evidenziato come l’ammontare degli aumenti salariali previsti sia nettamente inferiore alla effettiva perdita del potere d’acquisto dovuta all’inflazione. Su questo punto, Ivana Barbacci, segretaria generale Cisl Scuola, parla di un vero e proprio effetto domino: “Abbiamo ricevuto la convocazione dell’Aran per giovedì prossimo, 27 febbraio, per avviare il negoziato sul rinnovo del contratto. Era ora. Siccome la trattativa riguarda un triennio già scaduto, non c’era proprio ragione di perdere altro tempo. È chiaro, infatti, che il mancato rinnovo avrebbe ricadute inevitabili su quello del triennio successivo, con un effetto domino che è nostro preciso interesse scongiurare”.
I sindacati cercheranno inoltre di ottenere qualcosa in merito alla mobilità del personale e al welfare contrattuale. Fra i nodi da sciogliere, l’allineamento degli stipendi all’inflazione e alla media europea, l’introduzione di specifiche indennità (di incarico a tempo determinato, di burnout, di continuità su posti di sostegno, eccetera…) e l’assicurazione sanitaria.
Oltre alle sigle maggiori, il comparto Istruzione e Ricerca vede poi la presenza di sindacati minoritari: Confsal (12,1%), Gilda (8,29%), Anief (6%).
Di recente si è molto parlato della scuola per in merito al concorso Pnrr1: una sentenza del Tar ha specificato chi deve rifarlo.